La rinascita dei titani

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    ex principe dei forum

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    Così siamo arrivati all'atto finale eh? :D
    Ne sono successe di cose, sembra proprio la fine del mondo :asd:

    Tralasciando la battuta da scudisciate, badilate e lapidate questi due capitoli sono stati un qualcosa di eccezzionale! Un turbinio di eventi che non aveva fine, e ancora xD

    Devo ammettere che alla fine ho fatto il tifo sia per Ahmed che per Rashja, non li sopportavo ma alla fine li ho rivalutati. Peccato per la povera Aisha! Vivrà senza genitori, anche se penso che gli zii non le faranno mancare nulla xD
    Si è visto già con Fos, che dopotutto non gli ha fatto mancare la possibilità di vivere :)

    Spediscimi Pegaso

    Alla fine poi è arrivato anche un suo fratellino xD chissà come andranno le cose tra loro due, non credo ci sarà molto affetto tra loro :asd:

    Ah finalmente ti sei ricordato della moneta di Damos di Arcadia v.v

    Orthos fa sempre la sua porca figura, poi lui è un cagnaccio adorabilissimo

    Per quanto riguarda il ragnarok le cose si fanno sempre più cupe, ma siamo vicinissimi ad una svolta dai v-v (tra l'altro è inevitabile, siamo arrivati all'ultimo capitolo xD)

    Basylius, bravo, hai fatto le scarpe a quei due cagnoni adorabilissimi xD
    Per non parlare dei battibecchi con la viverna, avevate scelto proprio il miglior momento :asd:

    Xavier alla fine ha risparmiato una vita, bhe quel giorno aveva visto davvero troppe morti :)

    Anubi sei un cane rognoso, già mi eri antipatico, poi per colpa di Phoenix sei diventato proprio insopportabile xD

    Dai dai sforna il finale fenice v.v
     
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    Benvenuti ragazzi e ragazze amici e bhe... tutti gli altri, questo è di fatto l'ultimo capitolo della storia.... cioè non proprio questo questo ma questo inteso come la triade dei capitoli che ho ricavato dal macro capitolo 27 (e siamo a due volte che succede) :facepalm: ehy sono riuscito a metterlo tutto invece (non ho capito perchè prima diceva di no, ma poi ha accettato) :fuori: :fuori: :fuori:
    comunque sia buona lettura a tutti :lol:

    Capitolo XXVII: Il prezzo del trionfo.

    Era il tramonto, il sole stava lasciando il cielo dietro una tinta rosso sangue che via via diventava più scura fino a diventare violetto toccando l'orizzonte. Era incantevole, Ra era in piedi fuori dalla piramide che si stagliava contro il cielo come una. Punta freccia incastrata in una ferita sanguinante, il dio stava in silenzio a guardare lo spettacolo che la natura aveva donato al mondo quella sera. In un istante dei grossi cumulonembi si ammassarono deturpando quel quadro stupendo. Un suono sordo simile a dei passi nel sottobosco colmò l'aria. -sei in ritardo- il dio del sole non sembrò impressionato, nemmeno quando le nuvole si solidificarono in immense spire di serpente, coperte di scaglie di un lucido rosso, il serpente era talmente lungo da riuscire ad avvolgere l'intera piramide. Il cappuccio di quel cobra oscurava il cielo, mentre le fauci spalancate avrebbero potuto ingoiare tranquillamente un faro le zanne stillavano una quantità impressionante di veleno, che cadeva a terra come una pioggia battente e sfrigolante. Apophis emise un sibilo simile a quello di un sonaglio, che risuonò come una risata -Ra, perdonami se ti ho fatto aspettare- aveva una forte accento sibilante, sarebbe potuto essere comico, se non fosse stato per l'aura maligna che emanava. Il serpente della notte fece una pausa guardandosi attorno con gli occhi gialli, le pupille verticali che si restrinsero in due linee sottili, alla ricerca di qualcosa. -Ebbene...? Dove sono gli altri? - sibilò il dio falco fece un passo avanti -non ci sono gli altri, questa notte saremo solo io e te, chiuderemo il cerchio -. Apophis atterrò sulla sabbia difronte al dio del sole, il cappuccio del cobra oscurava il sole mentre il serpente si innalzava maestoso e sinistro. -Non sai da quanto aspettavo questo giorno: Il trionfo della notte e del caos- strisciò lesto contro Ra che si illuminò come una fiaccola mentre tra le sue mani comparvero i simboli del potere: un bastoncino ricurvo, grande quanto una spazzola, il pastorale ed un secondo bastoncino da cui pendevano sette frange di legno, collegate al bastoncino tramite delle piccole catenine, il flagello. Bastò solo un leggero movimento del flagello, e davanti al dio divampò una colonna di fuoco, il cobra del caos non si lasciò intimorire, anzi, con la stessa semplicità con cui si schiaccia un acino d'uva menò un colpo sulla sabbia, talmente forte da far tremare l'intero deserto sollevando una tempesta di sabbia che estinse il muro incandescente. Apophis cominciò a sghignazzare -Lo sapevo, senza la scorta non sei una minaccia-. Quindi avvolse in spire sempre più strette il dio, Ra non sembrò spaventato flagellò appena la terra che con un rombo spaventoso si spaccò la sabbia cadde nel baratro come una cascata, trascinando l'enorme serpente nella stessa direzione -pensi sul serio che una stupida buca potesse bastare per fermarmi?! Questo gioco mi ha annoiato, che ne dici di finirla qui? - Apophis sferzò il cielo con la coda, i venti crearono un vero e proprio uragano di sabbia, il vortice stava avanzando fischiando ed ululando a velocità incredibile -i tuoi bastoncini non ti salveranno adesso- come per dare ragione al serpente della notte il dio del sole fu risucchiato all'interno per poi volare fuori completamente ricoperto da tagli causati dal vento sprofondando nella sabbia. Bastò un sibilo del serpente perché la sabbia che aveva accolto la caduta di Ra divennero liquide ed il dio vi sprofondò dentro. Apophis rise trionfante - guardati Ra, non riesco a capire come abbia potuto perdere contro di te per tutti questi secoli-. Il cobra rimase fermo ad osservare le sabbie che inghiottivano il dio; più le dune si cibavano di Ra il cielo si incupiva sempre di più. -La notte eterna è giunta, così come la tua! - Apophis raccolse il corpo del dio falco, e lo depose ai suoi piedi, si concesse qualche attimo per assaporare il suo trionfo, quindi banchettò con il cadavere del dio. Il pasto durò solo un attimo, appena consumato il gigantesco serpente scomparve, nello stesso istante l'ultima traccia di luce abbandonò il cielo completamente nero, nemmeno una stella brillava sopra l'Egitto come se gli astri avessero paura di popolare quella notte malvagia. In quel momento dalla piramide uscirono Elly, che stringeva tra le braccia la piccola Aysha che dormiva beata con il pollice in bocca; Amir camminava al fianco della ragazza, entrambi erano ancora scossi per le recenti morti, per tutto il tragitto verso l'uscita nessuno dei due aveva detto una parola. Dopo che Fos se ne era andato rimasero ad assistere alla mummificazione dei due amanti. Inaspettatamente Anubi1 creò un unico sarcofago per i due, Amir affrontò apertamente il padre, il dio delle necropoli aveva volutamente omesso i nomi dei defunti nel sarcofago -lo sai meglio di me, il nome è indispensabile per entrare nella vita oltre la morte... quindi, ora tu prendi quello scalpello e ti metti a scrivere- Anubi lo guardò con biasimo. -pensavo di avere almeno un figlio saggio, pensi che quei due passeranno il giudizio dei quarantotto? Ragiona! Non voglio illudeteli. - il figlio strappò di mano gli strumenti e iniziò ad incidere incavare nel legno, laminato d’oro i due cartigli2 per il fratello, e il secondo per Rashja. A lavoro finito i due nomi risultavano As8RL3e3 e oaZuWBj4. Anubi alzò le spalle disinteressato, a conclusione della cerimonia il dio funebre mise gli organi dei defunti nei vasi canopi, e plasmò gli shabti, quindi prima di chiudere il sarcofago mise diversi amuleti tra le bende, quindi si sedette a gambe incrociate, un rotolo di papiro ed un papiro apparvero sulle ginocchia, il dio scrisse con una velocità impressionante, quando finì riavvolse il rotolo e lo depose nel sarcofago quindi lo sigillò, il coperchio fino a quel momento era una semplice tavola di legno grezzo assunse le sembianze dei due amanti nell'intento di abbracciarsi, l'oro e il lapislazzulo erano sovrani ma altre pietre adornavano il sarcofago. -Quanto lavoro andrà sprecato. - sibilò acido poco prima di sparire. -Adesso cosa farai?- domandò il ragazzo appena usciti dalla piramide Elly lo guardò e sorrise -cosa faremo volevi dire... c'è un posto dove devo tornare, un posto che ho evitato fino ad oggi: casa mia!- Amir annuì -quindi è un addio? Rimango pur sempre un pescatore del delta del Nilo, non sarebbe conveniente per te. La principessa scoppio a ridere -ti sono mai sembrata una principessa convenzionale? Solo noi due conosciamo la verità, e l'Egitto ha bisogno di stabilità e quindi di un faraone-. Il giovane fu sul punto di svenire -i-io pensavo che... Si, ecco tu ecco, sai che ti piacesse Damos- la ragazza ci pensò qualche secondo -nah, e poi lui ha la sua fidanzata psicotica... non siamo più soli- come per darle ragione dal nulla si materializzò una donna con un lungo abito bianco, bracciali d'oro ma soprattutto una testa da mucca dal pelo marroncino, tra le corna portava un disco solare. I suoi occhi talmente scuri da sembrare liquidi fissarono Aysha e la dea sorrise -salute e pace- gli salutò. -Pensavo di averti spedito nella Duat per un bel po' di anni- sbottò Elly -ma non le farai più del male- la dea non sembrò impressionata, anzi non batté ciglio -Elly, lascia perdere Hathor5, cosa vuoi da noi, se ti abbiamo... assassinata è stato solo perché tu stavi per ucciderci tutti-. La dea spostò lo sguardo su Amir -voglio solo prendermi cura della bambina- uno sciacallo si materializzò dalle ombre e le ringhiò contro -certo, prendersi cura... hai già fatto abbastanza, grazie.- la dea mucca avanzò tranquillamente -voi siete i migliori genitori per lei, ma io parlo di bisogni che voi due non potete soddisfare, non è stata svezzata, senza il latte di sua madre morirà- la dea era sincera, ma Elly era restia -molto nobile divina Hathor posso accettare l'idea che tu non sia l'altra, ma siete la stessa dea e gli dei sono imprevedibili, chi può garantire che il tuo latte è effettivamente quello di mia sorella?- la dea madre rimase in silenzio, la bambina sembrò percepire la preoccupazione della zia, visto che si era svegliata e stava in allerta minacciando le lacrime. -no... no, non piangere amore, ora la zia manda via quella mucca cattiva- la cullò -facciamo così-. La dea stese la mano davanti a se, e ne comparve una statuina di cera identica a lei. -ti consegno la mia ombra, immagino tu sappia cosa significa questo... ti prometto che allatterò la bambina solo davanti ai tuoi occhi- la dea si stava davvero impegnando e per quanto Elly volesse prendere quella statuina e scioglierla piano facendo soffrire la dea il più possibile, a malincuore dovette dargli ragione: Aysha aveva bisogno del latte materno, e lei come nessun'altra donna avrebbe potuto aiutarla. -va bene, hai vinto... abbiamo un patto, ma voglio che sia chiaro: lo faccio solo per il suo bene-. Quest'affermazione non l'aiutò a farla sentire meglio, anzi si sentiva il cuore come un macigno, aveva appena affidato Aysha alla dea che aveva rovinato la vita alla madre. -non avevi scelta, ed era l'unica cosa da fare- Amir tentò di rincuorarla, ma anche lui era contrariato con se stesso, come se la cosa giusta non era la cosa migliore da fare. Hathor consegnò la statuina alla principessa e scomparve -A Tebe d'Egitto-. La ragazza appoggiò la collana sulla sabbia che si divise creando un corridoio di cui non si riusciva a vedere la fine. Dopo aver passato la bambina allo zio vi si gettò dentro con il khopesh stretto in pugno. Amir solletico la bambina, che gli sorrise. Quindi si affrettò a seguirla.

    Tebe d'Egitto

    Tebe era una grande distesa di piccole case ancora illuminate dalle candele, pur essendo completamente buio si riusciva a sentire lo scorrere lieve del Nilo, su di una collina si stagliava il palazzo. Il corridoio nella Duat gli aveva condotti appena fuori città, -wow gran bel muro, noi avevamo una vecchia palizzata- esclamò Amir guardando il muro di cinta che circondava la città, la grata in ferro abbassata, un manipolo di guardie faceva la ronda. La principessa senza dire una parola si diresse verso un punto in ombra lungo il muro di cinta, quindi tastò alla cieca le pietre. -andiamo, c'era una zona smossa che io e lo zio usavamo senza che papà ci scoprisse- bisbigliò tra se e se con fare urgente, fino a quando non trovò le mattonelle che cercava -si!- esultò quindi con un balzo raggiunse l'apertura strisciandoci dentro -ho capito... Aysha non avere paura tesorino- Amir le diede un buffetto sul nasino e lei lo guardò interrogativa. Il ragazzo fece un passo indietro e uno sciacallo saltò il muro, Amir abbracciò forte la nipote e in un secondo entrambi si trovarono l al posto del cane, il ragazzo posò una mano sul buco e il segugio la leccò dall'altra parte. -scavalcarlo era troppo banale vero Amir? E se Aysha si fosse persa nello scambio?- lo rimproverò ma sembrava entusiasta dell'abilità del giovane. -L'ho sempre avuta stretta e poi guarda, si diverte un sacco!- ridacchiò mostrandole la bambina ce cercava una posizione comoda per addormentarsi -ha sonno, lo sapevo l'hai spossata!- -Elly, stai diventando paranoica, è appena nata che cosa ti aspettavi, che ballasse il sirtaki?! E poi era il modo più sicuro per entrare-. Hathor riapparve dal nulla -ora della pappa- canticchiò Elly la fulminò con lo sguardo. -ora non ho tempo di controllare anche il bovino! - sbottò secca -Hey grazie divina madre per voler dare una regolarità nei pasti della bellissima Aysha sarebbe bastato- rise la dea per nulla offesa -senti, tu vai a riprenderti il trono, rimango io con la divina Hathor- si intromise Amir prima che le cose degenerassero. Elly se ne andò verso il palazzo sbuffante e borbottante. -perdonala, ma Rashja era quanto di più simile ad una sorella ed era l'unico punto di riferimento che le rimaneva- Hathor stava già allattando la bambina -lo capisco, e io ho fatto soffrire quella ragazza per anni, ma quando Rashja incontrò tuo fratello per la prima volta, si impegnò davvero per resistere a Sekhmet6 e riuscì perfino a usarne il potere senza cederle, era straordinaria e una vera madre, come del resto Ahmed, non avevano consacrato le loro vite a me, ma intendevano farlo- dopo una decina di minuti Amir ruppe il silenzio -vorrei che mi facessi un favore: non rivelare mai ad Aysha chi erano i suoi veri genitori, dubito che gli dei apprezzino quei nomi- la dea annuì -strano, avverto che tu non biasimi tuo fratello per quello che ha fatto- -il mondo ha bisogno di cambiare, ma credo che spetti a tutti noi cambiarlo, sotto la guida degli dei- rispose.
    Quando la principessa raggiunse il palazzo fu assalita dai ricordi, fu difficile non indugiare nei giardini dove era solita giocare, ma ancora più difficile fu accettare definitivamente la morte dei suoi genitori. Attraversando i corridoi cercò di non farsi notare, ma in più occasioni dovette pregare le guardie di tacere, così apprese che dalla morte di suo padre Hotep aveva preso il posto del faraone e da quel giorno dominava l'intero Egitto con il terrore e con la forza, i pochi che avevano provato a ribellarsi erano stati schiacciati con la forza. -Ma l'Egitto pregava per il vostro ritorno. Regina Elly! Hotep disse al popolo che eravate una traditrice e che dovevamo consegnarti a lui se l'avessimo vista, ma il suo popolo le rimase, e le rimane fedele!- -le sono grato di queste parole- disse piuttosto a disagio, era la prima volta che la chiamavano regina e quel titolo la turbò -vuole che l'aiuti a riprendere il trono?- La ragazza scosse la testa -no, non voglio che corriate rischi- la guardia si inchinò continuò la sua ronda facendo finta di nulla. Arrivò ben presto alla sala del trono, varcando la sogli trovò Hotep seduto sul trono del padre, portava la corona appartenuta al padre. -Hotep, un vecchietto come lei dovrebbe dormire a quest'ora- esclamò ostentando una certa sicurezza, il faraone scattò in piedi più velocemente di quanto la sua età avanzata avrebbe dovuto permettere -Elly, ma che gradevole sorpresa, perdona il freddo benvenuta, ma una vecchia amica mi aveva giurato di averti ucciso- il vecchio sovrano le andò incontro appoggiandosi ad un bastone -bene, è certo che non possa tenermi testa, quindi arrenditi e vattene dall'Egitto ora- Hotep rise, una risata quasi senza fiato -parole arroganti bambina, ti basi troppo sulle apparenze, ma in questa sala IO sono il falco e tu... il topo- il vecchio le puntò contro un dito –quindi… lo devo prendere come un no?- domandò con calma la ragazza -esatto ho ucciso la tua famiglia, il tuo adorato padre e tuo zio… L’uomo che poteva duellare alla pari con un dio... non rinuncerò a tutto!- vuotò la manica una moneta gli scivolò in mano, vi era inciso Thot il dio della conoscenza e della magia dalla testa di ibis. Hotep la lanciò in aria, la moneta volteggiò in aria più. La mano che la riprese non era vecchia e grinzosa, anzi era al contrari il gran sacerdote di Osiride sembrava ringiovanito di cinquant'anni, ora si presentava come un uomo dal fisico possente, dai lunghi capelli neri, una barba ispida dello stesso colore gli occhi marrone scuro non erano più velati dall'età ma brillavano di vita -ora capisci stolta ragazzina? IO VIVRÒ IN ETERNO!- La ragazza si maledisse in silenzio per la sua sfacciataggine -poteva andare tutto bene, venivo, mandavo il nonnino in un ospizio e vivevamo tutti meglio, e invece NO!- sottovoce -Horus, mi spiace ma abbiamo del lavoro da fare!- Sbuffò mentre l'aura dorata le conferiva l'aspetto del dio. Il nuovo Hotep rimase a guardarla come se avesse appena fatto un semplice gioco di prestigio –dunque… lo spirito guerriero, conoscevo una ragazza che poteva usare quel potere... com'era il nome di quella schiava... Rashjid... no, forse Rashja- si tolse la tunica, sotto la quale indossava un'armatura, i punti scoperti lasciavano intravedere profondi graffi, la gamba sinistra aveva un bozzo violaceo che interrompeva la linea frastagliata di una cicatrice, sicuramente il segno di una vecchia infezione della ferita. -Già, e ti ha dato non pochi problemi- rise Elly orgogliosa della sorella adottiva Hoptep non batté ciglio, ma sguainò un ascia -la riconosci?- la schernì mostrandole i due fili perfettamente affilati. La principessa la riconobbe subito, l'aveva vista centinaia di volte al fianco di zio Azhar, il suo il suo legittimo proprietario -usurpatore e pure ladro, non mi sorprendi- rispose disgustata scattò per colpire l'uomo in pieno petto, Hotep avrebbe potuto frenare il colpo con la corazza ma schivò agilmente il colpo. -Non riuscirai mai a colpirmi- non era uno scherno né una provocazione il tono sicuro del sacerdote la mise in guardia -Rasjha ti ha colpito più volte, non è impossibile- esclamò Elly riprendendo l'equilibrio. -Molto bene, vuoi essere umiliata- ringhiò, strinse la moneta in pugno nella mano sinistra mentre la destra impugnava saldamente l'ascia -coraggio, questa volta non eviterò il tuo attacco- la incitò aprendo le braccia. Anche se era chiaramente una trappola la ragazza non aveva altra scelta, così con un singolo fendente ardente tentò di tagliare la mano disarmata, la lama sembrò tagliare un muro di fumo e quando ritrasse il braccio Hotep era in forma smagliante anzi, erano in forma perfetta, ora erano due faraoni impostori quelli che la stavano fissando "Horus, sono impazzita o ne vedo due?!"pensò allarmata "No, non sei pazza ne vedo due anch'io! Thot è il dio della magia, ne abbiamo una davanti." Elly dovette calmare il suo battito ed il respiro prima di continuare a combattere, uno scontro del tutto a senso unico, i pochi colpi che Hotep le concedeva servivano a creare nuove copie, lo scontro non sembrava volgere al meglio era da sola ad affrontare almeno cinque asce. La cosa peggiore era la capacità dei falsi sovrani di leggerle la mente e di colpirla quindi in ogni apertura della sua guardia e schivare ogni suo colpo. Era ormai chiusa in un angolo, un ultimo colpo alla spalla la fece crollare in ginocchio boccheggiante, la vista era offuscata era ad un passo dall'incoscienza quando l'urlo dolorante di Hotep la richiamò al mondo. Accanto a lei Amir era ritto e la sorreggeva -che ci fai qui? Aysha... sta bene?- lo salutò il ragazzo aspettò che l'amica smettesse di tremare prima di lasciarla -ero preoccupato per te... non è detto che accetti ma un faraone non lascerebbe che qualcuno rischi la vita per vendetta, e Aysha sta bene, sta giocando con Bastest6 è simpatica quella gatta- e poi di lei mi fido, ci incontrammo tempo fa.- quando mise a fuoco vide Hotep aggredito da una muta di cani -ma certo, gli animali agiscono per istinto, così come i disegni degli DEI!- "Horus! Ho un idea, non so se funzionerà bhe... Tu starai bene io... dipende da te!- la voce del dio non rispose e l'alone dorato che rivestiva Elly era quasi svanito. Senza alcun preavviso la ragazza fu scossa da un forte brivido -Il coraggio della tua famiglia scorre nelle tue vene- la voce che uscì dalle labbra era la voce profonda e forte del dio guerriero -Amir figlio di Fahara, le mie condoglianze per le tue perdite, hai molto coraggio, ma ti chiedo di aiutarmi, l'Egitto soffrire- Elly guardò il suo amico letteralmente con occhi diversi, il destro era completamente dorato e il sinistro argenteo -divino Horus, sarebbe un onore servirti, ma io... ho dei doveri verso...- l'espressione rassicurante del dio lo calmò, evidentemente aveva capito. Il ragazzo non aggiunse altro e partì all'attacco, per la prima volta riuscì ad evocare un aspetto del padre in carne ed ossa, non sembrava esattamente felice del traguardo ottenuto, infatti poco dopo aver visto il risultato Amir con uno schiocco di dita eliminò completamente carne e muscoli dal sosia di Anubi, che partì all'attacco, fu facile per l'aspetto sopraffare una copia di Hotep, la imprigionò nella gabbia toracica del dio, che inspiegabilmente si era separata dal resto del corpo in seguito ad un fendente tirato con l'ascia. Le ossa avevano immobilizzato il nemico per poi riempirsi di aculei. Il falso Hotep scomparve nel nulla con un sonoro schiocco. Horus nel frattempo aveva innalzato una serie di lingue di fuoco d'orato che consumarono unicamente i doppioni che pur avendo colpito Amir e la sua evocazione gli lasciarono incolumi. -Non male ragazzo, anche se ti imponi limiti che non hai- dal corpo della ragazza cominciava ad alzarsi del fumo come se stesse andando a fuoco -Horus, lasci il resto a me e ad Elly, il suo corpo è al limite- replicò il ragazzo ignorando il consiglio del dio, che lasciò il corpo della ragazza che crollò al suolo affamata d'aria -sei al limite ragazzina?- la schernì il faraone con il respiro appena affannato. Elly riuscì a rimettersi in piedi, giusto in tempo per schivare una benda proveniente dall'Anubi scheletrico, con una capriola schivò l’attacco che aprì un solco sottile ma profondo nella lastra di marmo dove poco prima si trovava lei -hey, sei con me o contro di me?- urlò al giovane che ora le stava a qualche centimetro -non ho dato io l'ordine!- Rispose indignato il ragazzo -che c'è?-Il tuo cane non ti obbedisce più?- lo punzecchiò l'avversario con tono falsamente innocente, rigirandosi la moneta tra le dita con non curanza. L'aspetto questa volta partì all'attacco contro Amir che non riuscì a proteggersi ed evitare che l'avambraccio dello scheletro, tramutatosi in una lama d'osso gli penetrasse nel petto, Elly in un lampo decapitò la creatura -Ehy, resta con me chiaro?!- gli urlò premendo la mano contro la ferita -tranquilla, non vado da nessuna parte... anche se penso che potrei risolvere i miei problemi con papà-. Sorrise alla ragazza china su di lui. -Tuo padre è un'idiota e hai promesso che avresti cresciuto la bambina- -senti, te lo voglio dire...- Amir si rimise in piedi e asciugò una lacrima dal viso dell'amica gettò a terra la tunica stracciata, uno sciacallo ormai morto aveva attutito il colpo, quando sparì mostrò un singolo taglio poco profondo. -IDIOTA! Mi hai fatto preoccupare- la giovane mollò un pugno all'amico che sorrise come se nulla fosse -come vuoi, ma il nostro amico mi ha annoiato, finiscilo!- le disse con un alzata di spalle, in una frazione di secondo, con una rapidità spaventosa la principessa aveva disarmato Hotep che ora indietreggiava con la fredda lama d'orata che premeva contro la sua gola. La faccia di bronzo di quell'uomo si era crepata, ora il gran sacerdote mostrava solo un terrore smisurato -dovresti essere in mio potere! La tua mente DOVEVA essere mia!- squittì -già, dovrebbe... ma vedi, ho imparato a controllarla è indispensabile per riuscire a usare lo spirito guerriero-. Con un fendente verso il basso lacerò il busto dell'uomo. Che si afflosciò come un guanto vuoto -È finita, è tutto finito il regno è tuo- Amir si girò per andarsene. -Il regno è nostro, faraone- il giovane si fermò -ti sono solo stato d'intralcio, non sono degno di governare, non so cosa mi passava per la testa, scusa- Amir fu fermato da una donna con il muso di un gatto nero, gli occhi verdi brillavano nella penombra dei bracieri -ciaaao, la piccola si è addormentata e si beh, è stata un amore all'inizio non le piacevo molto, mi guardava terrorizzata, ma poi le ho fatto sentire quel campanellino e si è tranquillizzata- la dea sembrava euforica e leggermente eccentrica, il suo abito era dei colori dell'arcobaleno una serie di orecchini le pendeva dall’orecchio destro, lasciando completamente sprovvisto il sinistro, la classica corona con globo solare le affondava il capo. I piedi scalzi -oh, brutto momento vero? Tu e la tua ragazza stavate... non dire nulla: indovino... vediamo, stavate...- i suo occhi si riempirono di lacrime -stavate per lasciarvi-! piagnucolò -no, non è nemmeno la mia ragazza- borbottò Amir -lo sai qual è il problema con te Amir? Tu vuoi proteggere tutti, ma eri allo stremo anche tu eri distrutto eppure sei venuto in mio aiuto io ti voglio come compagno, e anche come faraone- Elly baciò l'amico ancora prima che riuscisse a rispondere. Il ragazzo trasse un respiro profondo ma non disse nulla. -sapete è stata una brava cucciola, ha dormito per quasi tutto il tempo e poi... CANE!- urlò terrorizzata la dea rizzando il pelo, mentre le veniva la pelle d'oca. Orthos si era materializzato a pochi centimetri di distanza da loro -hey bello non volevamo lasciarti indietro- Elly accarezzò il cane che puntò gli occhioni marroni e docili verso la dea, prese fiato ma la ragazza lo frenò all'istante -non ci provare! Non nel palazzo!- il serpente sibilò stizzito e quindi il cane mostruoso si avvicinò a Bastest che si irrigidì appena si fu a portata dei nasi delle due teste -non mi avevate detto che avevate un cane- la voce le tremava dal panico -qui Ortbos! Lasci stare l gattina- lo rimproverò la regina -si, me l'ha prestato un mio amico, è buono- aggiunse. Il cane si sdraiò accanto alla dea il più vicino possibile ad Aysha, Bast stava per replicare ma fu fermata, visto che in quel momento Aysha cominciò a piangere disperata, una nuvoletta di fumo cominciò a salire dalla cicatrice a stella sul fianco -non ho fatto nulla! Andiamo, non piangere piccina!- Bast ea completamente disperata, e tentava di cullare inutilmente la bambina che continuava a piangere senza posa -è l'icore di Damos, per qualche motivo è cambiato, la sta consumando Aysha dev'essere forte, non c'è altro da fare- sentenziò Elly prendendola dalle braccia di Bastest. -Damos, non so cosa stai combinando, ma se fai del male a mia nipote giuro sullo Stige che ti ammazzo- ringhiò il figlio di Anubi guardando il cielo che sembrava impazzito, miliardi di stelle erano apparse nel cielo e precipitavano in un punto comune, era uno spettacolo terribile ma straordinario, le stelle lasciavano dietro di loro scie luminose che quando sparivano venivano sostituite da almeno una dozzina di tracce uguali bruciando la pelle alla neonata.

    Penisola scandinava – Midgard

    Da quando Xavier aveva risparmiato Hel e salvato sua madre, la tempesta che fino a quel momento aveva imperversato sul campo di battaglia sembrò attenuarsi. Skadi era debole, l'icore sgorgava dai polsi dove le catene l'avevano tenuta legata, la pelle di ghiaccio della gigantessa era segnata dalla prigionia, era debole, ma respirava e a Xavier non importava altro, tirò un sospiro di sollievo. Aver salvato la dea dell'inverno non aiutava, le forze degli dei erano stremate e decimate, molti per non dire troppi dei avevano combattuto la loro ultima battaglia, i giganti della brina si erano fermati, ora che la loro regina era di nuovo libera non sapevano come comportarsi, avevano smesso di attaccare e si erano ritirati presso alla loro regina. Benché le cose si fossero messe inaspettatamente bene, lo sguardo di Xavier era perso dall'altro lato del campo di battaglia, una cinquantina di giganti di fuoco attendeva un ordine di un ragazzo non più vecchio di lui. -Eric- imprecò tra i denti, il terreno si andava via via tingendo di nero, man mano che i corvi si ammassavano cibandosi dei caduti. -Sembri preoccupato, non avere pensieri, rammenta la morte è ineluttabile, puoi ritardare il giorno, ma comunque prima o poi dovrai incontrarla- Hel era imperscrutabile -perché la morte fa così paura?- Domandò il ragazzo a bruciapelo. -Non ti so rispondere, forse per la sua irrimediabilità, o forse perché accomuna tutti i mortali, io sono la dea della morte e non ci vedo nulla di così maligno, è un mettersi da parte per far vivere nuove generazioni, un riposo per una vita di durezza e fatica-. Xavier annuì -è questa la mia ora?- La dea dai due volti lo guardò, perfino il lato in decomposizione sembrava meno crudele, quasi malinconico, come il ricordo di qualcosa di appassito e perduto. -Credo che la scelta spetti solo a te-. La dea si trasformò in un corvo e volò via gracchiando. Xavier smise di scrutare il nemico e tornò a quello che rimaneva del campo. Le valchirie approfittando di quel momento di pace stavano preparando i corpi dei caduti per l'ultimo viaggio. Camminando in mezzo a quei cadaveri Xavier si sentì quasi un mostro ad essere ancora in vita, tra tutti i corpi due attirarono la sua attenzione: Daniel era solo un ragazzino eppure non era stato risparmiato si fermò davanti al corpo dell'allievo, sembrò che il mondo gli fosse rovinosamente addosso, Daniel non c'era più ed era solo colpa sua, non era riuscito a completare il suo addestramento e ne aveva pagato il prezzo, gli aveva promesso che lo avrebbe protetto. Non aveva esitato ad abbandonarlo per andare a salvare mia madre. Si prostrò con la faccia al suolo. Accanto a Daniel era deposto Hecktor. Dopo aver versato lacrime amare si riscosse, si alzò e riprese la spada e la mise in grembo al padre. Si girò e silenziosamente, con la morte ancora nel cuore andò a cercare i superstiti. Il campo sembrava abbandonato, molti visto il numero crescente dei morti, senza contare i dispersi avevano disertato, ne erano rimasti una cinquantina, ora si trovava di fronte a una ventina di uomini. Xavier guardò quegli uomini così malconci e disillusi, erano perfettamente consapevoli della sconfitta imminente -mi congratulo con ognuno di voi per essere sopravvissuto, e condivido con voi il dolore per le perdite subite-. Xavier si fermò per fissare i volti dei presenti, erano tutti piuttosto provati, lui stesso era esausto il dolore aveva formato un nodo intorno al suo collo che piano piano andava soffocandolo. -È proprio per questo agonizzante sentimento che ci accomuna in questo momento che vi chiedo, anzi vi imploro combattete ancora una volta assieme a me-. In un primo momento un cupo silenzio calò tra i soldati che non diedero segno di aver ascoltato una solo parola, quindi un guerriero cominciò a picchiare lo scudo con la spada, per una manciata di minuti fu il solo ma poi a lui si unirono anche gli alti, pestando le lance e con grida esultanti -sei un ottimo oratore- la valchiria che si era opposta al entrata in guerra di Daniel si era portata al suo fianco -è la mia qualità peggiore, e... e avevi ragione su tutto, ma ora é troppo tardi per rimediare- gli occhi della giovane si fecero più dolci -ora puoi morire affogandoti nel passato oppure vivere per mantenere vivo il ricordo di Daniel, di tuo padre e di tutto quelli che oggi sono spirati nella speranza della pace... in poche parole continuare a vivere Terrore delle serpi-. La valchiria accennò appena ad un sorriso. -INCUBO DELLE SERPI, TI SEGUIREMO FINO ALLA MORTE!- gridarono all'unisono i soldati. -E sia, qualcuno di voi ha visto l'altro ragazzo che ha lottato con me?- domando all'assemblea, a rispondere fu quello che per primo aveva esultato per il suo discorso - Mio signore, il Flagello del lupo ha lasciato il campo, non credo abbia disertato, ha svolto semplicemente il suo ruolo e a lui la gloria!- gli altri einherjar lo imitarono. Xavier si sentì leggermente solo ed impaurito, non era sicuro che il suo manipolo di eroi morti sarebbe riuscito a tener testa a quei giganti come avrebbe fatto quel ragazzo. Inspirò un paio di volte -Molto bene... si fa per dire- mormorò la stanchezza per l'utilizzo dei sigilli cominciava a farsi sentire, ma doveva rimanere prestante -come ti chiami?- domandò a bruciapelo al guerriero che lo aveva sostenuto fin dall'inizio -Gerhard- rispose piegandosi su un ginocchio e togliendosi l'elmo -Alzati Gerhard, sarai con me anche se ti conducessi verso una battaglia impossibile e la morte certa?- l'uomo obbedì e si rialzò prima di rispondere -con te fino alla morte incubo delle serpi- il ragazzo annuì -e voi? Sarete con me?!- esclamò concitato un unico ruggito d'assenso. Uscirono quindi nel campo, la neve era alta oltre il ginocchio, ma il drappello dei guerrieri continuò a marciare, la neve aveva smesso di cadere. Il campo di battaglia era immobile e silente mentre i due schieramenti si studiavano, Erick se ne stava seduto sulla neve con uno sguardo sprezzante, Surt alle sue spalle con le braccia incrociate sul petto mentre dai suoi piedi si alzavano fiotti di vapore. Il ragazzo alzò pigramente gli occhi dal suolo dove aveva disegnato una scena di caccia sulla neve, strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco un ricordo -Ci siamo già visti noi due... in Egitto! Sei quello che mi ha preso di sorpresa- si alzò e si spazzolò i vestiti -oggi non sarai cosi fortunato, all'attacco! Non voglio prigionieri!- I giganti di fuoco si gettarono all'attacco. Nel cuore della battaglia Erick e Xavier rimasero stoici a studiarsi, lo sguardo del capitano della morte era fisso sul ciondolo di ghiaccio del fabbro come se stesse pensando a una strategia per contrastare quel potere. Solo con il pensiero -frena questa farsa, sono troppe le vite che si sono spente oggi- Xavier rimase fermo al suo posto anche se l'aria attorno a lui cominciò a congelare formando cristalli affilati -sono certo che anche la legione della morte ha subito numerose perdite, quindi finiamola- Erick scoppiò in una fragorosa risata -ogni uomo ha dato volentieri la sua vita per il glorioso futuro!- fece un passo indietro proprio quando il palmo incendiato del gigante si abbatté dove, fino a pochi istanti prima si trovava il figlio di Skadi. L'attacco scavò un solco profondo diversi centimetri, anche se il cratere era coperto di neve prese fuoco come se fosse cosparso d'olio. Dalla coltre di vapore riemerse una gigantesca mano di ghiaccio -i negoziati sono stati brevi- la voce di Xavier era distorta come se a parlare fosse una montagna, quando il vapore si dileguò del tutto a fronteggiare Surt c'era un gigantesco essere -sai questa è la seconda volta che ci provo e spero che la mia idea sia giusta-. La creatura che aveva parlato era un gigante composto da magma e quelle che sembravano schegge di metallo, il suo corpo era ricoperto da una spessa corazza di ghiaccio e neve, l'elmo era l'unico punto dell'armatura diviso nei due materiali, stringeva nella mano destra una lancia su misura. Da quell'altezza il reggimento che combatteva contro i giganti sembravano delle formiche che tentavano di conquistare una montagna. Nel vedere il loro comandante in quello stato molti dei suoi furono presi da nuove energie, finalmente per la prima volta la vittoria sembrava sinceramente fattibile, il giovane fabbro commise l'errore di sottovalutare l'avversario: Anche se non riusciva a vedere l'avversario il ragazzo fu certo che dietro la crescita sconvolgente del gigante di fuoco che ora era talmente alto da oscurare la luna c'era dietro lui. Ad aggiungere una certa inquietudine era l'armatura di ghiaccio che andava assottigliandosi di minuto in minuto. "Respira Xavier, stai tranquillo, mantieni la concentrazione..." tentò di tranquillizzarsi, quando l'intuizione lo colse del tutto impreparato: non era un problema di concentrazione, sua madre era troppo debole per donargli altro potere. Fu costretto a rinunciare all'armatura. In poco più di un secondo la corazza evaporò mentre magma ricoprì la parte scoperta, anche la lancia lasciò il posto ad una picca infuocata ed uno scudo ardente, con un rapido affondo Xavier pungolò la coscia del gigante che finalmente abbassò lo sguardo e vomitò sul giovane una vampa di fiamme e lapilli come un'eruzione vulcanica che cadde simile ad una cascata sul fabbro senza arrecare alcun danno, anche il suo assalto tuttavia sortì lo stesso effetto, ma questo non lo scoraggiò ripartì all'attacco lo scontro tra i due si protrasse per ore, protetto da Efesto i colpi di Surt non avevano alcun effetto, la fatica però cominciava a farsi sentire. "Dovresti farti venire un'idea, non abusare della mia forza". Efesto sembrava allo stremo delle forze "Non mi viene in mente nulla, mia madre è troppo debole, sono con le mani legate!- il dio della metallurgia scoppiò in una sonora risata che nella mente del ragazzo suono simile al limpido suono del martello che batte un ferro ancora caldo "Strano, quando ci incontrammo la prima volta eri un fabbro di talento... avevi fantasia- -FANTASIA?! Ma certo!- esclamò. Il ragazzo abbassò il respiro, magma fluì dai piedi della sua creatura investendo Surt fino al polpaccio per poi trasformarsi subito in metallo fuso che piano piano cominciò ad arrampicarsi sul corpo del gigante, una volta che l'intero corpo del re di Múspellheimr Xavier si concentro, fino a che la lucida superficie metallica non fu coperta da miliardi di aculei che perforarono ogni lembo di pelle del mostro ignorandone completamente il materiale. Con un ultimo ruggito che sbriciolò una montagna creando un fiordo a strapiombo sul mare il gigante esplose in un ammasso di schegge di ferro rovente coprendo con un boato assordante i rumori della battaglia. -Fuori uno!- Riuscì a dire con fatica mentre il suo spirito guerriero svaniva nel nulla, ben presto si accorse di quanta difficoltà gli costasse tenere gli occhi aperti, le palpebre pesanti, aveva ucciso il re dei giganti ma altri erano ancora in piedi, e lui non riusciva a a reggersi in piedi più di quanto avrebbe potuto continuare a lottare, si accasciò sulla neve semi sciolta, l'ultimo rumore che udì prima dell'oblio fu un rombo dirompente. Quello che accadde mentre Xavier era privo di sensi fu spettacolare: l'intera valle fu scossa da un lieve terremoto quindi tutta la neve si sciolse, l'acqua si convogliò a qualche centimetro d'altezza da terra, qui prese a vorticare sempre più velocemente creando un gigantesco mulinello che spazzò il campo evitando di colpire i soldati rimasti e si abbatté impetuoso sui giganti mano a mano che il cataclisma abbatteva i mostri l'acqua assumeva forme di schiumanti ippocampi che sfrecciavano travolgendo nelle loro onde i nemici ancora vivi o più semplicemente prestavano soccorso ai feriti trasportandoli alla tenda ospedale dalle valchirie. Il tutto durò non più di una ventina di minuti, alla fine dei quali una sola figura era rimasta in mezzo al campo. -Sono arrivato tardi?- domandò al vento, stingeva in mano un tridente composto da acqua che gorgogliava. Si spostò tra il fango fino al fianco di Xavier -gli posò il tridente sulla fronte, il colore tornò sul suo volto e i graffi si rimarginarono -no, in fondo sono ancora in orario- ridacchiò Xavier si mosse come pervaso da una scarica elettrica e riaprì gli occhi -Raul?! Come sta l'albero... e Damos non è con te?- Riuscì a sussurrare l'altro si fece scuro -ecco, l'albero è bruciato, un piccolo germoglio però è sopravvissuto quanto a Damos... ricordo che stava combattendo con Ahmed e io stavo lottando contro una chimera e poi non so, la mia memoria ha avuto un salto. Non mi sono mai addormentato ma è stato come svegliarsi ed ero solo, quindi ho cercato di salvare l'albero poi ho visto una sagoma gigante oltre la nebbia e bhe sono venuto ad aiutare-. Il giovane fabbro si alzò dolorante e si diresse verso il campo base fermandosi a pochi passi da lui guardando il terreno: Erick era a terra sicuramente in fin di vita spostò lo sguardo su di lui si accorse di stringere la lancia di Skadi -presto raggiungerai il Valhalla- Calò il colpo facendo attenzione a trafiggere l'occhio del gigante color rubino insieme al petto del generale nemico che strabuzzò gli occhi e con un respiro rocco spirò. Il figlio di Skadi si diresse silenziosamente al campo base dove poté finalmente disporre dei propri cari con onore: gli depose su di una nave vichinga evocata dalle valchirie sopra ad un velo bianco con le armi e l'amuleto al collo, per il suo allievo. Spinse al largo la barca e preparò l'arco mentre un'intera folla si staccava dalla nuova costa creata dalla battaglia e riempita d'acqua dall'ultimo attacco di Raul creando di fatto un nuovo accesso al mare con alte coste rocciose e frastagliate. Xavier inspirò –Baldr7, nuovo signore degli dei accogli questi guerrieri... accogli mio padre, che come un orso ha combattuto per la sua terra, per il suo clan, per il suo amore, per gli dei ma soprattutto per il futuro di tutti noi. Accogli oh Baldr nella tua luce un giovane di altre terre strappato precocemente alla vita per mia colpa, difronte agli dei, difronte alle valchirie, io Xavier figlio di Skadi e di Hecktor riconosco le mie colpe ho voltato le spalle a chi ne aveva bisogno, peccando di presunzione difronte ai presenti io prendo giuramento di vagare per il mondo per lavare la mia colpa-. Smise di parlare quindi si asciugò gli occhi e tremante prese una freccia le diede fuoco e incoccò l'arco e prese la mira, il dardo una volta scagliato disegnò un lungo arco e perforò la vela dell'imbarcazione di testa dove erano stati deposti il padre e Daniel. La freccia appiccò il fuoco alla vela e si conficcò sul ponte dando fuoco anche ad esso. Subito si levarono una selva di frecce fiammeggianti nel cielo tinto dall'aurora come migliaia di lucciole. Il ragazzo rimase a guardare le navi inabissarsi quindi dopo essersi accertato delle condizioni della madre se ne andò in silenzio senza una meta precisa.

    Ore prima Monte Olimpo

    Il viaggio fu piacevole il freddo pungete del deserto di notte fu presto mitigato dal clima caldo ed accogliente della Grecia la costellazione di pegaso scivolava leggero nel vento inanellando un battito d'ali all'altro mentre le zampe correvano come se fosse al galoppo. "Pochi minuti di volo ancora" si disse inspirando mentre il profilo del mote più alto della sua terra natale si avvicinava sempre di più. Pegaso nitrì contrariato -lo so, non entusiasma nemmeno me- il cavallo sbuffò. Fortunatamente Zeus non lo ostacolò probabilmente voleva umiliarlo davanti a tutti gli dei, qualunque fosse il motivo Fos non era interessato a saperlo. Atterrò in una terrazza di marmo bianco che dava su di un enorme palazzo d'oro e d'argento una statua si innalzava al centro del piazzale, due ragazze lo stavano aspettando guardandolo atterrare. -Ciao fratello- lo salutò la ragazza più alta mentre una ragazzina di all'incirca quattordici anni le stava un passo indietro -Afrodite felice di vederti- rispose al saluto il ragazzo fu troppo lento però per sottrarsi all'abbraccio soffocante della dea -brutta storia quel bracciò, e come mai hai le mani imbrattate di sangue?- Fos si studiò le mani sporche di sangue del parto di Rashja, per un attimo gli mancò la terra sotto i piedi e la bocca gli si riempì di un gusto metallico. Notando il suo stato la dea della bellezza si voltò e fece alla compagna –Ebe8, prendi una brocca dell'acqua un catino e un mantello per il nostro ospite- la ragazzina spari con un inchino ritornando pochi minuti dopo con quanto chiesto. Il figlio di Urano si lavò le mani, l'acqua assunse il colore rosso del sangue "È impossibile lavare quel sangue" gli ripeté più volte la sua stessa voce, ed ogni volta che succedeva il giovane si strofinava le mani con più foga, con l'unico risultato di aprirsi diversi graffi che cominciarono a sanguinare "DEVO LAVARE QUESTO SANGUE!" Urlò a sé stesso -Fos! Fermati ti prego!- Lo implorò la sorella portandosi le mani alla bocca. Il figlio di Urano guardò il catino ormai completamente vermiglio come se si fosse risvegliato da una trance il senso di nausea gli bloccò la gola con un brusco movimento gettò a terra il catino di cristallo, mandandolo in frantumi -Frat...- tentò Afrodite tremante dalla preoccupazione -sto bene- replicò -ma...- -HO DETTO CHE STO BENE!- urlò acido chiudendo il discorso. Dopo che la sorella lo aiutò ad asciugarsi e che i tagli si furono rimarginati si mise il mantello che la dea di nome Ebe aveva portato in modo che nascondesse il braccio ferito. Insieme si misero in marcia per il lungo corridoio, bracieri d'oro e stendardi decoravano la via insieme ad alte colonne corinzie ogni tanto porte mastodontiche si aprivano ai lati della via. -Sembra non sia cambiato nulla qui dalla mia ultima visita-. Disse alla sorella che si limitò a sorridergli raggiante, la cosa non sfuggì al ragazzo che si fermò e la studiò meglio -è tutto a posto?- domandò incurvando un sopracciglio, la dea scosse la testa al settimo cielo -oh, ho solo capito il motivo della tua visita... ma credimi soffrirai- Fos rispose con un verso di scherno -soffrire? Sofferenza è il mio secondo nome- diede un buffetto alla sorella prima di continuare -è comunque molto dolce da parte tua, hai un piano?- domandò zampettando al suo fianco -certo, improvvisare, minacciare, trionfare il tutto se possibile senza ammazzare nessuno e riappacificandosi con Zeus- ridacchiò il figlio d'Urano, come se avesse notato adesso i punti deboli del suo piano -ah già, e vorrei dire addio ad una scomoda parte di me... Non riuscirò mai a uccidere la nonna in questo stato, il tutto possibilmente senza morire possibilmente- terminò di spiegare, fermandosi difronte ad una porta d'oro con incise scene che davano gloria agli dei, e sminuivano gli umani ritratti sempre prostrati in adorazione. Fos si concesse una smorfia disgustata -va bene, annunciami- disse quindi dopo una rapida occhiata alla porta senza nessun convento -devo dire anche re di Ogigia?- domandò Afrodite con tono sarcastico, il fratello non le rispose quindi entrò nella sala del trono lasciando il ragazzo completamente solo. Fu solo dopo qualche minuto che entrò, la sala era certamente più grande e gremita di dei dall'ultima volta che vi era stato: dodici troni erano disposti a semicerchio davanti ad un grande focolare che illuminava da solo buona parte della gigantesca sala, il terreno sembrava di vetro, attraverso il quale si riusciva a vedere ogni angolo del mondo, benché i troni fossero dodici si erano radunati ben più di una dozzina di dei. Fos entrò a passo sicuro fermandosi accanto al braciere qui fece il baciamano a Estia, la dea sorrise leggermente imbarazzata -Estia! Ne è passato di tempo! Una parte di me ti, adorava- esordì allegro -Salute a te Fos- si vedeva benissimo che era abituata a non essere notata. -Dunque vediamo... oh ci sono Ade e Poseidone- rivolse ai due dei un profondo inchino -ehm, Ade nessun rancore non mi sentivo emotivamente pronto- si affrettò ad aggiungere il dio incredibilmente pallido ed avvolto in una toga nera non sembrò offeso anzi, alzò una mano per zittirlo e rispose -nemmeno io sono emotivamente pronto ad averti nel mio regno, non oso sapere quali guai potresti causare al mio reame-. Quindi si continuò a guardare in giro salutò Demetra come si fa con una vecchia amica e gli altri dei che conosceva. -Non sei ospite gradito TITANO- sibilò acido Zeus mettendo fine ai saluti -stavo arrivando a te, re degli dei e si, signore del cielo- nessun inchino seguì il saluto del ragazzo. Rimasero a fissarsi in cagnesco per un paio di minuti -sei qui per morire?- ringhiò Zeus il suo pugno si strinse attorno ad un fulmine apparso dal nulla con un boato spaventoso -al contrario, sono qui per fare pace con te, lo riconosco: quando ti incontrai fui parecchio irritante, chiedo il tuo perdono- un'esclamazione di sorpresa fece spalancare le bocche ai presenti -interessante, prostrati a me e supplicami e sarai perdonato!- il volto del dio del cielo assunse un connotato perverso- Fos concesse un inchino al dio -temo di non poter arrivare a molto più di questo... vedi, io ho sbagliato ma anche tu non hai trattato molto bene i tuoi sudditi: hai imprigionato Prometeo pe aver donato il fuoco ai mortali, hai stuprato tua sorella Demetra, come una viscida serpe ma il gesto per cui mariti tutto il mio odio non è questo anche se non riesco a trattarti come un uomo per questo, ma molto peggio di questo è stato rinchiudere nel Tartaro tua madre, la stessa donna che ti salvò la vita!-. Molti dei presero a mormorare -non ho né il tempo né la voglia di rivangare il passato con te Titano, ora dimmi perché sei qui- Fos non rispose subito si prese un attimo per assaporare il disagio di Zeus -Calipso, liberala!- Ordinò ferreo. Il figlio di Crono fece finta di pensarci su quindi replicò canzonatorio -e cosa fai se non lo faccio?- Fos si aspettava quella risposta, scattò in piedi e guardando fisso il suo interlocutore rispose con calma -semplice, dichiarerò guerra all'Olimpo! Zeus non te ne sei accorto? I motivi che ti ho detto erano rivolti non a te, ma agli altri dei presenti! Ora ogni dio che non vuole più sottostare a Zeus mi segua in battaglia il potere non mi interessa voglio solo la Nereide, il mondo sarà vostro!- Esclamò duro. La dichiarazione di guerra fu accolta da ovazioni e un vociare di dei pronti ad una rivoluzione -Fos! Questo è il tuo piano?- gli sussurrò Afrodite estremamente allarmata. Sia Zeus che Fos alzarono le braccia per esigere il silenzio il cielo risuonò di tuoni -Te ne pentirai figlio di Urano- ruggì Zeus -calmatevi tutti! Non ho dichiarato guerra all'Olimpo, è un'eventualità, in realtà vorrei la pace- chiarì il ragazzo -HAI DICHIARSTO GUERRA A ME! E ora ti tiri indietro?! Hai paura di affrontarmi!- lo schernì Fos sospirò -non ho paura, sono sicuro che i presenti si schiererebbero al mio fianco... in più ti ho già steso una volta- Zeus scoppiò in una risata -te la cavi bene con le parole, ma allora perché non lo provi!?- meteore piovvero dal cielo seguendo l'irritazione del giovane - molto bene, non sono stato io a chiederlo, ma Zeus vi chiede di schierarvi!- esortò gli dei. la prima a mettersi al seguito del figlio di Urano fu Afrodite, seguita da Demetra che rivolse il suo miglior sorriso al ragazzo -ti devo un favore non credevo che altri oltre a me se ne ricordassero- quindi Ade e il fratello maggiore si posizionarono alle sue spalle -è dalla titanomachia che hai il nostro appoggio amico-, un uomo grosso come un toro dall'aspetto rude e malcurato si mise alle sue spalle -Efesto, per servirla- si presentò da uno spazio vuoto alla sinistra del figlio di Urano si materializzò Ecate -sono con te zio!- i gemelli divini9 si schierarono al seguito di Fos -noi siamo contro Era non con te- specificarono -non chiedo di meglio- gli rispose un dio dal viso paffuto, lunghi capelli ricci color platino e una tunica color grigio simile a nuvole di tempesta trotterellò si accodò agli altri, anche se sembrava lo facesse più per seguire gli altri che per sua scelta –Eolo10 signore!-riuscì a bofonchiare. Tra i molti che si unirono a lui spiccarono anche Eracle11 ed Eros12, quest'ultimo incusse un timore quasi reverenziale nel mezzo titano che si scansò appena per farlo passare-andiamo, non dirmi che mi temi- Fos trovò il coraggio di rispondere -più di Thanatos stesso- Eros spiegò le candide ali -saggiò, temere l'amore passionale più della morte-. Al fianco del signore degli dei si schierarono Era, in qualità di regina non poteva abbandonare il marito ora che la situazione era più critica che mai, Atena13 che non riteneva saggia una rivolta capitanata da un titano ed Ermes che era deciso a restare accanto al padre a qualunque costo. Restarono neutrali solamente Ebe, Nike14 e Estia15. -Zeus, questi schieramenti non significano niente, non desidero una guerra e men che meno la tua morte, sono qui con una proposta di pace.- Il dio fu finalmente pronto ad ascoltarlo -sentiamo dunque- lo esortò con tono spento -come prima cosa vorrei ribadire quello che già ti dissi: il trono di signore dei cieli è tuo, chiedo umilmente perdono per il mio agire e come segno di pace mi offro liberamente per rispedire nel Tartaro Gea e voglio che sia chiaro che tenterò di sistemare la catena di eventi nefasti che stanno colpendo la terra.- molti dei furono d'accordo nell'accogliere la sua richiesta di perdono. -Ti prego Zeus, potrai mai perdonarmi?- Zeus lo scrutò dall'alto in basso e fu colto dallo stupore quando notò che per la prima volta il giovane si era prostrato al suo cospetto, la faccia del ragazzo, quello che poco prima aveva quasi dichiarato guerra agli dei ora era ai suoi piedi con la faccia che toccava il pavimento. -Alzati Fos, Dimmi, cosa faresti per avere Calipso?- Il ragazzo obbedì -se dichiarare guerra a te non fosse sufficiente troverei un modo a costo della mia stessa vita-. Per la prima volta nella vita il mezzo titano riuscì a guardare il suo interlocutore senza provare alcuna emozione, vide quanto somigliava a Crono: gli stessi lineamenti, alcuni accenti, gli ricordarono ora l'assassino del padre, non aveva mai pensato ai sentimenti di Zeus, come si doveva essere sentito solo e smarrito quando era riuscito a scampare alla morte, poi d'un tratto arriva un ragazzo che lo copre d'insulti con un centauro che tenta suo malgrado di addestrarlo per liberare i suoi fratelli e uccidere suo padre, che anche se ha tentato di divorarlo era e rimarrà sempre suo padre. -Crono, l'ho rivisto... mi spiace ma nemmeno il Tartaro lo ha cambiato- la frase lasciò Zeus e i suoi fratelli costernati, delle lacrime scivolarono silenziose dagli occhi azzurri di del re degli dei. -È ancora... insomma vivo? Lo hai ucciso?- Nella voce di Zeus si nascondeva una speranza taciuta o era solo una sua impressione? -no, non l’ho ucciso io Ahmed e Rashja, Crono aveva pianificato di rinascere grazie alla linfa vitale di Ahmed, che si è soltanto difeso.- Zeus alzò una mano -Fos, basta così sono più di cinquecento anni che ci odiamo, e adesso che il mondo è sull'orlo del baratro è inutile andare incontro alla fine da rivali. Sei perdonato, ma tu riuscirai a perdonare i miei errori?- Fos rimase completamente spiazzato non rimase in silenzio -il passato è passato, ma il futuro può essere radioso Zeus, tuo figlio lo ha capito, dovresti essere orgoglioso di lui- disse all'improvviso. Il Signore del cielo scese dal trono e abbracciò il ragazzo che ricambiò -ehy figlio di Zoe, che ti è successo al braccio? E come hai fatto a scappare a me per tutto questo tempo?- Fos rise -oh, il braccio? Ahmed decise che non ne avevo più bisogno, ma ne fu sinceramente pentito... per quanto riguarda a come ti sono sfuggito, mi sono fatto un bagno rinfrescante nel Lete, è rinfrescante... i primi cinque secondi poi dimentichi anche cosa significa provare freddo-. Zeus sembrò scioccato -sei stato coraggioso e molto stolto avresti potuto affrontarmi e invece hai deciso di sacrificare la tua intera esistenza- Fos guardò il soffitto a la cupola della stanza era in realtà il cielo reale -già, avrei potuto ma volevo preservare la pace sai, mi piace la pace, e poi hai commesso un gravissimo errore quando hai maledetto Calipso: Ogigia non può essere raggiunta due volte nella vita da nessun umano ma io... sono mezzo titano, certo sarei un bugiardo se dicessi che fu tutto un mio piano, anzi fu casuale il fatto che Ponto affondasse la nave su cui viaggiavo. Calipso però mi aiutò a recuperare la memoria e così rinacque Fos il figlio di Zoe e di Urano- fece una piccola pausa per osservare le stelle -mi piace questo soffitto- Zeus batté nervosamente gli occhi -ehm sì, ma parliamo della nereide ti va?- il giovane sospirò -bhe, non c'è molto da dire voglio solo un paio di cose: le mie sorelline Tisifone, Alecto e Megera insieme ad Afrodite e Demetra... sempre se vogliono… vorrei che raggiungessero Kathlina ad Ogigia e... Poseidone- si voltò a guardare il dio che gli rivolse un gran sorriso -ti ascolto- -Nereo16, il vecchio dio del mare, devo parlargli- molte dee avevano già compreso quello che stava accadendo e a stento trattenevano l'emozione -aspetta non vorrai davvero...?!- Fos sorrise raggiante -ho qualche migliaio d'anni sembrerebbe giusto che mi sistemassi no?- Afrodite gli stampò un bacio sulla guancia -e tu avresti pensato a lei?!- il figlio di Urano fece finta di pensarci -Già, mi ha quasi ammazzato una volta ma poi siamo diventati buoni amici e poi... abbiamo vissuto insieme per quanto? cinquecento anni? E il tutto senza cavarci un occhio a vicenda- Era in persona si asciugò le lacrime. Il centro della stanza si riempì d'acqua di mare di uno splendido verde marino creando un piccolo mare che ricoprì buona parte della stanza che si fermò come arginato dal focolare di Estia. Con uno spruzzo d'acqua gelida l'acqua si plasmò a formare un uomo in carne ed ossa: lunghi capelli candidi sorretti da una collana d'alghe, il volto nobile e saggio segnato da profonde rughe, gli occhi lattiginosi ormai quasi del tutto acciecati dall'età, la barba lunga ed ispida era vestito con una tunica piuttosto semplice di core blu e sandali -Divino Nereo, mi scuso per il disturbo che le ho arrecato- esordì Fos mentre il mare del dio antico gli arrivava alle ginocchia. Nereo spostò lo sguardo verso la fonte del saluto -con chi è che ho il piacere di parlare?- domandò, la voce del dio era lenta e stanca -non mi conosce, mi chiamo Fos...- il dio ascoltò in silenzio fino a quando non udì il nome del suo interlocutore -Fos? A cosa devo che l'ultimo figlio di Urano mi abbia chiamato?- replicò tentando di mettere a fuoco il ragazzo, che era rimasto turbato -sono colpito, lei mi conosce?- il dio marino si avvicinò -certo, non è solo Apollo ad avere il dono della divinazione, ho visto le tue gesta nella titanomachia anni prima che scoppiasse la guerra, quindi si, ti conosco ragazzo-. -Spero non abbia una brutta opinione di me, tornando a noi però ti ho chiamato per avere la mano di sua figlia Calipso- Nereo non disse nulla rimase fermo a fissarlo senza dire nulla, i suoi occhi ciechi non lasciavano trapelare nessun sentimento, nessuna emozione -Capisco, io ci ho provato- annunciò amareggiato -Zeus, so per certo che Gea è tornata in vita, mi occuperò io di lei gli altri titani...- -già rispediti a casa- annunciò gongolante -dei un sacco Fos zero- ricapitolò -Fos, mia figlia è d'accordo?- disse finalmente Nereo riemergendo dal suo mutismo -in cinquecento anni non ho mai capito cosa provasse per me- ammise sinceramente -conosci mia figlia, ha un carattere duro, ma in fondo è un coniglietto che ha bisogno di cure- Fos soffocò una risatina ironica -LEI una coniglietta indifesa?!- appena pronunciata la frase ripensò a tutte le notti che l'aveva trovata stretta a se e alla notte della partenza per il Lete, di come si era opposta, aveva paura di lasciarlo -si, ha un carattere forte e io l'ho fatta soffrire lasciandola sola- Nereo annuì -forse riuscirai a renderla felice dopotutto, anche se avverto in te una disputa dentro di te ma voglio credere in te, come ci credette tua madre, come ci crede tuo padre- si portò al fianco del ragazzo -dammi la mano, ti farò dono di una previsione-. Il giovane esitò ma dopo attimi di esitazione fece come il dio aveva chiesto -ah già, la destra non la puoi più usare... ma la tua sinistra ti servirà sempre bene- replicò stringendo la mano tra le sue. Da prima il sorriso si fece strada nel volto del vecchio, ma subito dopo Nereo lasciò andare la mano con orrore terrorizzato- mi dispiace molto- disse angosciato -cos'hai visto?- domando forse più spaventato del vecchio dio -niente, sono solo le ombre, il futuro ti distoglie dal presente Fos, niente è certo tutto è mutevole anche quello che le Parche hanno deciso.- Fos ringraziò il futuro suocero e giurò sullo Stige che non avrebbe forzato la ninfa a sposarlo contro la sua volontà. Saltò di nuovo in groppa alla costellazione del pegaso -si torna a casa!- lo spronò verso il cielo stellato, le dee decisero di passare la notte con Calipso come previsto dai riti "almeno lei starà bene" anche se la reazione di Nereo alla visione lo inquietava -sono uno stupido vero bello? Io so cosa succederà nel mio futuro- gli diede qualche pacca affettuosa sul collo e il cavallo alato nitrì felice. Una mezz'ora dopo atterrò nel suo campo le spighe dorate ondeggiavano curvate dal fresco vento notturno, le case completamente distrutte, il passaggio della morte era ancora tangibile, scheletri erano disseminati qua e l'unica casa ancora in piedi era la sua, probabilmente era stata Demetra a preservala insieme al suo campo. Era stato lontano da Heliospiti così tanto che quasi aveva dimenticato com'era viverci. Prima di andare incontro al suo destino si addentrò nel villaggio fantasma, oltrepassò la sua tenuta e la piazzetta centrale con la piccola fontana ormai asciutta, subito dopo la piazza erano visibili le macerie della casa di Clio se ne andò al confine del villaggio dove una ventina di mucche scarlatte dormivano su un pascolo erboso, la stessa mandria che il suo cane aveva sorvegliato per anni. Si concesse qualche minuto per i ricordi quindi si diresse nel bosco fuori dal villaggio dove secoli prima aveva affrontato Gea. L'albero della titanide era completamente rinsecchito -Gea, andiamo, non venirmi a dire che ti aspettavi che cascassi in una cosa del genere, ma va bene... oh miei dei l'albero di Gea completamente secco- disse senza nessuna inclinazione. Clio uscì da dietro l'albero -ma guarda Damos sei ancora tra i vivi- lo salutò mentre una pioggia di frecce gli volarono contro, -non è carino dimenticare il mio nome Gea,- l'ofiuco si formò dall'oscurità e protesse il figlio di Urano dall'attacco, le frecce rimbalzarono sulle scaglie stellari -scommetto che se ci pensi un secondo ti viene in mente il mio nome, nonna- la ragazza sembrò scossa -T-tu! Da quanto hai capito che Clio è perduta per sempre Fos?- ringhiò velenosa il ragazzo sorrise freddo -non molto, da ieri ma credimi la ragazza non è persa, devo però desumere che non hai ancora ripreso la tua forza se ricorri a questi trucchetti- il gigantesco serpente sibilò mostrando le zanne al nemico -forse è come dici tu, ma questa volta non ci sarà alcun rogo se non quello per la tua pira!- Le radici degli alberi si sollevarono e immobilizzarono il gigantesco serpente, la madre terra si avvicinò lentamente, appoggiò la mano sul corpo squamoso della costellazione e subito la carne si tramutò in corteccia -è tutto qui quello che sai fare?- ridacchiò -probabilmente no- una voce profonda alle spalle della ragazza rispose al posto di Fos: Kentas puntava una lancia al fianco della titanide -ti avevo detto di aspettare ancora- bofonchiò -sempre il solito guasta feste ho dovuto letteralmente pregarti per farmi partecipare, è la mia vendetta Fos posso fare come credo? O devo avere il tuo permesso anche per uccidere un titano?!- Fos gli rispose con un cenno annoiato della mano. La titanode della terra scomparve lasciando al suo posto solo dei fiori di un colore rosso, una musica dolcissima risuonò per tutto il bosco. La musica non turbò assolutamente il figlio di Urano mosse appena la mano e le edere si spostarono al suo comando come attratte dal suono, Kentas osservò le piante per qualche secondo quindi partì alla carica -questa volta la prendo amico- promise partendo al galoppo -sarà meglio- replicò duro, un'aura argentea lo avvolse, i suoi occhi furono invasi completamente dal blu delle pupille, anche Lykofos mutò d'aspetto le stelle sparirono dalla superfice della lama lasciandola completamente fosca e lucida. Le driadi apostate lì vicino scoccarono una nuova pioggia di frecce. La moneta di Demetra si illuminò come non aveva mai fatto ed un muro di rami e terra si frappose tra il ragazzo. Come mosso dalla spada stessa Fos fendette l'aria, subito uno squarcio si aprì nel nulla completamente nero, le foglie vi volarono all’interno come attratte da una calamita e così anche le chiome degli alberi si piegarono nella direzione dello squarcio che continuava ad allargarsi fino a quando non fu abbastanza grande da attirare al suo interno gli interi alberi insieme alle driadi e a tutti gli animali che avevano la loro tana tra gli alberi sparendo insieme ad essa nelle profondità oscure del buco nero, ben presto la foresta fuori Heliospiti si trasformò in una landa priva di vita. Il buco nero continuò ad attrarre la polvere e quello che ancora esisteva, Gea stessa ne fu vittima già rallentata da Kentas che aveva iniziato un duello mortale, quando fu a meno di un tiro Fos conficcò la lama all'interno del corpo celeste che scomparve con la stessa rapidità con cui era apparso. Gea cadde in ginocchio davanti al ragazzo -vedo che hai trovato la posizione che ti si confà signora della terra- la schernì con tono piatto -arrenditi e tutto sarà più facile- continuò guardandola dall'alto in basso. Gea si rialzò scossa un aura verde pervase il suo corpo la terra rombò come di un tuono quindi si divise in diverse zolle di terra che navigavano nel magma del mantello terrestre -sei tu che dovresti arrenderti sei solo il figlio bastardo di un titano smidollato e di un'inutile umana!- il ragazzo non rispose all'insulto semplicemente fece un passo avanti i suoi piedi si staccarono da terra e camminò a mezz'aria senza nessuna difficolta -Kentas, finiscila- ordinò il centauro rimase interdetto dalla voce indifferente ma allo stesso tempo fredda e minacciosa dell'amico -Fos...- mormorò tremante -che ti succede? Non anelavi forse alla vendetta? Ebbene eccoti servito- lo rimproverò. Vedendo l'esitazione del mezz'uomo continuò a passi lenti fino a che non arrivò difronte a quella che era stata Clio e si preparò a colpire -A-aspetta, se mi uccidi non rivedrai mai più la tua adorata Clio!- tentò in un disperato tentativo di salvarsi. Fos rise senza alcuna gioia -cosa credi che mi importi di un'inutile umana?- Gea inorridì e gettò una manciata di polvere che a mezz’aria si tramutò in un centinaio di coltelli di selce, che volarono contro il nipote che alzò la spada difronte il viso le armi caddero a terra, come se pesassero quanto macigni -temo che non ci sia nient'altro che tu possa tentare Madre terra- stava per calare il colpo quando la punta di una lancia gli graffiò il costato, la tunica si riparò miracolosamente mentre poche gocce di icore d'oro bagnavano la polvere -Non ti riconosco più Fos, torna in te!- lo implorò Kentas -non sono mai stato così lucido Kentas, e ti perdono per questo affronto Kentas solo in nome della nostra vecchia amicizia- il figlio di Urano si strappò la lancia dal costato con il braccio destro che sembrava essere tornato in vita mentre con la sinistra trapassò il petto di Clio con un singolo affondo. -Kentas, è tutto un mio piano, non sto impazzendo... o almeno spero di riuscire a tornare in me quando tutto sarà finito- spiegò i suoi occhi tornarono all'aspetto normale e l'aura argentea divenne appena percettibile. La costellazione del centauro si guardò attorno -Fos è già tutto finito, Gea è morta, è finita... mi spiace solo che tu abbia perso te stesso per questa vittoria- Il giovane scosse la testa -era solo una pedina, forse inconsciamente, ma era una pedina, non è forse vero? Caos17?- domandò retorico verso il nulla. -Ma che perspicacie- rispose una voce divertita da una posizione indistinta, sembrava provenire da ogni direzione e da nessun posto. Finalmente tutto tornò silenzioso, una figura femminile era apparsa accanto ai due amici, era vestita con una lunga tunica nera piuttosto scollata, indossava un bracciale d'argento all'altezza della spalla due bracciali d'oro, la pelle color caramello e i capelli corvini adornati da una sottile catenina d'argento che terminava in un cristallo viola che cadeva al centro della fronte della dea, accentuando i suoi gli occhi gialli. -Rashja?!- domandò incredulo il ragazzo -ti ha sconvolto così tanto la loro morte figlio di Urano?-. Rivedere quel volto gli procurò una dolorosa fitta al cuore, ci vollero alcuni minuti perché riuscisse a respirare di nuovo a ritmo normale. -Kentas, vattene...ORA!- ordinò il centauro sbuffò impennandosi leggermente -scordatelo è fuori discussione lei è Caos una delle forze primordiali- Fos non gli rispose si limitò a sferzarlo con Lykofos la costellazione sparì -scusa ti ho già perso una volta, non voglio che accada ancora- mormorò alla lama, tornò poi a guardare la dea che ora aveva le sembianze di sua madre -solo io e te? È così... intimo- lo schernì sarcastica -già, è sempre così anche Gea l'ho uccisa sotto un romantico cielo stellato- si scambiarono frecciate ma nessuno dei due attaccò -ebbene? non mi uccidi?- le chiese dopo l'ennesimo scambio di freddure -no, ma se vuoi attaccarmi fai pure- lo esortò -posso davvero?- replicò incredulo -oh certo caro, non sarò io a impedirtelo- sorrise dolcemente -ehm, quindi ricapitolando non vuoi uccidermi però vuoi il mondo tutto per te, sai che sono contrario e pure mi concedi di ucciderti?- riepilogò -riassunto preciso e davvero efficacie- rise tutto in quella dea lo metteva in allarme ed allo stesso tempo lo spingeva a stare in guardia -dunque come vuoi che ti attacchi dolcezza?- La dea si portò un dito al mento e ci rifletté su -non saprei amore prova il tuo colpo migliore no?- l'aspetto di Caos mutò di nuovo assumendo le sembianze di Calipso -tesoro sei bravissima a non mettere per nulla in confusione la gente per ora hai preso sembianze di una ragazza morta, mia madre che so per certo essere morta e la mia ragazza che è parecchi chilometri lontano da qui- rise -oh cucciolo, non è colpa mia se stai pensando a queste persone in questo momento-. Si scusò come una moglie che ha bruciato la cena -capisco, non darti troppa pena, in fin dei conti è anche colpa mia... senti vorrei stare qui a parlare con te, ma io ho una ninfa da sposare e tu un mondo da conquistare... siamo tutti presi quindi perché non attacchi tu me?- Caos rise -oh ti prego Fos non posso farlo, hai distrutto i miei due semi preferiti ora rimani solo tu, se morissi mi dispiacerebbe tantissimo- Fos analizzò quella risposta -ora capisco tutto, dimmi se sbaglio: tu hai tormento l'odio di Ahmed per suo padre, come hai aiutato i titani ad uscire dal Tartaro, hai poi indebolito il sigillo di Rashja, quello che ancora non capisco è io cosa c'entro- Caos si scostò un ciuffo di capelli e se lo portò dietro l'orecchio -una deduzione incredibile, occhi blu intelligente, ricciolino fisico atletico... Calipso è fortunata a sposarti-. Fece una piccola pausa -tu c'entri perché non dovresti esistere sei figlio di Urano e di una mortale, eri il mio primo seme per rinascere nel mondo, ma poi hai avuto la splendida idea di dimenticarti di te stesso e ricrearti come un normale mortale, rallentando la mia ascesa di cinquecento anni- spiegò con un buon umore imperturbabile -capisco perché non vuoi attaccarmi, se io morissi tu verresti con me... in tal caso è stato un piacere tesoro-. Il ragazzo si slanciò contro la dea e tentò un affondo, la lama trapassò il corpo della dea come se fosse di fumo -non te l'ho detto?- Fos la frenò -con tutta l'ondata di caos che dilaga per il mondo non puoi morire giusto?- la dea sorrise -un classico- sbuffò prese un po' dell'icore che ancora colava dal costato e lo passò sulla lama si concentrò e una nube color arancione percorsa da caldi venti tempestosi lo avvolse, si tastò la veste e finalmente lo sentì: un piccolo sacchetto di tela grezza prese uno dei semi che conteneva quindi -pensò intensamente ai suoi campi fino a quando un cono di sabbia si spalancò accanto a lui -vai piccolo!- vi gettò dentro uno dei semi che tempo prima Kathlina gli aveva dato "i fiori delle stelle… Tutto quello che dovevo fare è stato fatto" pensò tra se. La nebulosa si diradò -andiamo Basylius quanto ci metti?!- sbuffò camminando avanti e indietro. I minuti che seguirono furono lunghi quanto gli anni passati ad Ogigia. Nessuno dei due disse una parola si limitavano a guardarsi, fino a quando un ruggito scosse i cieli -alla buon'ora!- esultò il ragazzo vedendo la gigantesca viverna, aveva qualcosa di diverso: sembrava ancora più grande di quando l'aveva vista l'ultima volta. Caos non sembrava per nulla preoccupata alzò il braccio un chakram: un disco nero formato da un anello dal cui centro partivano una freccia per ogni direzione, nell'esatto centro dell'arma era posto un occhio dalla pupilla verticale. Il giovane si soffermò a guardare quell'arma, aveva già visto quel simbolo: era l'alamaro dei mantelli della legione della morte. Si maledisse per non averlo riconosciuto prima: la ruota del caos. La dea scagliò il disco che avrebbe segato in due la viverna, fortunatamente i suoi pensieri furono più veloci: la costellazione del corvo afferrò il disco e volò via -non è cortese uccidere il mio amico tesorino- la viverna atterrò con un pesante tonfo sollevando una gigantesca nuvola di polvere, il gigantesco rettile ripiegò le ali abbastanza stizzita e trafisse a bruciapelo la dea con l'aculeo dea coda quindi vomitò sulla donna un torrente incessante di fiamme azzurrine -è tutto...- iniziò il ragazzo poco dopo Caos si rimise in piedi perfettamente in forma, la pelle non aveva nessuna bruciatura, nemmeno una cicatrice. -...inutile- terminò pacato come se la resurrezione della dea fosse un fenomeno comune quanto lo sarebbe stato camminare. -Te la sei cercata Fos! La boccetta contiene icore e non più sangue!- La voce di Basylius era incrinata ed incerta, era fin troppo chiaro che il piano del mezzo titano non era più di suo gradimento, eppure tentava di farsi forza -Bel graffio, una cicatrice degna di questo nome- lo salutò senza quasi curarsi delle sue parole.- Per un attimo il figlio di Zeus rimase fermo non capendo di che graffio parlasse, abbassò lo sguardo sul petto campeggiava l'ultimo ricordo di Fenrir18: tre lunghe strisce frastagliate ricoperte da una patina di ghiaccio perenne che donava allo sfregio un aspetto cristallizzato -oh, questo è stato un cagnolino di taglia grande, anche per i tuoi canoni, aveva una sola testa però- sorrise -una sola? Piuttosto deludente, ti fa male? Sembra congelata o qualcosa di simile, non ho mai visto qualcosa del genere- Basylius scosse la testa -no, ogni tanto da forti fitte, ma parliamo di te, hai fatto nulla di interessante?- Domandò come si farebbe per con un amico che non si vede da tempo incurante della dea del Caos -Bhe, ho maledetto una bambina appena nata, ho fatto quattro chiacchiere con tuo padre e quasi scatenato una rivolta nell'Olimpo... che altro? Ah sì, ho rispedito un titano di nome Gea al Tartaro e bhe mi stavo intrattenendo con la signorina, che è niente di meno che Caos la personificazione del caos primordiale da cui è nato il mondo... le solite cose insomma. Ora vuoi uccidermi per favore?- Caos scoppiò a ridere -e tu speri che ti lasci morire così? Che stolto- sghignazzò avvicinandosi ai due come un fulmine. Il figlio di Urano sbuffò seccato quasi più per l'esitazione di Basylius che per l’assalto della dea primordiale, chiuse gli occhi e passo la lama di Lykofos su braccio sano e la bagnò nuovamente la lama con il suo icore -stammi vicino non vorrei che ti perdessi nella bruma -la bruma? Non per essere il solito tipo che fa notare le cose al momento sbagliato, ma questa sera non c'è nebbia- lo contraddisse il mezzo titano piantò la lama nella polvere, subito una spessa nube color arancio talmente fitta che l'intero mondo sembrò svanire all'interno di essa senza lasciare nemmeno le ombre, un vento caldo creava turbini e nuvole di tempesta cariche di elettricità -guarda meglio!- lo canzono -molto bene, ora uccidimi- ordinò sciogliendo la fascia che teneva legato il peplo blu, esibendo il petto pronto a ricevere la lama del coltello dell'amico -no!- rispose scandalizzato -non ho chiesto la tua opinione umano! Devo forse convincerti?!- lo minacciò mentre con un cenno della mano a pochi centimetri da loro le nubi cominciarono a vorticare -non ti salverai dalle correnti di una nebulosa figlio di Zeus!- non stava scherzando, e Basylius se ne era accorto, si era accorto anche della spaventosa luce argentea sprigionata dal corpo dell'amico e gli spaventosi occhi completamente blu -perdonami, ma non sei più il Fos che conosco, non so chi o che cosa tu sia, ma certamente non sei più la persona che conoscevo- con rapidità felina sguainò il coltello da caccia e pugnalò l'essere che poco prima era stato il suo amico in mezzo allo stomaco, il pugnale penetrò nella carne del giovane fino all'elsa con una semplicità estrema. -Grazie, ti ho spaventato eh? Devo dire che spaventa anche me questa parte di me- sorrise caracollando -No, aspetta tu! Hai solo finto?! Non era nei patti!- gli urlò mentre le lacrime gli scendevano dagli occhi sventolandogli davanti agli occhi la boccetta di vetro piena di comune sangue vermiglio -ops- ridacchiò mentre il fiato cominciava a venirgli meno così come la nebbia, che andava via via diradandosi -Hey, mi hai fatto diventare un assassino e tutto quello che riesci a trovare per scusarti è OPS?!- Fos annuì piano -senti ho da fare, dovrei fare tante cose, e non osare bruciarmi non voglio una pira... me la cavo da solo chiaro?- Un urlo agonizzante costrinse i due a girarsi. Caos era cosparsa di fori luminosi come se fosse stata bersagliata da un nugolo di frecce -questa... me la pagherai, non si può debellare il Caos dal mondo e quando rinascerò tu non ci sarai a fermarmi- ringhiò -chi può dirlo? Non è così facile sbarazzarsi di me- sussurrò -la morte ti ha fatto ammattire?- gli domandò Basyilus che, ormai aveva smesso di trattenere i singhiozzi e le lacrime. Fos rise sputando un grumo di sangue- oh dei, non sulla tunica, Calipso mi ammazza se la macchio- prese un piccolo respiro vibrato -perché tutti dicono che la morte mi ammattisce? Thanatos non è poi così male, e poi c'è il fratello di Orthos e le mie sorelline, per non parlare del fatto che posso infastidire Ade... un piano niente male, ma la mia meta è un'altra- sorrise guardando il cielo stellato che finalmente schiariva. Caos smise di dimenarsi e sparì avvolta da fiamme nere senza lasciare traccia -l'alba oggi è bellissima non trovi?- domandò -certo ne hai di forze eh?! Comunque si, il cielo comincia a tingersi di rosa ed oro, è semplicemente incantevole- lo apostrofò il figlio di Zeus -è perché è ancora notte, aspetta che l'ultima stella sia tramontata. Prima che questo succeda vorrei ringraziarti anzi vorrei ringraziare tutti voi siete stati amici fidati e compagni insostituibili, porta a loro le mie ultime parole: vivete la vostra nuova vita, questa è la vostra pace, avete lottato duramente per ottenerla e ora e vostra... addio!- L'ultima stella scomparve nella luce dell'aurora d anche il corpo del ragazzo scomparve. Lasciando a terra il pugnale insanguinato.

    La notte seguente Tebe di Grecia

    Una figura si avvicinò alla porta di una casa fuori città, una piccola tenuta con diversi ettari di terreno per il pascolo che dovevano essere nella stalla poco distante. La figura bussò alla porta, nessuno rispose all'interno quindi ritentò con più vigore e rimase in attesa. Quando la porta si aprì sull'uscio comparve una giovane donna dai capelli lunghi e neri come la pece reggeva i mano una lampada ad olio -mi chiedevo quando ti saresti fatto vivo- lo salutò senza lasciar capire se era felice di averlo davanti. Il ragazzo entrò quindi in casa -Grazie Vespria, sarei venuto prima ma non ne ho avuto mai l'occasione- spiegò l'altro togliendosi il pesante mantello da viaggio e adagiando sul letto il fagotto di coperte che trasportava. La ninfa scostò appena le coperte e sussultò quando vide il viso della figlia -non ci vediamo da circa cinquecento anni e la prima volta che ci rivediamo mi porti mia figlia morta?! Scusami Fos se non ti chiedo come stai e se ti chiedo di andartene subito da casa mia!- esclamò la donna cercando qualcosa per scacciare il ragazzo dal suo tetto -non sto poi così male, se escludiamo il fatto che sono morto e posso tornare in questo mondo solo di notte, grazie per l'interessamento- rispose distrattamente mentre accendeva il camino e vi avvicinava il cadavere di quella che fu la ragazza in una vita passata -hai perso il tocco, anni fa avresti visto subito che la vita sta tornando a scorrere in lei- apostrofò l'amica. Vespria si calmò e diede una nuova occhiata alla figlia che stava recuperando colore -per uscire dall'Ade ci vuole circa un giorno, ho dato la mia vita per recuperare la sua, la scorsa notte quindi a momenti dovrebbe riaprire gli occhi- spiegò con calma sedendosi difronte a lei al tavolo. La donna guardò il suo interlocutore -hai un braccio senza vita, mi spiace ma non c'è rimedio- gli rispose - e poi brontolò qualcosa che suonò come -perso il tocco ma sentitelo!- si diresse ancora borbottante ad una mensola piena di oli profumati ed erbe -posso almeno sapere come mai hai ucciso mia figlia?- sbottò mentre posava tutto sopra il tavolo -Era posseduta- tentò di evitare il peggio -posseduta?! E tu non c'entri nulla VERO!?... Su, mostrami quel braccio, vediamo se riusciamo almeno a recuperare la mano- Esclamò talmente acida che il ragazzo ritrasse il braccio -perché io dovrei sempre essere immischiato! E per il braccio no, grazie ma preferisco...- Tentò di rifiutare tremante -TU SEI SEMPRE IMMISCHIATO! Non fare il bambino, mi fai vedere quel braccio con le buone o devo vederlo io con le cattive?!- replicò sempre più acida. Il ragazzo valutò mentalmente le opzioni che l'amica gli offriva: forse offrirle il braccio di propria iniziativa gli avrebbe garantito maggiori possibilità di salvezza, Vespria era la migliore guaritrice che conosceva, ma sapeva benissimo che non era il caso di essere operato da lei quando era alterata e in quel momento era decisamente alterata e spaventosa, ma si fece forza: scostò il manto bianco regalatogli da Afrodite, sciolse i laccetti di cuoio che si era fatto fabbricare da Xavier per tenerlo ancorato al fiano, afferrò quindi il braccio destro e lo posò sul tavolo. Prima di sciogliere le bende Vespria accarezzò la figlia assopita, il respiro regolare era un buon segno -Comunque si, io sono il responsabile- disse ad un certo punto il giovane -non importa, me l'hai riportata sana e salva- sorrise -tu hai sempre salvato tutti, e come al solito hai sacrificato te stesso per riuscirci- le sue dita quasi sfioravano le bende che sembravano ritirarsi al suo volere -chi era?- domandò con incuranza come se avesse chiesto informazioni per raggiungere un villaggio vicino -Gea- rispose indifferente -ancora non ti molla quella?- sospirò Fos annuì. Vespria sciolse l'ultimo giro di bende dal braccio ed inorridì -è stato Crono?- chiese mentre preparava un intruglio di oli ed erbe. Il braccio era ridotto letteralmente uno straccio, poco lo separava dallo stato scheletrico: una sottile striscia di pelle nera incancrenita e decomposta -l'ultima volta che l'avevo visto stava meglio- mormorò, e subito gli tornò in mente la sera prima, quando aveva rinunciato ai sentimenti e la parte titanica del suo essere aveva preso il sopravvento il braccio desto era guarito. Vespria lo fissò -sei sicuro di star bene? Sembri te stesso ma sembri anche diverso- il giovane scosse la testa -si, tutto bene- mentì se era sicuro di una cosa era che non andava tutto bene. La ninfa non indagò oltre e spalmò la pasta verdognola su tutto il braccio e la mano, condusse quindi il figlio di Urano al focolare e gli fece mettere l'arto tra le fiamme. Quando la donna gli riprese il braccio dal fuoco era ancora rigido, ma riusciva a muovere il polso e le dita della mano -senza anima non puoi avere più di quanto hai ora- lo informò mentre lo rifasciava -lo so, Ahmed era davvero dispiaciuto, non credo volesse rendermi monco- rispose -Grazie Vespria, abbi cura di te, io devo andare a trovare una persona-. Riprese il mantello da viaggio e fece per andarsene -Salutami Calipso allora- ridacchiò Fos non rispose ma non era ancora sull'uscio che una voce più debole lo riportò sui suoi passi -Damos?- Clio aveva ripreso conoscenza -no, non sono Damos per il tuo bene cerca di dimenticarmi Clio- le disse gentilmente ed uscì dalla casa. Appena si fu chiuso la porta alle spalle sentì un gran vuoto dentro di se, era definitivamente tornato Fos di Arcadia, il figlio di Zoe e di Urano e non era sicuro che questo fosse esattamente un bene, si sentiva tremendamente solo e una sensazione di vuoto gli gelò le ossa ed il cuore. -portami da Calipso- pronunciò al vento, la moneta di Demetra si illuminò, Fos chiuse gli occhi e un attimo dopo quando gli riaprì era sulla spiaggia di Ogigia. La nereide era seduta poco lontano sul bagnasciuga i piedi scalzi bagnati dal mare si cingeva le ginocchia con le braccia, Fos si avvicinò silenzioso e subito capì che le cose non andavano bene -bella notte per pensare vero?- disse sedendosi accanto alla ragazza con gli occhi rossi e gonfi per le molte lacrime -Zeus ti ha concesso la libertà- le annunciò sperando di risollevarla, ma la ninfa non rispose -senti Calipso, so di aver perso molto tempo... ma ecco io ti amo e questi giorni senza di te sono stati i più lunghi della mia vita, ma ringrazio gli dei che gli anni vissuti come Damos fossero privi di ricordi, perché un solo giorno senza di te mi è insopportabile- Fos fece una pausa, la ragazza aveva ricominciato a piangere -senti, non so che vita potrò m si offrirti ma ti voglio sposare!- terminò Calipso balzò in piedi e corse il più lontano possibile da lui -ma che cosa...?!- la ricorse fino a quando non riuscì ad afferrarle il braccio -Qual è il problema? Non mi ami?!- domandò con il fiatone per la lunga corsa -si, cioè no, è complicato Fos ti prego lasciami- il ragazzo lasciò la presa -spiegati, ti prego!- la sentiva già distante, troppo distante, intuiva quello che era successo, ma lo spaventava sentirlo dire -U-una settima prima che tornassi a Ogigia naufragò qui un uomo e me ne sono follemente innamorata, anche adesso che è lontano, e so che non potrà mai più tornare sento di amarlo, ma io amo anche te, quando te ne andasti mi spezzasti il cuore, quando sei tornato ero così felice che avrei potuto risalire dal Tartaro a mai nude e adesso che sei qui e soprattutto dopo la serata di ieri, mi sento divorare- pianse amaramente. -Mi stai dicendo che dopo cinquecento anni è bastato un anno insieme a questo Odisseo di Itaca per dimenticarmi?! Non ho altro da aggiungere, addio!- allungò il passo come per salire uno scalino e i suoi piedi si staccarono da terra -aspetta, come sai il suo nome e quanto è stato qui?!- gli urlò la ninfa tra le lacrime -semplice, sono un titano, ho il dono dell'onniscienza, perciò se lo ami così tanto perché non lo raggiungi, credo che sua moglie ti accoglierà a braccia aperte- giunto a questo punto il ragazzo non capì più nulla, non voleva essere così acido e malevolo con lei, ma una parte di lui si stava divertendo nel vederla soffrire -perdonami, sono semplicemente arrabbiato, meglio se ci salutiamo qui e per sempre- si scusò continuando a percorrere la volta celeste. Si era allontanato di qualche metro, la senti comunque disperarsi, non poté fare a meno di provare pena per lei, di tutti i colpi che aveva ricevuto, quest'ultimo assalto al cuore lo aveva piegato più dei colpi che lo avevano ucciso, per la prima volta da anni si sentì di nuovo impotente ed inutile, non c'erano più piani, nessun intervento divino, ne Kentas, ne Kathlina, nessuno lo avrebbe aiutato: era solo nell'angosciante amarezza del suo cuore. Fos aveva già rinunciato all'idea di Calipso come compagna, quando un getto di schiuma lo costrinse a scendere di qualche passo verso l'isola -E questo cosa significa, Nereide?!- lo pronunciò con più disprezzo di quanto avesse realmente voluto, sentiva la rabbia premergli contro il petto pronta a investirlo come un fiume in piena -Fos, ti prego: io non voglio perderti!- il ragazzo serrò il pugno, e le sue ossa scricchiolarono -mi hai già perso, ninfa- replicò freddo -ora, riponi la spada e non ti farò male-. Calipso arretrò -Sei solo un egocentrico, il mondo deve ruotare attorno a te, senza curarti delle conseguenze!- la voce le tremava come del resto tutto il suo corpo, Afros brillava al suo fianco mentre piccole bolle di sapone fuoriuscivano dalla lama e danzavano per il cielo -non voglio combatterti nereide- replicò pacato, si voltò di nuovo e riprese la sua ascesa al suolo. Il ragazzo fu nuovamente interrotto da una gigantesca colonna di bolle e schiuma che si innalzava dal mare sotto di lui formando un gigantesco muro -non te lo ripeterò ninfa, lasciami andare, non voglio combatterti, e trattenermi qui non ha alcun senso, sei tu che mi hai rifiutato... visto che IO sono egocentrico- Fos si accorse di quello che aveva appena detto solo un attimo più tardi, era come se qualcuno parlasse per lui la colonna gorgogliante lo travolse gettandolo in mare -ORA BASTA! VISTO CHE PARLARE NON SERVE TI FARÒ TORNARE IN TE!- Il figlio del cielo stellato riemerse con un certo sforzo e raggiunse la spiaggia, svariate parti del corpo erano coperte di schiuma che si stava lentamente tingendo di rosso -Mi ero dimenticato quanto fosse dolorosa la schiuma di Afros- ringhiò stringendo i denti per non urlare -Fos, ti prego... apri gli occhi- le lacrime della ninfa brillavano come gemme al chiaro di luna. Il giovane si avvicinò, Lykofos stretta in pugno -ma cosa ti è successo?!- esclamò sbarrando gli occhi guardando l'amata: i sui capelli erano tagliati maldestramente in un caschetto mezzo storto, incrostati di sabbia ed alghe, era vestita con un abito rattrappito un semplice pezzo di stoffa legato in vita con una semplice cordicella, non era mai stata molto in carne, ma il suo aspetto snello era scheletrico e il suo viso pallido e malaticcio -cosa ti aspettavi?! Anche io ho dei momenti di debolezza, ero stanca di questa prigionia, mi sentivo in colpa per come avevo tradito il tuo amore, e ieri hai organizzato la festa per la tua sposa, volevo semplicemente cadere nelle braccia di Thanatos... ma sono immortale!- pianse disperata. Fos si sentì un verme, le sue interiora si attorcigliarono come anguille mentre un gusto amaro gli impastava la lingua -ho pensato che se mi avessi visto così, mi avresti dimenticato- balbettò continuò dopo altre lacrime, il ragazzo non poté far a meno di sentirsi un completo idiota, si sentiva gli arti di piombo, sentì sciabordare via come un'onda che ritorna al mare. Abbracciò la ragazza -ti chiedo perdono, hai ragione: ho sacrificato me stesso, senza pensare a te, ma ora sono qui- le asciugò le lacrime incurante di quelle che scendevano ora dai suoi occhi e la baciò. -sei stata una sciocca anche se ti trasformassi in uno scarafaggio o in un mostro orrendo ti amerei comunque-. Rimasero abbracciati per un tempo che nessuno dei due seppe quantificare, quel momento sembrava dilatarsi all'infinito -scusa non volevo ferirti, ma non sembravi più te stesso- bisbigliò la ragazza per non spezzare quel momento -non lo ero, ma ho bisogno di saperlo: Vuoi sposarmi o preferisci Odisseo?- per tutta risposta la ragazza tentò un fendente che il ragazzo deviò -non lo so, ma se tu mi batti in duello potrei farci un pensierino- sorrise ammiccante la ninfa -giusto, sarà divertente... e poi, abbiamo un conto in sospeso noi due-. Ridacchiò il ragazzo mettendosi in guardia. Bolle grandi quanto grossi massi volteggiarono accanto a Calipso per poi schizzare in avanti contro l'avversario a velocità esorbitante, Fos rimase immobile in attesa del colpo che si infranse in una valanga di schiuma contro uno scudo nero formato da stelle mentre un leone e il suo cucciolo dello stesso materiale dello scudo ruggivano contro Calipso che rimase senza parole, mentre guardava la spada del suo sfidante -è la prima volta che la usi contro di me, e devo dire che è stato sangue ben speso: è un'arma magnifica- si complimentò mentre della schiuma immobilizzava i due felini -mai quanto Afros- replicò schivando altre bolle, stava per portare a termine un affondo al fianco della ragazza quando fu costretto ad arretrare per schivare un muro d'acqua schiumeggiante scaturito da un fendente a vuoto del nemico. Il giovane tentò una nuova via: dal nulla apparve una coppia di lunghe catene vi fissò Likofos ad una estremità e dopo aver fatto roteare le maglie di ferro sopra la testa un paio di volte la scagliò contro Calipso che la schivò con un ruota all'indietro -questa volta ci sei andato molto vicino amore-. Già molto vicino, ma ora era disarmato e recuperare la spada era fuori discussione:-la velocità della nereide non lo avrebbe permesso, ma almeno poteva contare sulla distanza. Aveva cominciato a recuperare la spada quando fu costretto a eseguire una capriola a mezz'aria per evitare la lama di Afros che era cresciuta a dismisura grazie a schiuma e varie bolle che ne avevano aumentato il filo rendendolo inoltre frastagliato ed irregolare. Riuscì a recuperare la spada prima che una nuova coltre di bolle lo investisse. Il ragazzo dovette affondare la lama nella sabbia e la gravità per le bolle divenne talmente intensa che crollarono pesantemente ai suoi piedi. -finiamola qui tesoro- propose il mare vibrò, quindi un mostro con la testa di un lupo, così come le zampe anteriori mentre quelle posteriori erano sostituite da una coda di pesce, la costellazione della balena l'ultima volta che l'aveva usata era naufragato ma ora sarebbe andato tutto bene. Calipso non si fece intimidire dal mostro e bagnò la spada, subito il mare si riempì di schiuma che si compattò in una mandria di cavalli formati da acqua pura e i crini di schiuma come anche gli zoccoli, uno stormo di colombe formate da bolle iridescenti volarono elegantemente sulla spiaggia. -stupefacente- mormorò ammirato il figlio di Urano guardando i destrieri acquatici scalpitare. Alzò la spada al cielo la nebulosa coprì il campo di battaglia e ne approfittò per sgattaiolare accanto alla sua ragazza e baciarla sulle labbra non avendo però calcolato due cose: il vento burrascoso che sospinse la schiuma dei cavalli contro di lui e quindi si ritrovò a fare da scudo umano a Calipso, ma soprattutto la reazione della ragazza che fingendo di contraccambiare il bacio lo scaraventò a terra. -ahia!- si lamentò tentando di rialzarsi -andiamo, tutto qui Caro?- una serie di ruggiti alle spalle della ragazza la fecero voltare, si ritrovò quindi a fronteggiare l'orsa maggiore, l'orsa minore, la costellazione del cane maggiore quella della lince che le ringhiavano conto -va bene, va bene, mi arrendo- sbuffò sfinita -siano ringraziati gli dei!- sbuffò l'altro sprofondando nella sabbia -dopo di te- ridacchiò debolmente indicando il mare la ninfa brontolò qualcosa ma fece qualche bracciata al largo -ehm, ci ho ripensato- rise il ragazzo -non riesco a nuotare con un braccio solo!- urlò in modo che la sua amata lo sentisse. Calipso tornò sulla spiaggia -va bene genio, come facciamo a fare questo benedetto bagno assieme se tu non puoi nuotare?- Fos camminò avanti e indietro a lungo -ho un idea- annunciò dopo un bel po' di andirivieni, Calipso sussultò come se l'avesse morsa un ragno -Fos i tuoi piani sono...- tentò di farlo ragionare con tono supplichevole -brillanti ed infallibili, lo so- la liquidò con un gesto della mano. Una scia luminosa comparve nel cielo -solo per informazione sei immortale giusto?- domando come se fosse cosa di poco conto -ehm si, a meno che tutta l'acqua del mondo non evapori... sì o che qualche dio non mi uccida in combattimento... tremendamente invulnerabile- rispose sempre più allarmata -quindi un sasso abbastanza pesante che cade dal cielo non è mortale- sospirò sollevato -EHY TU E I TUOI METERITI POTETE UCCIDERMI!- urlò allarmata -bhe vai nella grotta, prendi le nostre armature e... non saprei indossa la tua e prepara i bagagli, ti avviserò quando tutto è pronto-. Una volta solo il ragazzo attese il meteorite che si stava avvicinando, la collisione fece tremare l'isola, a un passo dal ragazzo ora c'era un cratere abbastanza profondo da servire da vasca il meteorite era distrutto. -Aquarius, mi servirebbe un bel po' d'acqua- la costellazione apparve dal nulla e cominciò a versare acqua cristallina dalla brocca -bene, ora servirebbe un offerta per gli dei così che benedicano quest'unione mh...- ci pensò un attimo , quindi guardò il cielo: l'alba era vicina -Hey dei, cosa volete?- domandò al nulla, gli dei non risposero ma il mare portò alla spiaggia una bisaccia -ehy la mia bisaccia!- esclamò il ragazzo raccogliendola, all'interno c'era ancora la focaccia che aveva preparato a Delfi -oh, non sapevo che fossero così buone- la prese e dopo aver acceso un fuocherello la offrì agli dei. -Calipso! È tutto pronto!-.finalmente i due unirono le loro vite con un bagno, come prevedeva l'usanza -senti, tempo fa arrivò qui Ermes con le novità dal mondo, e mi disse che ci sono popoli che usano scambiarsi anelli quando si sposano, ti va di farlo?- il giovane porse la mano alla moglie, un getto di schiuma creò un anello attorno all'anulare del figlio di Urano, in pochi secondi si solidificò formando una pietra bianca, estremamente liscia e leggera, la nereide fece scendere una goccia dalla propria mano sull'anello, l'acqua si cristallizzò formando una piccola gemma azzurrina trasparente. -ecco il mio anello per te- -È bellissimo- guardò l'anello più da vicino, era chiaro che non esisteva nessun anello come quello. Calipso porsela mano, ma non riuscì a trovare qualcosa che potesse minimamente avvicinarsi a quello, in più lo aveva fatto d'istinto. In quell'attimo di smarrimento gli tornarono in mente le parole di Afrodite che gli aveva detto secoli prima: "Non importa cosa le regalerai, l'importante è che sei tu a regalarglielo". Come se percepisse il suo disagio la nereide nuotò al suo fianco, lo abbracciò e lo baciò quindi appoggiò la testa sulla spalla del marito, non disse nulla la mano ancora stretta in quella del ragazzo -pensavo, sono quasi cinquecento anni che non ti tenevo la mano.- le disse all'improvviso, il calore del momento lo riscaldò assopendo la sua mente, guidando i suoi movimenti: chiuse la mano delicatamente su quella dell'amata, quando la riaprì un anello d'argento in filigrana cingeva l'anulare destro di Calipso. -Aquarius- chiamò, la costellazione versò nuova acqua dalla brocca, era più scura, del colore del cielo notturno, illuminata da innumerevoli stelle che brillavano nel liquido nero. L'acqua che bagnava l'anello si cristallizzava formando piccoli cristalli color zaffiro trasparenti illuminati da una luce interna di color argento, in pochi secondi l'anello di Calipso poteva fendere le tenebre più scure visto che l'intera circonferenza era incastonata con quei cristalli ad un intervallo regolare. -È magnifico! In questo c'è tutto te stesso-. Lo baciò ancora, con più passione. -Non ho più molto tempo- mormorò -il sole sta per sorgere- annunciò mesto -in che senso scusa? Mi hai appena sposato e già mi abbandoni?!- Fos tornò a guardare la moglie, il suo corpo stava cominciando a sparire. -No, in realtà avevo intenzione di portarti in cielo con me, ma non te l'h k nemmeno chiesto... se non vuoi troveremo un altro modo per stare insieme- propose -in cielo? Sono una nereide, ho bisogno d'acqua per vivere... e da tuo padre non offenderti, ma non c'è abbastanza acqua per i miei gusti-. Fos ci pensò su potremmo vivere insieme solo di notte... e poi noi non vivremo "da mio padre” ma nel suo reame, Kentas ed io creeremo la più bella casa che si sia mai vista!-. Fos sembrava incredibilmente sicuro, ma il problema dell'acqua non lo aveva considerato. -Evviva Fos! Evviva Calipso!- Afrodite e gli altri dei esultarono, erano apparsi dal nulla e sembravano piuttosto allegri -Ehy amico! Non inviti proprio nessuno?!- Zeus lo trascinò fuori dalla vasca improvvisata -scusa tanto Calipso, te lo ridò subito- lo trascinò in disparte lontano dal vociare degli dei che si congratulavano con la novella sposa. Fos e il dio delle tempeste e il ragazzo si appartarono su di un alto sperone di roccia a strapiombo sul mare. -Fos, è finita? Con caos intendo- il ragazzo non rispose rimase in silenzio ad ascoltare il rumore delle onde che si infrangevano sulla costa -non è meravigliosa, la pace? Talmente bella quanto delicata. Basta un alito di vento e tutto cambia-. Zeus annuì -non è finita- sintetizzò -acuto, ultimamente abbiamo seminato un bel po' di caos, questa è solo una soluzione temporanea, in pratica questa è la così detta quiete prima della tempesta-. Passarono alcuni attimi prima che Zeus riprendesse la parola -Fos, sono qui per proporti la carica di dio- Fos soffocò risatina e guardò il re del cielo -dici sul serio?- Zeus non disse nulla -l'immortalità non fa per me, la mia situazione mi piace, sono un mortale, ma ho sangue immortale, posso morire solo contro chi è degno di quel privilegio- Zeus lo guardò stupefatto -sei maturato davvero.. Se questo è importante per te rimarrai come sei-. Senza dire nulla il figlio di Urano tornò alla spiaggia. Si avvicinò a Calipso e si schiarì la gola -Accetto l'offerta di Zeus, prenderò il mio posto nell'olimpo, tuttavia non vi abiterò- Calipso impallidì -grazie per avermi consultato caro- bisbigliò gelida -ti avrei avvisato prima amore, se lo avessi saputo- le rispose tra i denti quindi tornò a fissare i presenti -assumerò con il vostro permesso il ruolo di dio del crepuscolo, il mio animale sacro sarà il barbagianni-. Finì il suo discorso nessuno riuscì a spiccicare una parola eccetto Calipso che da quando aveva iniziato a parlare non aveva smesso un secondo di borbottare frasi sarcastiche. -se non l'aveste capito, mia moglie non è d'accordo con me- un coro di brontolii di dissenso si levarono da molti dei presenti -visto? Sei l'unica a non avere fiducia in me- ridacchiò -già, sono l'unica a cui ancora importa della Terra- borbottò -andiamo, mi sopravvalutati, secondo te solo soletto riuscirei a distruggere il mondo?- la ninfa fece per replicare, ma a quanto pare era rimasta a corto di commenti taglienti -Salute a te Fos, dio del crepuscolo- terminò il battibecco il sovrano degli dei. Gli altri lo imitarono, piano piano tutti i presenti si fecero avanti per dargli una pacca sulla spalla e congratularsi. Alcuni dei portarono dei dono per i novelli sposi: Atena, donò a Calipso un telaio bellissimo, Afrodite, dopo essersi asciugata gli occhi per l'emozione -fantastico, siamo una famiglia puoi chiamarmi sorella- esortò tritolando calipso in un abbraccio, quindi dai palmi vuoti apparvero due uccellini di un blu elettrico brillante, uno era leggermente più azzurrino mentre l'altro era blu scuro. -quello più chiaro è la femmina e quell'altro è il maschio, i due uccellini rispecchiano le vostre personalità -questo spiega perché il maschio non smetta un secondo di cantare e perché la sua compagna lo stia beccando senza tregua- rise il ragazzo vedendo l'esilarante scena della sua controparte pennuta che pur venendo beccato non smetteva di cantare. -si, così potrete sempre guardare se uno dei due sta bene, anche se siete distanti- Calipso sembrò rifrancata da quel regalo -come sono carini, la ragazza mi piace molto, grazie sorella-. Quando la dea della bellezza si fu allontanata fu il turno del marito, Efesto che si fece largo zoppicando -Ho un regalo che penso ti piacerà, l'ho costruito insieme a Zenob. Prese un involucro di stoffe. -Zebnob? È ancora vivo?- -certo, almeno per ora non vado da nessuna parte- rispose una voce stanca e strascicata un cane dal pelo grigio e arruffato, a tratti mancante, le zanne ingiallite si muoveva molto lentamente con la sua coda da foca fin troppo rugosa -Zenob, sei invecchiato! Ma ti vedo bene- il telchino rise -non prendermi in giro dio del crepuscolo, sono passati cinquecento anni ed io sono al tramonto dei miei giorni- Fos lo aiutò a sdraiarsi in modo che non si affaticasse -senti, per quella storia con i tuoi fratelli... ecco ti chiedo perdono- il demone ululò una risata -avrei fatto la stessa cosa, e poi i miei fratelli mi odiavano- Fos si sentì il cuore più leggero come non gli accadeva da anni -per quel voto, ti sei superato con i sigilli degli dei, non sono armi, sta al possessore come usarle.... bella pensata- 'quindi sai che gli ho forgiati sotto ordine degli dei?- il ragazzo sorrise -va bene, cosa mi avete fatto? Spero in un bel dolce di frutta, anche se penso di sapere cosa sia- esclamò guardando l'oggetto avvolto negli stracci. Efesto sciolse i legacci, mostrando un braccio in carne ed ossa -è creato sulla base del tuo sangue, quindi si può dire che questo è un nuovo braccio destro- spiegò il dio della forgia. Fos si avvicinò e sfiorò la protesi, era tiepida ed effettivamente era costruita in carne, muscoli, ossa e nervi era una copia perfetta di quello che era il suo braccio. Spostò lo sguardo da quella copia al suo braccio avvolto nelle bende. -è bellissimo, ma... non sarebbe il mio braccio- rispose a malincuore. -Fos, prendi quel dannato braccio e sa zitto- lo rimproverò la moglie. -no, il fato mi ha privato del braccio, tentare di recuperarlo sarebbe un'offesa al destino- chiuse il discorso -il colpo non era diretto a te, che fine ha fatto del Fos che si forgiava il destino da se?- tre vecchie signore, avvolte in scialli neri, camminavano sorrette da una quarta ragazza, sensibilmente più giovane, anch'essa vestita di nero dai lunghi capelli dello stesso colore della veste, camminava reggendo in mano delle torce, la sua figura baluginava come una fiamma creando delle immagini illusorie di se stessa che camminavano guardando una a destra e l'altra a sinistra. Dietro di lei un uomo in una semplice toga bianca camminava aiutando le vecchine aveva una faccia che guardava dietro di sé oltre alla normale faccia. -Ciao, Ecate, e voi se non erro siete le Moire, la vostra fama vi precede... quanto a te non ti conosco dio bifronte-i i cinque si fermarono davanti a lui -questa è la tua scelta, puoi scrivere tu stesso il tuo destino- annunciò il dio dalle due teste -stai dicendo che non ci saranno conseguenze se accetto il nuovo braccio?- domandò -ci sono sempre delle conseguenze- rispose il dio -molto bene, allora la mia risposta è:se ne avrò bisogno lo userò, ma fino a quel momento rimarrò in questo stato- decretò -una risposta molto cauta- sentenziò. Il gruppetto di dei sparì. -molto bene lo conserveremo per te- risposero i due fabbri facendosi da parte. Estia regalò alla coppia un braciere -la fiamma di questo braciere sarà salvezza per quanti vi saranno vicino, riparo conto le intemperie e le ingiustizie degli uomini-. Spiegò alla coppia. Persefone19 regalò alla ninfa un sacchetto di bulbi per creare il "giardino perfetto". Il regalo più gradito fu quello di Poseidone che, dopo aver sentito del problema dell'abitazione ci pensò su e alla fine disse di avere la soluzione: una cascata perenne avrebbe fatto fluire l'acqua in tutta la casa quando sarebbe stata ultimata. -ringrazio tutti gli dei per essere venuti, se volevate un banchetto chiedo perdono, ma come vedete sto sparendo il sole ormai è sorto quindi... a presto gente- salutò il ragazzo reso trasparente e gassoso dalla luce del sole. -Aspetta- una macchia oscura era apparsa sulla superfice sabbiosa, ed Anubi ne uscì come da un pozzo -non ricordo di aver invitato un cagnolino ed un pessimo padre al mio matrimonio- replicò Fos che già aveva cominciato la sua salita al cielo con calipso al suo fianco. -Devi tener fede alla tua parola, Ahmed e Rashja hanno terminato il loro viaggio nella Duat- il ragazzo adagiò con delicatezza la moglie su di una nuvola -per loro due partiamo subito, testimonierò al loro processo- rispose -ehy aspetta testimonierai ad un processo?! E dimmi c'è altro che devo sapere- ringhiò la nereide stizzita -ho detto a Orthos che può venire a trovarci quando vuole, ma per ora non vivrà con noi- rispose con un alzata di spalle per poi atterrare al fianco di Anubi ed urlare alla moglie -Ti adoro Calipso, tornerò prima di subito, parola del dio del crepuscolo-. Il dio dei morti e il mezzo titano sparirono avvolti dall'oscurità.

    Glossario:

    1 Anubi: Dio dalla testa di sciacallo, Figlio di Seth e Nefti, il padre lo rinnegò appena nato, così fu adottato da Osiride. E’ il dio dei funerali più che della morte infatti il suo compito era quello di far giungere il morto al cospetto di Osiride, per questo è il patrono della mummificazione e il prottettore delle necropoli.
    2 Cartiglio: il cartiglio era un riquadro che veniva usato per contenere i nomi, usato molto spesso per i faraoni, avere il proprio nome sul sarcofago era un requisito fondamentale per poter poter ricevere la vita eterna dopo la pesatura del cuore
    3 As8RL3e: Ahmed, tradotto alla lettera è hmd visto che i geroglifici egiziani non contenevano le vocali.
    4 oaZuWBj: Rashja tradotto letteralmente rsh. Visto che nei geroglifici non venivano inserite le vocali. In egiziano non c’è il glifo per la J pura ma solo per suoni composti per questo la J pur essendo una consonante non compare.
    5 Hathor: Dea dell’amore, dei lavori domestici e protettrice la regina. È spesso raffigurata come una donna con le corna bovine che sorreggono il disco solare o come una donna dalla testa di mucca, è nata dalla scissione di Sekhmet.
    6 Bastest: (o Bast) Dea della musica della danza e della gioia, rappresentata come una giovane dal volto felino, certe volte è anche colei che protegge il dio sole Ra da Apophis le prime ore della notte
    7 Baldr: Figlio di Odino e di Figg, il suo assassinio da parte del fratello Höðr ingannato da Loki porterà all’esilio di quest’ultimo. È il dio del sole e della luce risorgerà da Hel una volta terminato il Ragnarok e guiderà gli dei
    8 Ebe: Coppiera degli dei, sposerà Eracle una volta che questi è divenuto un dio.
    9 Gemelli divini: epiteto per Apollo e Artemide figli di Leto e di Zeus. Rispettivamente dei del sole, della profezia, delle musica e della poesia, la sorella invece era la dea della luna e della caccia.
    10 Eolo: nato mortale e poi reso un dio da Zeus, è considerato il dio dei venti e risiede nelle isole eolie.
    11 Eracle: Figlio di Zeus e Alcmena, reso celebre dalle sue dodici imprese per ottenere il perdono del suo crimine, una volta morto per mano di Deianira ingannata dal Centauro Nesso, venne accolto tra gli dei e divenne il guardiano dell’ Olimpo e prese in moglie Ebe.
    12 Eros: dio dell’amore e della passione, figlio di Afrodite ed Efesto, era rappresentato come un giovane con ali bianche e una faretra ed armato d’arco, con il quale scagliava le frecce dell’amore.
    13 Atena: Figlia di Zeus, nata dalla sua mente. Era la dea della tessitura, della saggezza e della strategia bellica.
    14 Nike: Figlia del titano Pallante e della oceanide Stige, sorella di Cratos, dio della potenza, Bia, il dio della forze e Zelos l’ardore. È la dea della vittoria, e l’auriga del carro di Zeus
    15 Estia: nome greco della dea romana Vestia, primogenita di Crono e Rea, sorella di Ade, Poseidone Demetra Era e Zeus
    16 Nereo: Primo dio dei mari, figlio del titano primordiale delle acque Ponto e di Gea, la madre terra. Oltre al dominio sul mare che cedette a Poseidone al momento della suddivisione dei regni era in grado di predire il futuro. Sposò l’oceanide Doride, dalla quale ebbe le nereidi tra le qulai anche Calipso.
    17 Caos: l’entità primordiale da cui nacquero Gea che originò la terra, Etere l’aria, Erebo che diede origine agli inferi e Tartaro che costituì la parte più remota del fratello.
    18 Fenrir: il “Lupo di Asgard” colossale lupo figlio diLoki e la gigantessa Angrboða, fratello di Hel dea dell’oltretomba e di Jörmungandr il serpente di midgard. Fu allevato dagli dei ad Asgard, fino a quando impauriti dalle dimensioni che stava raggiungendo lo legarono su di un’isola, per poterlo legare con Gleipnir la catena che lo avrebbe tenuto legato fino al Ragnarok Tyr dovette infilargli il braccio in bocca in segno di fiducia, tuttavia quando il lupo si trovò legato staccò di netto il braccio al dio che fino a quel momento lo aveva sfamato durante il periodo trascorso ad Asgard, era in grado di parlare e pensare come un essere umano, il suo destino è di divorare Odino nella battaglia finale e morire per mano di Viorr del figlio di quest’ultimo.
    18 Persefone: Figlia di Zeus e della sorella Demetra, fu rapita da Ade di cui successivamente diventerà moglie, è la dea della primavera, visto che la madre la voleva accanto a sé e che fu rapita dal fratello sotto consiglio di Zeus stesso Demetra ottenne il permesso di poterla riavere dall’oltretomba per due periodi all’anno, nei due periodi prestabiliti la terra germogliava e dava frutti e fiori mentre nei due periodi che la dea passava con il marito il mondo rinsecchiva e diveniva sterile nacquero così le stagioni.
     
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    Ringraziamenti

    Mi sembra doveroso ringraziare un po' di persone per il sostegno datomi. in primis ringrazio nuovamente shane per avermi concesso gratuitamente questo piccolo spazzino piccino picciò nel suo forum per la mia storia, in secondis ringrazio the-dragon. mister e Sten per avermi sopprotato durante i deliri mitologici in chat... per dragon è stata più dura visto che ha dovuto sopportarmi pure nella vita di tutti i giorni.
    ringrazio Huawei in particolare per i device Y300 e P7 che hanno reso materialmente possibile scrivere everywhere una menzione speciale va ad OfficeSuite Pro (che per fortuna ho acquistato tempo fa quando costava solo 11€... la seconda volta la prima aveva un prezzo molto simile), ringrazio quanti di voi hanno voluto prendere parte a questa storia, affidandosi esclusivamente al mio buon senso e buon gusto per cui grazie a: Stella, Ahmpharos, Nathan, Ichu Shane, the-dragon e mister.
    un ultimo ringraziamento se mi è concesso va a tutti coloro che hanno letto e apprezzato questa Fan Fiction anche senza aver commentato o messo un +1, un'ultima menzione speciale va ai libri da me utilizati per il glosario e sono:

    • dizionario illustrato di mitologia classica greco romana, Gribaudo tempolibro

    • dizionario delle divinità dell' antico Egitto. Le divinità, l'iconografia, i rituali di Mario Tosi Anake editore

    • Dizionario di mitologia germanica, di Claude Lecouteux Argo editore

    • Enciclopedia dei mostri giapponesi, di Shigeru Mizuki


    La storia è finita, ma ho ancora una sorpresa per voi quindi state attenti e chissà che qual'cosa non arrivi

    saluti e baci.

    Phoenix
     
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    Come sai sto rileggendo la storia da capo quindi sono ancora un po' indietro, ma in ogni caso complimenti per questo traguardo e spero che farai altre fan fiction in seguito perché scrivi davvero molto bene :sisi:
     
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  5. Froslass
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    Mio dio!!! Questa Fan Fiction è stupenda, è la migliore che io abbia letto. Complimentoni!!! :applausi: :applausi: :applausi:
     
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    ex principe dei forum

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    E' così finisce l'era dei titani per dare spazio al preludio del caos :D
    Fos è stato promosso a dio del crepuscolo con il suo barbagianni :asd: e bhe erano carini lui e calipso quando combattevano a sangue(?)
    Mi congratulo con Amir ed Elly per essere diventati i re dell'egitto ed auguro tanta fortuna ad Aysha che bhe, da quando è nata non sembra proprio essere sotto una buona stella
    Zeus & co. alla fine sono diventati buoni amici con Fos & co., insomma tutto è bene quel che finisce bene xD
    Xavier forse è stato un po' troppo duro con se stesso... insomma capisco sia morto il suo allievo ma in fin dei conti non l'ha spinto lui in battaglia.

    Una menzione speciale però la farei alla viverna, ha dimostrato di essere all'altezza dei draghi. Poverine loro, sono sempre così discriminate perchè i loro cugini sono più famosi u.u

    Complimenti a Phoenix per aver continuato e creduto fino alla fine nel progetto anche se più volte non è stato ripagato e ci vediamo per la sorpresa e per il continuo della serie, perchè si è capito ormai che non può finire così con Caos impazzita xD
     
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    Capitolo Extra 3: La maledizione del sole – Parte I

    -L'Egitto ha perso di vista la via- il dio del sole era seduto sul trono, al centro della barca solare -forse hai ragione padre, tuttavia... mi sembra avventato punirli, la carestia ha decimato il loro bestiame, penso si possa mostrare loro un po’ d’indulgenza- Hapi1 il dio del Nilo era prostrato davanti al dio falco, l'acconciatura simile ad un'anfora toccava i giunchi del ponte, la pelle color del bronzo tesa dal nervosismo. Ra sollevò il pastorale che fino a quel momento era rimasto appoggiato al bracciolo del trono -Basta! Ho sentito abbastanza, L'Egitto sarà purificato questa è la mia ultima parola-. Hapi si mosse leggermente a disagio -Ma padre, riconosco che hanno profanato i templi e negato la nostra esistenza ma faccio appello...- Ra lo zittì con un gesto annoiato della mano -la questione è chiusa Hapi. Nomino quindi mia figlia Sekmeth come mia agente per la purificazione, così ho parlato. Alla destra del trono la dea dalla testa di leonessa si inchinò davanti al padre -come desideri, come dea del calore solare punirò gli infedeli-.

    "Quelli che seguirono furono i giorni più bui per l'intero regno del Nilo, la leonessa decimò la popolazione, non importava che tu fossi nobile, un umile allevatore di buoi o addirittura il faraone stesso. I primi giorni del castigo divino furono guidati dalla giustizia, ladri assassini, traditori, tutti furono trattati allo stesso modo: gli sgozzò e lasciò che i loro corpi sfamassero gli avvoltoi, la gente prese l'evento con benevolenza, ma era solo l'inizio i giorni che seguirono furono un autentico abominio, Sekmeth iniziò a divorare le sue vittime e berne il sangue, non c'era salvezza una volta che la dea ti aveva scelto come suo trofeo non esisteva salvezza".

    Una bambina di appena otto anni posò il rotolo -Hasad, non capisco perché dovrei leggere questa vecchia storia, so come va a finire: Ra si pente vedendo la furia di sua figlia una volta addormentata la dea la divide in due entità Hator, dea dell'amore e Sekmeth la dea della guerra- sbuffò la bambina sistemandosi i lunghi capelli neri, gli occhi gialli puntati sul sacerdote calvo che passeggiava avanti e indietro accarezzandosi il finto pizzetto -Rashja, per l'ultima volta, è importante che tu conosca questa storia, solo così conoscerai il motivo dei tuoi incubi- la bambina si prese una ciocca tra le dita, sembrava molto più interessante della noiosa lezione di storia. -ma io nemmeno c'ero, è successo dieci anni fa tutto questo... e poi io dormo benissimo-. Era una bugia, era da molto tempo che non dormiva serena, i suoi sogni erano sempre legati al sangue, e le leonesse una voce folle a volte la faceva davvero arrabbiare. Rashja aveva perso la sua famiglia, non riusciva a ricordarsi come, quando ci pensava le veniva sempre un forte mal di testa e rinunciava. Aveva appena quattro anni, riusciva a ricordarsi a stento il volto dei suoi genitori, sua madre era una donna bellissima le somigliava molto, i capelli lunghi e castani, gli stessi occhi color ambra, ricordava il suo dolce sorriso. Non ricordava il suo nome come se qualcuno lo avesse grattato via dalla sua mente, suo padre era un principe del cachemire, riusciva a ricordare benissimo lo splendido palazzo in marmo rosa, i suoi interni in lucido marmo di un paese lontano, Etru2... qualcosa le aveva insegnato Hasid, era con lui da qualche mese e si dedicava anima e corpo alla sua educazione. Era arrivata da poco in Egitto, il fratello di suo padre Aziz l'aveva venduta come schiava per pagare i suoi debiti di gioco, si era trovata così incatenata sottocoperta in una trireme diretto verso l'Egitto. Ricordava tutto di quei giorni un inutile architetto che la picchiava e la sottometteva. Lei soffriva e lui se la rideva, lei era così pesta e dolorante che perfino addormentarsi la faceva urlare dal dolore e quell'inutile architetto si ingozzava di cibo succulento, mentre a lei toccavano solo quelle poche croste che servivano per mantenerla in vita. -voglio che tutto questo finisca!- urlò prima di addormentarsi. Quella fu la prima notte che udì quella voce dentro di lei, non si presentò ma parlarle era doloroso, non come i soprusi o gli stupri, era un livello tutto nuovo, il suo corpo non provava dolore com'era ormai abituata, ma sentiva l'angoscia soffocarla. L'oscurità di quel luogo era opprimente il silenzio era terrificante. -c'è nessuno?- balbettò, nessuno le rispose mosse un passo alla cieca, non stava di certo camminando sulla terra ferma, i suoi movimenti erano legnosi un qualche tipo di melma la rendeva goffa. La paura iniziale sembrò sciogliersi poco a poco, ora quello che la bambina desiderava era tornare al suo mondo di dolore, una sofferenza sopportabile. Avanzava a tentoni nell'oscurità "questa è la mia mente? O è un altro posto? E se non riuscissi a tornare indietro?" Questi e molti altri dubbi la portarono alle lacrime. -che musica soave- una voce che definirla folle sarebbe stato un complimento la circondò -Amara?! Non è possibile!- esclamò. La bambina ricacciò indietro le lacrime -c'è qualcuno allora! Chi sei?- la voce non rispose -vuoi farmi del male?- questa volta la misteriosa interlocutrice rise -oh sì, piccola, vorrei ucciderti- Rashja fu scossa da un brivido ma non fuggì -e allora perché non lo fai signora voce?- domandò più incuriosita che spaventata, la risposta tardò parecchio ad arrivare -se lo facessi sparirei con te, sciocca bambina, ora dimmi perché sei venuta qui nella tua mente? Il tuo Ba è molto forte per una bambina così piccola-. Rashja non rispose ma tese un braccio davanti a se come per cercare l'interlocutrice, la bambina avvertì una sensazione fredda, quindi sul suo braccio fiorirono quattro lunghi tagli sanguinanti come fiori su di un campo, la piccola cacciò un urlo agonizzante -che profumo meraviglioso, il tuo sangue... un giorno lo berrò- Rashja fece un passo avanti -non puoi farmi più male del mio padrone e non puoi uccidermi, quindi perché mi hai graffiata?- avvertì chiaramente la forte stretta dell'entità attorno al tuo collo -dovresti essere terrorizzata, dimmi il tuo nome- le ordinò continuando a stringere la presa -Rashja- la sua aguzzina sembrò soddisfatta -cosa vuoi Rashja?- -smettere di soffrire- rispose prontamente. La voce nella sua mente ridacchio -ti offro allora una via d'uscita: lascia che mi occupi io di tutto- il tono con cui l'aveva proposto la fece indietreggiare la bambina intimorita -mi farà male?- domandò dopo una lunga riflessione. -no, sarà come addormentarsi-. Qualche anno era trascorso da quell' "incontro" la mattina seguente si risvegliò nella sua cella, capì di essere imbrattata di sangue ed era stranamente sazia, nella sala principale erano radunati i cadaveri squartati della famiglia dell'architetto, il sangue aveva macchiato anche l'alto soffitto gli organi interni e le viscere sparse per la stanza furono più che sufficienti per darle il volta stomaco, dopo essersi ripulita dal rigurgito pianse per la sorte dei suoi aguzzini. Gli odiava ma nessuno meritava una fine del genere. Da quel giorno prese a viaggiare per l'Egitto, non aveva dove andare, non aveva nessun parente in quella terra che le aveva riservato Kohl3 sofferenze. Si trovava a Bubasti era seduta nei pressi del mercato ad elemosinare quando Hasad la trovò e ne ebbe compassione. -Rashja, tutto bene?- la bambina si accorse di essere seduta nella calda biblioteca del suo benefattore e annuì -stavo solo tentando di ricordare- ammise -ancora nulla?- domandò gentilmente la bambina scosse la testa delusa Hasad si tormentò la fronte in cerca di un'idea per aiutare la sua giovane pupilla. -Hasad, ho sonno... potrei andare?- chiese, l'uomo la guardò quindi le sorrise -certo, se hai bisogno mi trovi qui, che Nut4 ti protegga piccola- le diede un buffetto affettuoso. Appena la bambina fu uscita dalla stanza la testa di Hasad mutò, si ricoprì di piume bianche il cranio si allungò fino a che al posto della testa calva dell’uomo non rimase quella di ibis -non so quale sia il tuo piano Sekmeth ma non illuderti, Rashja è molto più forte di te- sospirò un babbuino irruppe nella sala -dorme?- domandò il dio il babbuino scosse la testa -lo immaginavo, ha paura... basta lezioni di storia-. Il mattino seguente il dio aveva riassunto il suo aspetto mortale -buon giorno, dormito bene?- la bambina addentò una mela -si, il letto è molto meglio che dormire per strada-rispose mandando giù il boccone e addentando un pezzetto di miele -dimmi, chi è che non dovrebbe uccidere? Sai lo hai mormorato nel sonno- la interrogò passandole dell'uva. Rashja si irrigidì come se l'avessero frustata -i-io non lo so, c'è...- Lasciò la frase in sospeso -no, niente- Hasad le versò un bicchiere di succo -non mi crederesti, ecco tutto- l'uomo le sorrise -sono una mente aperta, mettimi alla prova-. Rashja posò il bicchiere vuoto, guardò il suo commensale, improvvisamente sembrava una persona diversa, più saggia, qualcosa le diceva che in realtà conoscesse già tutto ma che volesse una conferma da lei. -e va bene, un paio di anni fa mio zio Aziz mi vendette ad un architetto, quell'uomo mi ha... non importa, mi hai insegnato a lasciarmi il passato alle spalle- fece una pausa perché si accorse che stava tremando, era più facile a dirsi che a farsi. -Ho visto le tue ferite, ma adesso sei al sicuro- Rashja scattò in piedi -no, ti sbagli io non sarò mai al sicuro, ho visto accadere una cosa orribile, non riesco a ricordare di averla fatta, però so che è così-. Pianse sentiva la presenza minacciosa dentro di lei svegliarsi "Sta ficcando il naso... o forse dovrei dire il becco?" Le bisbigliò -vattene, non ti voglio parlare mai più!- Urlò. Hasad la raggiunse -va tutto bene, tu sei molto più forte di così- la incitò -VATTENE! non voglio farti male- lo implorò "Voglio il sangue di quel pennuto" questa volta la voce non fu solo dentro la mente della bambina, ma tutta la stanza si riempì di quella voce folle. -Rashja ascoltami, io posso insegnarti a resisterle, ma devi riuscire a ricacciarla indietro- le appoggiò una mano sulla spalla -Fa... male, mi sembra di andare a fuoco!- si lamentò -lo so, ma ascoltami, concentrati sulle mie noiosissime lezioni di storia, la tua mente è forte!-. Il respiro di Rashja cambiò ritmo, si fece più lento e rilassato fino a che anche l'espressione dolorante si rasserenò. -straordinario, resistere ad una dea alla tua età, hai quanto sette anni?- domandò Hasad -ne ho otto- bofonchiò la bambina offesa -oh, scusa e... perdonami se ti ho ingannata, permettimi di presentarmi di nuovo- L'uomo assunse la sua forma divina -Thoth, dio della scrittura, della scienza e della magia-. L'ibis le fece l'occhiolino -oh dei!- Rashja si gettò ai piedi del dio -ti devo tutto mio signore- -ehm sì, sono contento che apprezzi, ti voglio bene e poi sei molto intelligente- rispose in imbarazzo dall'adorazione della sua pupilla. -se vuoi puoi chiamarmi Thoth o Hasad, ma non mio signore, ti prego siamo amici- le sorrise -grazie mi... Thoth- si corresse subito. -sei stanca?- Rashja annuì -ma le tue lezioni sono più noiose- il dio ibis arruffò le penne indignato ma cambiò subito atteggiamento -la voce dell'innocenza si dice- ridacchiò -vuoi andarti a riposare?- -no, sto benissimo dimmi cos'era quella cosa- Thoth non rispose -la domanda non è chi, credo sia piuttosto chiaro chi sia- rispose mangiando un frutto -era Sekmeth, la parte malvagia di Hator giusto? Ma cosa ci fa dentro di me?- l'uccello sorrise orgoglioso -hai centrato subito il punto, come ti ho detto sei molto dotata, sarebbe stato uno spreco se fossi morta a Bubasti- si complimentò, Rashja arrossì per il complimento anche se le fece molto piacere -non so cosa ci faccia dentro di te, so tutto quello che avviene in Egitto... eppure questo mi sfugge- si accarezzò il mento pensoso -dove avrebbe dovuto essere?- -dento la gran sacerdotessa di Ra, Amira- rispose senza neppure smettere di grattarsi il mento -potremmo parlare con lei allora- propose la bambina -no, non possiamo ha scelto di andare in esilio per allontanare la dea dall'Egitto- -questa non è la versione del mito che conosco- sospirò Rashja abbattuta -e dimmi che fine faceva Sekmeth nella tua versione?- la bambina ci pensò e ripensò -La mamma non me lo diceva mai-. Il dio scosse la testa -non sappiamo da dove arriva ma posso insegnarti a resisterle però farà male-. Rashja era stanca di soffrire ma non voleva che qualcun'altro facesse la fine del suo padrone, guardò i datteri che aveva ancora nel piatto, tutto ad un tratto non erano poi così appetitosi -sono abituata a soffrire-. Thoth la condusse in biblioteca cercò tra gli scaffali qualcosa che trovò subito: un pugnale dalla lama serpeggiante, l'impugnatura era formata da una testa di leonessa nera ricavata nell'ossidiana -questo pugnale era di Amira, l'ho trovato da un mercante ad Amanra qualche settimana prima di incontrarti- spiegò -è un bel pugnale, e indoviniamo dovrò provarne la lama?- tentò la bambina -acuta, devo inciderti una bella cicatrice, dove la preferisci?- la bambina senza pensarci due volte si tolse la tunica ed offrì la schiena al dio - questo ti farà molto male, è un pugnale consacrato ad Hator, quindi è il contrario di tutto quello che Sekmeth rappresenta, vuoi ancora procedere?- -non posso tornare indietro- rispose la piccola -mi chiedo chi sia la leonessa tra voi due-. Il dio della conoscenza fece per iniziare ma si fermò -quell'anello... è tanto che lo hai?- la ragazza guardò la sua mano sinistra l'anulare era cinto da un anello a forma di leonessa due rubini fungevano da occhi per la fiera -fin da quando ho memoria, l'ho sempre visto al dito- Thoth lo sfiorò appena e subito la bambina gemette mentre il dito cominciava a fumare -un sigillo bello strano- mormorò, tentò nuovamente di toglierlo ma si fermò quasi subito quando vide l'espressione straziata della fanciulla e suo dito scorticato, senza che il gioiello si fosse smosso di un millimetro -NO, l'anello resta... non provare mai a toglierlo- gridò allarmato -contaci- rispose la ragazzina pallidissima le lacrime le rigarono il volto ma non aveva emesso un suono -potevi urlare sciocchina!- la rimproverò Thoth -scusa pap... ehm Thoth- gli regalò un sorriso -stavi per chiamarmi papà?- -nient’affatto tu sei noioso ricordi?- replicò la bambina asciugandosi gli occhi -sei carina quando sorridi- commentò il dio -e tu sei più carino con le piume che con la testa pelata- rise l'altra. Quando entrambi si furono calmati il dio incise sulla schiena della sua pupilla il muso stilizzato di una leonessa. Benché la cicatrice bruciasse come il fuoco Rashja non urlò ne pianse, semplicemente assunse una faccia trova durante tutta l'operazione. Una volta che la cicatrice campeggiava sulla sua schiena Rashja svenne come se la ferita l'avesse privata di ogni goccia d'energia. -Buongiorno, dormito bene?- la ragazzina annuì debolmente -hai dormito per quasi cinque giorni, la cicatrice che ti ho fatto è permanente- -non importa, ora quella cosa non potrà più...?- Rashja tentò di sedersi sul sacco di piume che le serviva da materasso ma crollò -sei ancora debole -senti Thoth, tu hai figli?- La domanda lasciò spiazzato il dio -no, ma se fossero come te ne sarei orgoglioso- le rispose baciandole la fronte -hai detto che questo è un sigillo, cos'è? Chiese guardando l'anello -è un'oggetto che serve per entrare in contatto con il dio che ha infuso l'anima nel sigillo- -stai dicendo che potrei usare quest'anello per usare i poteri di Sekmeth?- Thoth annuì -un'anello può evocare l'animale del dio infuso in esso, poi esistono le monete, quelle sono le più complicate, ti permetteranno di usare il dominio del dio- -quindi il mio anello può richiamare le leonesse, se avessi una moneta potrei usare qualcosa come la luce?- -Esatto piccola Rashja infine esistono gli amuleti, sono in grado di richiamare l'arma di un dio- completò. Rashja annuì continuando a guardare l'anello al suo dito -puoi insegnarmi ad usarlo?- chiese a bruciapelo -certo, anche se, non esiste un modo corretto di usare questi oggetti, per lo più si basa sulla fantasia dell'utilizzatore o la sua affinità con il dio- -posso avere il tuo sigillo?- Thoth scosse la testa -per quanto vorrei accontentarti ho già assegnato una moneta ad un'altra persona, in più sarei in contrasto con l'anello di quella put... pazza furiosa-. Rashja ne sembrò molto dispiaciuta -non mi dire che hai bisogno di un oggettino per capire che ti sono amico?- la bambina sembrò mitigare la delusione e scosse il capo -molto bene, il tuo addestramento anti dea inizia domani, una volta che avrai fortificato la tua mente ci saranno ben poche cose che non potrai fare con il tuo anello-. Il giorno seguente Rashja ritrovò le forze, quindi seguì il dio in biblioteca -ti spiego in cosa consiste il tuo addestramento: dobbiamo rendere la tua mente impermeabile alle sue lusinghe, l'unico modo per farlo è distaccarsi da ciò che potrebbe farti soffrire in altre parole la freddezza, devi essere obbiettiva non lasciarti sopraffare da quello che provi o da quello che vedi-. Il primo tentativo fu un disastro, Thoth creò l'illusione di sé stesso morto Rashja corse subito al capezzale del dio, che subito si tramutò in un nido di serpi -Rashja devi disciplinarti- la rimproverò spezzando l'incantesimo. Ci vollero giorni prima che la bambina imparasse a dominare le sue emozioni e riuscisse a trovare il suo maestro all'interno delle illusioni. -Hai fatto progressi formidabili- si congratulò -un'ultimo esercizio e poi pranziamo?- Rashja acconsentì. Gli esercizi ormai erano fin troppo facili, era come giocare a nascondino ormai. Quest'ultima illusione era diversa da tutte le altre, si trovava in una grande sala il pavimento in marmo colonne dello stesso materiale si innalzavano da terra sorreggendo un alto soffitto a cupola. Statue di grandezza naturale erano disposte ai lati come sentinelle -Thoth?!- si accorse di provare un'inspiegabile senso di disagio in quel posto –calmati! Rashja calmati!- prese a recitare come un mantra il salone terminava in un podio, una coppia di sedie di legno ricoperte con una foglia d'argento -che posto interessante non trovi?- la voce stridula della dea non proveniva più da dentro la sua testa ma da dietro di lei. Si voltò e non vide nulla -avanti, vuoi affrontarmi giusto?- la dea leonessa continuava a schernirla ma non si vedeva da nessuna parte. -BASTA! Fatti vedere- urlò, come per accontentarla qualcosa tentò di graffiarla, ma la bambina riuscì a schivare l'unghiata. Accanto a lei ora c'era una seconda Rashja, era diversa era lei, ma in parte era anche una leonessa. -sei davvero diventata più brava, hai evitato il colpo questa volta... non riuscirai a tagliarmi fuori dalla tua mente, io sono una dea e tu una sciocca mocciosa-. Ora che vedeva quella forma di Sekhmet in qualche modo si sentiva più tranquilla, non disse nulla, rimase ferma al suo posto, era disarmata e molto meno potente di una dea, ma forse era più furba. -Lo sai, mi irrita non vederti terrorizzata al mio cospetto. La luce filtrava dalle finestre della sala, niente che potesse aiutarla a meno che... la bambina corse contro la sua nemica che rimase stupita e reagì con lentezza, e prima che riuscisse ad attaccarla una la luce si trasformò ed una leonessa le artigliò la schiena cadendo dall'alto. -TU OSI TANTO?!- Rashja rimase ferma intimorita da quel cambiamento di tono. La leonessa si voltò nella sua direzione e le ruggì contro, e ancora prima di riuscire ad elaborare il concetto di una fuga il felino le morse una spalla gettandola a terra. Faceva male, ma il dolore l'aiutò a mettere a fuoco si trovava nella SUA mente la stessa mente che aveva imparato a controllare -bene, vediamo se quello che dici è vero, ma ti spiego una cosa: questa è la mia mente!- dal nulla serpeggiarono grosse catene che si avvinghiarono attorno al corpo della falsa Rashja legandola alla colonna più vicina a più mandate. -quanto pensi che ci metterò a liberarmi?- le urlò furibonda, ma gli insulti e le minacce della dea sembravano già distanti secoli, chiuse gli occhi e quando gli riaprì era stesa sul suo letto -ciao, le lezioni funzionano- sorrise all'ibis preoccupato che la sovrastava -maledizione Rashja mi hai spaventato, hai smesso di respirare e ti sei accasciata al suolo- il dio le accarezzò i capelli sollevato -scusa pensavo di essere una tua illusione ero tranquilla poi però...- si guardò la spalla: il segno di un morso le deturpava la pelle -il sigillo non funziona-. Thoth non l'ascoltava più -basta, Rashja devi solo recuperare le forze!- era la prima volta che lo vedeva così arrabbiato -io devo partire!- la bambina era convinta di quello che diceva -per andare dove? Se non è di disturbo- Rashja spiegò dell'luogo in cui aveva combattuto Sekhmet e di come fosse simile al palazzo dei suoi ricordi -la cosa non può essere casuale- insistette -è fuori discussione, sei troppo piccola per andare in giro per il mondo da sola, rimarrai qui completeremo l'addestramento. L'argomento è chiuso- stabilì -ma...-tentò di controbattere -ho detto chiuso- Rashja mise il broncio e si voltò dall'altra parte -va bene, continua con le tue stupide lezioncine papà- gracchiò. I giorni passarono e la tensione sembrava non essere mai avvenuta, i giorni diventarono settimane e le settimane mesi. Come promesso era diventata molto più brava con il sigillo, riusciva ad evocare almeno quattro leonesse allo stesso tempo e non le costava nessuna fatica, gli attacchi mentali del suo demone erano diventati molto più rari, rimanendo tuttavia molto faticosi da contrastare. -Sono fiero di te, è giunto il momento, devi cercare la tua strada, sappi che esiste un luogo dove potrai affinare le tue arti- -di che posto si tratta?- -il tempio degli dei, al livello attuale non mi stupirebbe se diventassi una guida, potresti addirittura ambire alla carica di oracolo- il dio ibis la guardò con orgoglio -se vorrai arrivarci, sappi che tutto quello che ti serve lo hai già- quindi prese un fagotto e lo passò alla ragazza -un regalo da parte mia- sorrise. Il pugnale che aveva usato per inciderle la schiena -è più utile a te che a me- Rashja lo abbracciò -grazie di tutto papà- -hey, mi hai chiamato papà?- -nient'affatto, tu sei noioso ricordi?- l entrambi dovettero voltarsi per nascondere le lacrime. Era il suo decimo compleanno, e lo stava trascorrendo nel migliore dei modi: seduta all'angolo della piazza del mercato di Tebe ad elemosinare per un pezzo di pane. Aveva abbandonato le speranze di mangiare per quel giorno quando un uomo vestito di bianco non si chinò e le passò un otre d'acqua e del pane -tutto bene piccola? Hai perso la tua famiglia?- le chiese l'uomo -non ho una famiglia- rispose secca -oh mi dispiace, da quanto stai per la strada?- continuò -due anni oggi- rispose ingozzandosi con un pezzo di pane e conservando il resto -e non fai nulla per attirare la gente?- la bambina scosse la testa -un mio amico mi ha insegnato dei trucchi di magia, niente che possa interessare- -bene, mi chiamo Azhar, sono... non importa- un secondo uomo vestito di bianco si avvicinò -che succede fratello?- domandò il nuovo arrivato -niente, mi facevo una nuova amica- -quanto è che non mangi?- le chiese il nuovo arrivato -circa tre giorni- rispose assente -hey ragazzina hai un bel coltello lì-notò Azhar -ti va se ti addestrassi un ad usarlo, vivendo per strada ti servirà, tu in cambio mi farai vedere quei trucchi di magia ci stai?- uno sconosciuto le offriva lezioni di combattimento, cos'aveva da perdere -devo andare ad Amanra- protestò -facciamo così il viaggio durerà settimane lo faremo insieme -ehy Akhen, vieni anche tu? sarà divertente tu io e la piccola orfanella- domandò -lo sai che non posso ma tu divertiti per qualche settimana sopporterò questa straziante separazione- ridacchiò. I due partirono poco dopo, Azhar volle subito vedere i suoi numeri, fece sparire una decina di monete sostituendole con datteri -straordinario, hai una rapidità di mani davvero interessante ora esercitati ad estrarre il pugnale con la stessa rapidità- i giorni passarono e l'abilità con il pugnale aumentava -guarda Azhar- lo chiamò interrompendo bruscamente una storia su di una grigliata di carne -cosa?- la bambina indicò un cobra a pochi passi da loro -il mio amico mi ha insegnato a incantarli- la bambina si mise di fronte al serpente e cominciò a far ondeggiare una mano, chiudendo le dita sul pollice quindi la fece ondeggiare ritmicamente variando di tanto in tanto l'altezza. Il cobra dopo un minuto o due prese ad imitare i movimenti della mano della ragazzina -davvero impressionante- mormorò la ragazza non ancora soddisfatta iniziò a danzare ancheggiando e muovendo sinuosamente il bacino, in movimenti che effettivamente ricordavano lo strisciare di un serpente, il rettile iniziò a "danzare" seguendo i movimenti leggiadri della bambina. -so fare dei “trucchi” che però non interessano- le fece il verso -ma sono fantastici!- il -cobra si agita se vede tanta gente, e credo lo infastidiscono le urla- Rashja si chinò ed accarezzò il cappuccio al serpente -ma sei stato bravissimo a presto- lo salutò con la mano. Azhar aveva già spiegato tutto quello che gli veniva in mente, affondi, finte parate, fendenti insomma tutte le tecniche di base la ragazza era già sgusciante come un’anguilla per cui ben presto i due si trovarono ad allenarsi assieme -lo sai, mio fratello ha una bambina di quattro anni, quando sarà più grande le insegnerò tutto quello che so-. Se le avessero chiesto se preferiva combattere o rafforzare la mente, Rashja non avrebbe saputo rispondere, erano due cose molto simili, ma anche totalmente diverse. -che cosa ci vai a fare ad Amanra?- erano ad un giorno di cammino -devo trovare il mercante che possedeva il mio pugnale, è una lunga storia, ma non ricordo molto dei miei genitori, ma credo che questo c'entri con loro-. L'indomani Azhar si fermò alle porte della città -bene, il nostro viaggio è concluso... dubito che troverai mai un ladro più abile di te potresti arruolarti nella guardia del faraone-. -Grazie Azhar, salutami tuo fratello e ti auguro fortuna e pace- disse -ti auguro di trovare ciò che cerchi piccola maga-. La piccola città si sviluppava sulla costa del mar rosso, "trovare il mercante... e quanto difficile vuoi che sia?" Si disse, cambiò subito idea appena attraversate le porte della città, il Bazar si estendeva per tutta la città, non solo nella piazza principale -oh dei!- esclamò nessuno la notò tranne un insolito vecchio che sembrava seguirla da quando aveva preso la via del molo. Ovunque girasse lo sguardo era lì ad osservarla, corse in un squallido vicolo, si appoggiò al muro della casa più vicina per riprendere fiato, -Per Anubi, ma sono gemelli?!-. Il vecchio che la seguiva aveva decisamente un gemello, l'esatta copia di quell'uomo aveva sbarrato l'uscita del vicolo, mentre l'altro era appostato all'ingresso a pochi passi da lei. -salve, posso aiutarla?- lo salutò con il fiatone -salute a te Sekhmet- il vecchio si inchinò, la ragazzina sbiancò quel vecchio chi era? Conosceva un segreto che solo Thoth conosceva -chi diavolo sei?- Rashja guardò sopra di se: adorava le case della povera gente, erano così basse e lisce, nulla di difficile da superare per una leonessa. Il vecchio sorrise, il naso aquilino le ricordava il becco del dio della conoscenza, ed ebbe paura di ridere in faccia al nonnino inquietante, purtroppo le somiglianze si fermavano lì, gli occhi scuri brillavano di una luce sinistra, in più quel modo di fissarla, la guardava come se fosse una coscia di pollo ben cotta il suo sorriso sembrava solo un prolungamento delle profonde rughe. Indossava una tunica, lunga fino ai piedi indossava un Nemes da sacerdote: un copricapo a forma di birillo dello stesso colore della tunica, una collana con un disco solare gli pendeva dal collo. -sei un sacerdote di Ra?- domandò -esatto mia signora- rispose con tono languido -io non sono la signora di nessuno!- prima che il vecchio sacerdote potesse fare un passo una leonessa si materializzò al suo fianco, vi balzò in groppa e balzò sul tetto della casa -Thoth aveva ragione, non è stata una grande idea- affondò la testa nel morbido pelo della felina, che sembrava in grado di comprenderla -dobbiamo seminare quei due!- esclamò come se si fosse ricordata in quel momento che stava scappando. La leonessa saltava da un tetto ad un altro con precisione ed una leggiadria uniche fino a quando non fu colpita da una freccia proveniente dal tetto successivo a quello in cui si trovava lei. Guardò con orrore l'arciere: era lo stesso uomo. -no, non è possibile! Chi è quel tipo? O cos'è?!- esclamò rimettendosi in piedi dopo la caduta. In un attimo i sacerdoti le furono attorno. In quel momento per la prima volta da quando lo aveva visto percepì chiaramente l'essenza del suo vecchio maestro -una moneta...- disse sottovoce -come dici Sekhmet?- -sto dicendo che ti nascondi dietro il potere della moneta di Thoth non è così? E mi spiace deluderti, ma non sono una dea assassina, sono semplicemente me stessa, il mio nome è: Rashja vedi di non dimenticartelo- il sacerdote di Ra non mosse un muscolo, non era minimamente interessato alla ragazza ogni sua parola le scivolava addosso -non so come tu stupida mocciosa riesca a tenere sotto controllo una dea come Sekhmet, ma io al contrario di te userei quel potere- "userei?! Non farmi ridere inutile vecchio, Rashja di al sacerdote di mio padre di lasciarci in pace". La bambina impietrì, però si avvicinò di un passo -senta, la sua dea mi ha detto che ci deve lasciare in pace, mi creda è per il suo bene- lo ammonì come le aveva suggerito la dea -no, non credo che ti ascolterò bambina, vedi tu hai solo un misero coltellino, ma noi siamo in cinque e armati- "Quanto sei patetico mortale, Rashja potresti sbarazzarti del vecchio da sola, ma io non mi divertirei, ti va se stringessimo un bel patto?" "Io voglio controllarti, se accetti che io ti controlli e guri sul Maat di non uccidermi e di aiutarmi in caso di bisogno è andata" ribatté la bambina "Tu mi controllerai se riuscirai a farlo, in quanto al mio potere useremo sia la tua che la mia energia per il fatto di ucciderti... ovvio non voglio sparire da questo mondo". Avvertì la dea legata nella sua mente che porgeva il braccio. "Facciamo così, deciderai tu quando scontrarti con me per il tuo corpo, voglio che tu sia al massimo delle tue capacità… non vedo l’ora di avere di nuovo un corpo!" la sentì ghignare nella sua testa. La ragazzina sapeva già che se ne sarebbe pentita ma dubitava di riuscire a far scucire un patto migliore alla dea "andata, una volta che ti avrò sconfitta rivedremo tutto il nostro accordo" le rispose prendendole il polso straordinariamente disarmato. "Accetto, ora concentrati, svuota la mente e tranquillizzati, molto bene avverti i miei pensieri?" Rashja non rispose era persa in un ricordo della dea: Ra e una ragazza sulla ventina era in piedi accanto a Ra, il dio del sole entrambi guardavano verso di lei dall'alto in basso con uno sguardo diverso, il dio aveva uno sguardo duro e severo, quello di un padre deluso del figlio, la ragazza invece era disgustata ma una fiamma ardeva negli occhi ambrati, un coraggio senza misura. -Ho seguito il tuo volere padre, non capisco- Rashja capì quella in ginocchio legata era la sua dea Sekhmet -non capisci?! Certo che non capisci, hai ucciso esclusivamente per il tuo divertimento, il sangue di innocenti bagna le tue labbra- ruggì il falco -ho solo eseguito gli ordini purificare l'Egitto gli umani, sono imperfetti quindi impuri li ho eliminati come insetti- Ra scosse la testa -è per questo che noi dei esistiamo, dobbiamo mostrare la via alle nostre mandrie non mandarle al macello... figlia... anzi no, tu non sei mia figlia!- replicò stoico -sappi che per il tuo operato verrai sigillata per sempre- continuò il dio del sole guardandola dall'alto in basso -padre, voi siete miope, accordi la tua benevolenza a queste creature imperfette!- urlò scoprendo le zanne -Amira, come mia gran sacerdotessa porterai il fardello di questa punizione?- La sacerdotessa che era rimasta in silenzio accanto al dio si prostrò -sarò lieta di servire te e l'intero Egitto, porterò con me questo morbo lontano dalle terre del Nilo-. Queste parole furono sufficienti, Ra impose una mano sulla figlia e l'altra sulla sua sacerdotessa. Rashja non poté far a meno di notare nuovamente la somiglianza tra lei e quella giovane sacerdotessa. Fu distratta dalle urla agonizzanti della leonessa che venne letteralmente divisa in due, mano a mano che il rituale procedeva una leonessa di colore scarlatto si materializzava di fronte al dio falco quando l'animale fu totalmente formato Ra l'afferrò per il collo e spinse con forza dentro Amira che non diede nemmeno un gemito, sulla schiena della sacerdotessa cominciò ad aprirsi una cicatrice, la stessa cicatrice che Thoth aveva inciso sulla sua. Giunti a questo punto la ragazzina non ebbe più alcun dubbio: Amira, la stessa identica Amira di cui aveva letto la storia era sua madre. -Perché? Perché Thoth non mi ha detto nulla?!- si accorse di star piangendo -Mamma!- urlò -Sono qui, sono Rashja... La tua Rashja- le corse incontro per abbracciarla, ma le sue braccia l'attraversarono. Si era trovata mille volte in un'illusione, ma questa era diversa avrebbe finalmente saputo tutto! La sua nemica più intima conosceva la risposta a tutte le sue domande, doveva solo concentrarsi e restare lucida e avrebbe saputo. Rivisse la nascita di Hathor e la nascita del pugnale nero, attraverso gli occhi della madre, il suo viaggio verso una terra aldilà del Mar Rosso, vide il volto dell'uomo presso di cui sua madre trovò impiego come cuoca, un volto bello e gentile, i capelli corvini e la pelle caramello erano uguali ai suoi lineamenti, era un principe ed era solare e straordinariamente interessante i suoi modi umili e bhe... lo adorava Mahvir: il nome di suo padre! Era così felice che avrebbe potuto danzare con Sekhmet e darle un bacio se l'avesse avuta vicino. Visse la storia d'amore di quel bel principe e di sua madre fino al momento della sua nascita, era buffo vedersi appena nata -ero una cosina da nulla!- sorrise alla piccola se stessa: una bimba minuscola con un gran mucchio di capelli neri in testa, sembrava che le avessero rovesciato della china in testa. La Rashja più grande provò invida vedendo la sua controparte neonata in braccio alla madre con il padre che le sussurrava una ninna nanna, la cosa peggiore è che la piccola sembrava sorriderle. Il ricordo cambiò all'improvviso: il tempo era passato, ora la Rashja dei ricordi aveva circa quattro anni, era notte e ovviamente dormiva nella sua stanza, accanto a quella dei genitori. Sembrava un ricordo privo di valore, ma qualcosa dentro di sé le diceva che non era così. Erano passati pochi minuti da che il ricordo era cambiato, e la piccola Rashja continuava a dormire e sua madre non era nella stanza -non capisco, se sono i ricordi di Sekhmet e lei era dentro mia madre... perché vedo me stessa, a meno che...- come per darle conferma la piccola aprì gli occhi, erano di un verde smeraldo, decisamente non il colore naturale. Balzò giù dal letto con un'agilità felina, il suo aspetto cominciò a cambiare: oltre al colore degli occhi la pelle si ricoprì di pelo color sabbia le unghie diventarono artigli, i denti diventarono zanne il suo volto cambiò radicalmente; le narici si restrinsero e gli occhi divennero più grandi le orecchie cambiarono forma e dimensioni, diventarono simili a quelle di un gatto, il naso divenne più grosso e gli occhi più ravvicinati e vicini al setto. La faccia della piccola era diventato quello di un cucciolo di leonessa ad eccezione dei capelli. Rashja dei ricordi corse nella stanza accanto -indovina un po' Amira- ringhiò la bambina con una voce ormai tristemente famosa per la spettatrice che assisteva impotente agli avvenimenti. La madre si svegliò di soprassalto -non è possibile! Ra ti ha sigillato dentro di me mostro!- esclamò sorpresa l'ex sacerdotessa -oh, invece è possibile. vedi, tu eri debole in gravidanza e io ho sfruttato la tua e la debolezza di mio padre per modificare la maledizione, Ora passerò ad ogni tua discendente primogenita e femmina... non sei felice Amira? Non dovrai più portare questo fardello- ghignò la dea -ESCI SUBITO DA MIA FIGLIA PUTTANA!- La ragazza impugnò il coltello da sotto il guanciale -Mahvir caro! Svegliati ti prego!- implorò. Il principe si svegliò subito -Sekhmet immagino, Lascia mia figlia e farò finta che nulla sia accaduto- il tono del principe era straordinariamente controllato, come se stesse parlando con un sovrano vicino di una possibile tregua. La piccola Rashja scoppiò a ridere, una risata che poco si addice a una bambina di quattro anni -tu non mi dai ordini mortale- rise, la leonessa balzò con gli artigli che luccicavano sinistramente nel buio della stanza. L'attacco avrebbe ucciso sicuramente il giovane, se non fosse stato abbastanza rapido da estrarre un pugnale identico a quello della moglie, con l'unica differenza per l'elsa: la leonessa era ricavata in avorio. Gli artigli fumarono per poi tornare normali unghie -scappa Amira!- ordinò. La principessa non tentò nemmeno di controbattere e si precipitò fuori dalla stanza -scappa pure amica mia, non potrai nasconderti in eterno- le urlò mentre il marito continuava a mantenerla concentrata su di lui. -spostati mortale, la cosa non ti riguarda, è una cosa tra me e Amira- ruggì la bambina -sei dentro mia figlia gattina, la cosa mi riguarda... purtroppo per te- rispose nuovamente con pacatezza colpendo di punta il braccio del mostro che prese a sanguinare -oh, ferisci tua figlia! Che razza di padre sei?- ridacchiò mentre il sangue si raccoglieva sull'anulare formando lo stesso anello che Rashja stava portando. Una leonessa comparve dal nulla e aggredì Mahvir che la sgozzò con un singolo colpo. Da ogni goccia di sangue versato dal felino uno nuovo prendeva vita. Il principe così preso dalla lotta non riuscì a parare l'artigliata della figlia, che trapassò il torace del padre e ne estrasse il cuore -non eri all'altezza mortale- rise la bambina per poi divorare l'organo ancora pulsante, per poi leccarsi il sangue del padre. Rashja vomitò, o almeno ebbe l'impressione di farlo trovandosi in un ricordo non riuscì a capire come reagì esattamente, un sapore di carne cruda le riempì la bocca, sembrava che avesse consumato quel pasto abominevole in quello stesso istante -HO VISTO ABBASTANZA! QUALCUNO MI PORTI VIA DI QUI!- urlò nessuno accorse in suo aiuto. Intanto le leonesse avevano rintracciato la donna, che ora giaceva straziata ai piedi della figlia -ma guardati, la grande Amira, gran sacerdotessa del mio stupido padre- la schernì, si trovavano nella stanza dei suoi ricordi l'immensa sala in marmo bianco -ti prego, la piccola non ti ha fatto niente!- rantolò la principessa -lo so, ma vedi, è molto più facile da controllare, tu con tutta quella fermezza e quella disciplina mentale... non mi avresti mai permesso di dominarti- -Capisco, dei, ascoltate la mia ultima preghiera...- iniziò in tono sempre più fiacco -la tua ultima preghiera agli dei, sembra divertente... niente di quello che chiederai ti potrà salvare la vita amica mia- rise follemente divertita -mia figlia, è stata ingiustamente maledetta, donatele una mente più forte della mia, un cuore più puro di quello dei suoi genitori, donatele la forza per soggiogare la dea che ha maledetto l'intero Egitto con il sangue! Thoth, come dio della somma conoscenza ti prego guida mia figlia- la sacerdotessa di Ra alzò gli occhi, che si incrociarono con quelli della figlia spettatrice, ormai completamente disperata -Rashja, quanto avrei voluto crescerti, proteggerti... forse anche rimproverarti. Sappi che io e tuo padre ti abbiamo amato, e ti ameremo sempre, mi spiace dovrai soffrire ma un giorno, rideremo insieme-. La piccola Rashja sembrò estremamente divertita -prega pure gli dei, godrò nel vedere le tue speranze andare in frantumi-. La dea ancora non finì la sua preda, con un comportamento simile a quello di un gatto con il topo, la sacerdotessa non provò nemmeno a fuggire, questo sembrò turbare molto la bambina -Volevo vedere il terrore che offuscava la tua mente, ma vedo... che non hai paura, perciò... Ora vedrai padre! Che fine farà la tua preziosa umana- la figlia si avventò contro la madre divorandola. La Rashja spettatrice vomitò solamente saliva e sangue, gli occhi non smettevano di lacrimare -Questa è la mia mente- sussurrò non accadde nulla -questa è la mia mente- ripeté con più convinzione -QUESTA È LA MIA MENTE!- urlò a pieni polmoni, la scena sbiadì si trova ma ancora difronte alla dea -TU! Sappi che ti ucciderò!- le urlò in faccia. Sekhmet ne fu sorpresa -hai davvero una mente forte, percepisco che ora sai- sorrise scoprendo le zanne -Amira era così succulenta, ti prego, prova ad uccidermi... divorerò anche te-. La ragazzina riaprì gli occhi senza rispondere -sei ancora qui vecchio?- constatò acida guardando i sacerdoti che l'avevano circondata -senti vecchio, vedo chiaramente che non sei realmente qui, nessuna delle cinque persone che sono qui è autentica. Il vecchio fu visibilmente scosso -lasciami in pace, e non ti farò male- lo minaccio. Il sacerdote non mosse un muscolo -molto bene, vengo a prenderti- sospirò saltando sul tetto della casa vicina e continuando così fino a che non arrivò alla piccola piazza della città -trovato!- esclamò trionfante atterrando davanti ad un mendicante coperto di stracci. -sei davvero potente Sekhmet- -ti sbagli, io sono Rashja mi sembrava di averlo già detto-. Il mendicante tentò di attaccarla con un Khopesh. -è tutto inutile vero? Vuoi morire- Rashja disarmò il sacerdote con estrema facilità -e ora con permesso...- la ragazzina fece per proseguire dando la schiena al suo nemico, il quale tentò un affondo che la piccola parò con il pugnale -ho avuto una pessima giornata, ma mi sento gentile... vuoi conoscere Sekhmet? E sia dunque- Rashja chiuse gli occhi -è tutto tuo assassina!- quando gli riaprì il vecchio sacerdote era a terra orribilmente sfregiato lacerato su ogni brandello di pelle visibile. La ragazzina imbrattata di sangue, lo stesso sangue che ora formava una pozza intorno ai due -mi dispiace, ho provato ad avvisarti, ma non hai voluto ascoltarmi, spero tu possa trovare la tua pace sapendo che mi opporrò a lei-. Rashja se ne andò, camminava lentamente per le vie della città portuale meditando sui ricordi della dea, Amira aveva un controllo impeccabile sul suo demone aveva perso tutto quando aveva avuto lei, era tutto straordinariamente semplice: doveva semplicemente non avere figli. L'idea le danzò davanti agli occhi, si trovò per caso a passare davanti alla bottega di un fabbro, l'uomo era occupato, parlava con un cliente mentre un lungo pezzo di ferro era dentro un forno. Non aveva mai rubato nulla ma quell'asta incandescente era un bersaglio facile. Rashja si accucciò e strisciò silenziosamente fino al forno, prese un paio di pinze ed estrasse la futura lancia quindi sgattaiolò via. -è stato facile!- esclamò trionfante mentre l'idea che l'aveva guidata cominciava a sembrarle una follia. Rashja deglutì prese coraggio e si inflisse un colpo rovente all'inguine con il bastone. era abituata al dolore, ma quello era ben oltre alla sua soglia di tollerabilità la pelle che ardeva e si riempiva di bolle ardeva, non riuscì a trattenere l'urlo agonizzante mentre era scossa da convulsioni -e questa è la fine demonio!- riuscì a sussurrare "sei coraggiosa Rashja, nemmeno Amira lo avrebbe fatto, ma vedi io sono la dea della guerra... MA ANCHE DELLA MEDICINA" Sekhmet rise così forte che Rashja ebbe paura che la voce della dea uscisse dalla sua testa e si spargesse per tutta la città come una nube tossica -BASTARDA!- ringhiò mentre le bolle sparivano e la pelle tornava liscia e vellutata come se nulla fosse mai successo "una bella pensata, Thoth dovrebbe essere fiera di te". La ragazzina rimase seduta per terra guardando l'arma che per pochi secondi l'aveva resa sterile, avrebbe voluto suicidarsi prendere quell'asta e perforarsi il petto, ma dubitava che l'altra l'avrebbe permesso. Con un urlo gutturale si rialzò e corse al molo, sulle banchine c'erano dozzine di navi si avvicinò a quella più vicina: una trireme greca, le vele erano decorate con una gigantesca testa di toro, aveva già visto quel vessillo, nei rotoli di Thoth -Creta- mormorò. In quel momento un uomo accompagnato da un gruppetto di soldati stava trascinando a sul molo l'unica merce che Rashja non poté tollerare: tre ragazzine all'incirca della sua età. -ho commesso un furto, tanto vale liberare anche schiavi e bhe, sequestrare una nave-. Sospirò portandosi davanti allo schiavista. -liberale... ORA- ringhiò, il più minacciosamente possibile vista la sua tenera età e le dimensioni ridotte, certo era coperta di sangue, motivo per il quale l'uomo si fermò, la guardò e proruppe in una sonora risata -spostati pulce, altrimenti ti unirai alla mia mercanzia-. La piccola non si scostò -sei solo un idiota che non ha il fegato di prendersela con un suo pari- replicò ferma sguainando il coltello mentre un gruppo di leonesse si formava alle sue spalle ruggendo minaccioso. -Ora, libera le ragazze e poi mi porterai dove ti chiedo. Altrimenti...- schioccò le dita e i felini avanzarono sfoderando gli artigli. Lo schiavista e i soldati cretesi impallidirono e si gettarono in mare sparendo a suon di bracciate -oh, certo anche così va bene- rise. Le leonesse sparirono e Rashja si trovò da sola di fronte alle tre ragazze con facilità le slegò quindi si presentò -ciao, sono Rashja. Non abbiate paura- sorrise dolcemente -chi ho salvato?-. La più alta una ragazza abbronzata dai capelli castani si chinò e le baciò i piedi -Zira, mia signora- -Ciao Zira, e non sono la signora di nessuno, anzi e non baciarmi i piedi, non devi... davvero- la rialzò, la ragazza subito dietro di lei, se Zira sembrava più grande di lei questa era sicuramente sua coetanea, anche questa si inginocchiò e nascose il volto tra i lunghi capelli corvini, la sua pelle era bianca -maestra- quelle due ragazze la fecero arrossire di brutto -si, certo sono felice che stiate bene- riuscì a dire contrastando l'emozione, l'ultima era una bambina -oh ciao, e tu come ti chiami?- la bambina alzò il viso, i suoi occhi erano allungati, di colore nero intenso, la pelle così bianca da sembrare neve e i capelli così lunghi e setosi che Rashja non riuscì a resistere all'istinto di accarezzarli -Yuki, grazie- benché Rashja fosse più alta di lei Yuki riuscì a stamparle un bacio sulla guancia -vuoi la nave quindi?- le domandò la bambina -si, devo andare in un posto, e ho bisogno di una nave- rispose -potremmo prendere i nostri oggetti? credo siano nella stiva- chiese la maggiore delle tre -oh certo-. L'intero equipaggio che aveva seguito l'intero susseguirsi degli eventi le lasciò fare per paura di essere divorato da leonesse affamate. -aspettate- le tre ragazze si fermarono all'istante -Zira, sei la maggiore, ti affido Flegiate e Yuki, spostatevi insieme, guardatevi le spalle a vicenda... mi farai questo favore?- Zira si spostò accanto al suo nuovo gruppo -come desiderate, mia signora- Rashja rise di gusto -ti ho già detto di non essere la signora di nessuno- Zira arrossì -ma ci rivedremo?- Yuki sembrava ad un passo da una crisi di pianto -ma certo, solo devo partire, vedrai che ci rivedremo- la rassicurò -ma è molto importante che io vada-. Non seppe dove si diressero ma non importava in quel momento l'unica cosa. Che le interessava... si diresse dal capitano della nave -ehy Kashmir, su... su! O hai qualcosa un contrario?- domandò con incuranza rigirandosi il pugnale tra le dita. Il vecchio lupo di mare si tuffò al timone senza alcuna esitazione. Il viaggio durò parecchi giorni ma quando la ragazzina cominciava a dubitare dell'esistenza della sua terra d'origine, quando terra comparve dall'orizzonte-. -Pro...prosegui verso nord, il Kashmir è la punta settentrionale di questa terra-. Balbettò il capitano tentando di smettere di tremare -grazie, è stato gentile... se ci fosse un modo per ringraziarla...- -ti prego, non voglio nulla, voglio vivere- la ragazzina lo abbracciò -scusa non volevo spaventarti, essere schiavi... è orribile, ma io dovevo venire qui mi perdoni-. Il vecchio rimase spiazzato dalla gentilezza ed il candore della sua sequestratrice -se avrai ancora bisogno conta su di me piccola, sta attenta qui non siamo più in Egitto-. La ragazzina scese a terra, dopo tutti i giorni di navigazione ci volle un’eternità prima che la terra smettesse di ondeggiare come se fosse ancora in mare aperto. L'India era perlopiù coperta da giungle incontaminate, che si alternavano a villaggi abitati, gli indigeni l'additavano per le strade, bisbigliavano alle sue spalle e la evitava, le madri nascondevano i bambini al suo passaggio, alcuni anziani le scagliarono pietre. Queste reazioni aumentavano a mano a mano che si avvicinava alla sua meta. Il vero ostacolo lo incontrò una notte, era sdraiata accanto al fuoco, si trovava nell'ennesima giungla, si stava medicando le ferite che gli abitanti le avevano fatto. Un fruscio la distrasse, un assordante suono di corni e tamburi si faceva sempre più forte. -Chi è là?!- grido preparandosi ad attaccare, il cespuglio vicino tremò e un uomo dai lunghi capelli neri, ne uscì sorridente, aveva una corona di foglie di vite e un manto color vinaccia sopra una pelliccia di leopardo. -una ragazzina?- domandò aveva il passo ciondolante, il naso era rosso quanto un peperone così come le guance. -Ehy, perché non bevi con me, sembri angosciata, il vino può rimuovere ogni freno- -no- rispose secca la ragazzina allontanandosi dall'ubriaco -No? Come puoi dire di NO a ME, Dioniso5 signore del vino- Rashja lo guardò meglio -riproviamo ti va? Allora piccola perché non ti unisci a me e alle mie menadi6?- un gigantesco corteo di donne con grappoli d'uva tra i capelli ed abiti troppo succinti per i gusti della ragazza, fabbricati in foglie di vite erano visibilmente brille ed alcune di loro si baciavano se non peggio. -perdoni l'insolenza Dioniso, ma è necessario che io rimanga vigile-. Il dio del vino sembrò dispiaciuto di udire quelle parole -hai scelto il tuo destino, ragazze uccidetela-. -è tardi, vorrei dormire... Ma se non si può evitare...- tre donne le balzarono contro, le unghie di quelle ninfe assomigliavano tremendamente agli artigli che aveva quando Sekhmet aveva rubato il suo corpo. La ragazzina si scostò di lato le tre finirono contro la terra ricoperta di foglie, non avrebbe voluto, ma la compassione l'avrebbe uccisa quindi approfittando dell'attimo di difficoltà delle baccanti ne sgozzò una, per poi pugnalare ad un fianco la seconda, mentre dal sangue della seguace del vino sorgevano una dozzina di leonesse. In quel momento Rashja avvertì un forte odore fruttato, il suo corpo si fece più leggero, in un attimo non si trovava più nella foresta, era in un luogo che conosceva molto bene: la biblioteca di Thoth, il dio della conoscenza le era accanto e le sorrideva cortese come al solito. -Esci dalla mia mente, non è per niente gentile!- sbottò ignorando completamente il suo mentore e rivolgendosi ad uno dei tanti rotoli della sala -non costringermi a spezzare l'illusione, ti potrebbe far male-. Uno squittio, questo era rimasto della voce di Dioniso -Come puoi vedere oltre i miei attacchi mentali?!- Rashja prese il rotolo da cui proveniva la voce del dio -semplice, mi sono allenata con un dio, certo unna bella scenetta, ma ho visto di meglio-. Calò il colpo sul papiro, l'illusione baluginò e scomparve. Era di nuovo nella giungla, Dioniso era ferito ad un braccio e l'ultima menade aveva perso l'intera mano destra, che ora una leonessa stava gustando -Bene, se qui abbiamo finito io dormirei- sospirò rinfoderando il Kriss7. La ninfa menomata ne approfittò per lacerarle il petto, feralmente, la leonessa più vicina le assestò una zampata talmente forte da spezzarle l'osso del collo. -basta così, mi dispiace di averla ferita divino Dioniso, la prego di accettare la sconfitta-. Lo implorò premendosi lo stomaco per frenare l'emorragia, mai!- sibilò mentre il braccio continuava a zampillare icore. -come vuole... andate, c'è un intero corteo, divertitevi- i felini partirono per la caccia -non doveva sottovalutarmi, la sua escursione in India finisce qui!- replicò andandosene mentre la boscaglia si riempiva delle grida del seguito del dio. Dopo quella notte nessuno la infastidì più, dopo quasi una settimana di viaggio arrivò nel Kashmir, una graziosa cittadina era dominata da quello che un tempo fu un sontuoso palazzo: Casa sua, ora avvolta dai rampicanti e in rovina. -sono a casa- Rashna si senti il cuore leggero, era la sua città non importava cosa sarebbe successo l'avrebbe visitata. C'era un panettiere, il suo pane aveva un aspetto delizioso, e l'odoro era ancora meglio; non avendo un soldo si obbligò ad andare avanti passò vicino a una bancherella di pesce, i mercanti erano piuttosto schivi nei suoi confronti ma non le negarono un sorriso di circostanza -sei la figlia di Amira giusto?- le chiese una vecchia seduta alla bancherella di vestiti accanto a lei. Rashja si voltò e rimase colpita da ciò che vide: un abito di un color lavanda era leggero, era stato creato per lasciare il ventre scoperto mentre delle catenine doro ne abbellivano la gonna-I...io sono Rashja, signora-. Lo disse come se fosse una cosa brutta -oh sì, le somigli come una goccia d'acqua- sorrise -vedo che ti piace quel vestito- -certo, ma è troppo grande per me-. L'anziana le sistemò i capelli -hai i capelli vellutati di tuo padre, prendilo.... è tuo se lo vuoi crescerai e lo indosserai- La ragazzina avvertì gli occhi riempirsi di lacrime -grazie, mille volte grazie... ma perché?- l'anziana la guardò commossa -ero la cameriera di tua madre a palazzo, so che cos'hai fatto, ma non sono stupida, non lo hai fatto di tua spontanea volontà- -grazie nonna!- le diede un grosso bacio -aspetta, ho un'altra cosa per te- rovistò sotto alcune stoffe e ne estrasse un diadema -ecco, la corona di tua madre, è tua se la vuoi- la ragazzina lo prese e se lo rigirò tra le mani era una ghirlanda di fiori d'oro con un’unica gemma verde nel centro-. La vorrei, ma non posso portarle via l'unico ricordo che ha di mia madre, lo tenga lei per me- restituì il gioiello alla vecchina -sapevo che non eri in te quella notte, i tuoi sarebbero fieri di te Rashja- -senta, sono venuta qui per trovare il pugnale di mio padre, ha ragione non ero in me quella notte, e quell'arma mi aiuterà a controllare la bestia dentro di me-. La venditrice la guardò pensosa -se tuo zio non ha venduto anche quello dovrebbe trovarsi ancora a palazzo- le confido -Grazie- la baciò ancora e scappò via -non dimentichi nulla? Il vestito piccina- lo piegò con cura e ne lo avvolse in uno scialle a mo' di fagotto -buona fortuna cara-. Dalla valle il palazzo sembrava più vicino. -dannazione, quanto è alto!- sbuffò una volta in cima. Il salone dei suoi ricordi era ancora lì immacolato, se non per una macchia rossiccia, quasi del tutto sbiadita accanto al portone d'ingresso. -Era quasi riuscita a scappare- le vibrò la voce, ogni suo passo in quel posto era molto più faticoso dell'intera scalata appena compiuta. -grazie sekhmet, mi hai curato la ferita- la dea non rispose, lo prese come segno di buon auspicio. Si diresse verso le stanze dei suoi genitori, lo scheletro di Mahvir era ancora accasciato sul pavimento-papà- sentì il sapore salato delle lacrime mentre pronunciava quella parola -mi spiace non sono abbastanza forte- baciò il cranio del padre -perdonami papà- la bambina frantumò le falangi del padre per arrivare al pugnale che stringeva ancora dopo otto anni. -padre, avrei voluto davvero conoscerti-. Rashja studiò l'arma: un comune Kriss dall’impugnatura in avorio raffigurante il felino che le stava più antipatico, se era una lama benedetta. Certamente non lo dava a vedere. -sapevo ci saresti riuscita Rashja- la ragazzina sobbalzò, quando si voltò vide il volto che meno si aspettava -Thoth! Mi hai spaventata- il dio sorrise -sei davvero cresciuta, anche se non nell'aspetto-. La bambina sbuffò -grazie di avermi messo quel sacerdote assassino alle calcagna- il dio sospirò deluso -te l'ho già detto: posso scegliere a chi dare il sigillo, ma non l'uso che ne farà-. Gli occhietti neri e lucidi del dio la guardarono -stavo per intervenire con Dioniso- rivelò l'ibis -aspetta un po' da quanto mi segui?- il dio per tutta risposta assunse le sembianze del vecchio capitano, per poi trasformarsi nella gentile vecchina -da un po'- ridacchiò nervoso. -andiamo papà! Non mi ritenevi all'altezza vero? Io sono arrivata qui DA SOLA! Ho lottato da sola e poi ho liberato quelle tre schiave- si sentiva tradita dalla prima persone che aveva creduto in lei -senti Rashja calmati! Ricorda controlla le emozioni- la ragazzina pestò i piedi -NO! ORA SEI TU CHE ASCOLTI ME! Ho accettato tutto quello che mi è successo, ho rivissuto i ricordi di Sekhmet, sono riuscita a non ferire nessuno in città, Dioniso mi ha costretta ad agire così, ho sempre tentato di evitare lo scontro, e ancora non ti fidi dime?!- non si era accorta che il dio Ibis l'aveva abbracciata -hai ragione, non sei più un pulcino devi spiccare il volo, ma io avevo paura che ti capitasse qualcosa, sono o non sono il tuo papà?- Rashja anche se tra le lacrime e i singhiozzi sorrise -nient'affatto, tu sei noioso ricordi?!- il dio rise -Thoth sei il dio della conoscenza, dimmi perché devo soffrire? Perché proprio io devo sopportare tutto questo, i... io non penso di poterci riuscire, mi hai addestrata ma lei... è ad un altro livello! Dimmi sono davvero così cattiva da essermi meritata tutto questo?!-. Lo scriba divino le accarezzò i capelli commosso -a te è stato negato molto, non per tua colpa, tu che hai un cuore così puro, più grande è la prova, più lauta la ricompensa- rispose -non mi basta! Sekhmet ha fatto cose orribili, IO ho fatto cose che a stento riesco a descrivere, non è giusto!- scostò il dio continuando a piangere -Devo essere sempre forte, anche quando ho paura, quando sono preoccupata! Non potrò mai avere una famiglia, non ho un posto in questo mondo, non appartengo all'Egitto, e qui la gente mi evita, come posso vivere?! Rispondimi ti prego- la ragazzina crollò in ginocchio implorando il maestro per una risposta -Rashja, figlia di Amira, io Thoth il dio della conoscenza non trovo risposta alla tua domanda- le annunciò sconsolato -sono solo una marionetta nelle vostre mani, non è così?! Vegliate su questa mortale! Vi prego dei tutti, sorreggetemi- pregò disperata -lo farò, l'ho sempre fatto torniamo a casa oppure no, hai ragione puoi camminare da sola- Thoth scomparve in una nuvola di candide piume, Lasciandola sola con il suo dolore.

    Quattro anni dopo

    Dalla chiacchierata con il dio Ibis Rashja non ebbe più alcun contatto con lui, lo aveva cercato in tutti i templi a lui dedicati, il viaggio in India doveva darle nuove certezze, tuttavia l'aveva privata di tutto. Si era concentrata sul suo obbiettivo, ma ora che era raggiunto non aveva più uno scopo, si sentiva vuota, indifesa il senso di oppressione i sentimenti che aveva provato e confessato al suo mentore non l'avevano abbandonata un secondo da quando era tornata in Egitto. Se non altro aveva trovato il modo più facile per sopravvivere: il furto, aveva deciso che avrebbe derubato tutti i più facoltosi membri della nobiltà egiziana, mercanti e tutti coloro che a suo giudizio ne erano meritevoli, non avrebbe derubato più volte nella stessa giornata lo stesso mercante e si sarebbe spostata di città in città. Se Thot ne era soddisfatto, non le era dato saperlo, in cuor suo sperava che questo suo comportamento avrebbe attirato la sua attenzione, ma ormai erano quattro anni che non vedeva il dio e quattro anni di furti. La gente le aveva addirittura dato il nome di Re dei ladri, la cosa la divertiva moltissimo -nessuno sa che sono una ragazza, nessuno sa che esisto eppure anche il ladro è un mestiere solo maschile... quasi quasi metto al corrente una guardia sulla mia identità- rise notando una tavoletta di pietra con il suo avviso di cattura. La vita le aveva regalato un successo dietro l'altro. Inanellava un furto dietro l'altro con la stessa abilità e rapidità con cui una ragazza comune avrebbe maneggiato il telaio. Dopo una giornata di furti nel delta del Nilo stava dirigendosi ad uno dei suoi numerosi covi, quando attraversando un'area desertica non scorse qualcosa: un ragazzo era accasciato al suolo e non si muoveva. Senza pensarci lo trasportò all'interno di una caverna dove depose il ragazzo. Il suo cuore sobbalzò, era davvero molto carino, i capelli castani spettinati, la carnagione abbronzata e quella muscolatura niente male, aveva una maglia piuttosto grezza quindi escluse che fosse nobile. Appoggiò una mano sulla fronte del ragazzo, scottava come la carbonella accesa, notò anche dei brutti graffi sulla schiena. Corse a prendere delle bende e qualche erba curativa e ne fece poltiglia che applicò sulle ferite bendandole, quindi prese una pezza e la bagnò per poi tergere la fronte del giovane. Dopo le prime passate il paziente riaprì gli occhi, Rashja sorrise arrossendo violentemente, fortunatamente il ragazzo perse coscienza e sospirò sollevata, il cuore che le martellava nel petto minacciando di sfondarle la cassa toracica. Era la prima volta che le succedeva, quella sera digiunò, talmente era presa dal suo ospite. -andiamo, non mi morire... sei troppo carino per morire così!- lo aveva appena trovato e stranamente la sola idea di perderlo le era insopportabile. Mise una coperta sul ragazzo che era in preda alle convulsioni e stette in al suo capezzale per tutta la notte. Il mattino seguente Rashja cambiò velocemente la fasciatura e inumidì di nuovo la pezza, la febbre era scesa e anche il volto del ragazzo era più sereno. Si alzò per andare a prendere un pezzo di pane quando la debole voce del ragazzo la chiamò -sei Iside?- riuscì miracolosamente ad articolare -no, mi spiace- sorrise passando il boccone di pane intonso al ragazzo, che lo mangiò con voracità -quindi sono ancora vivo- sospirò deluso. -riposati, avevi la febbre molto alta- gli occhi nocciola del ragazzo la rapirono, erano così profondi che ebbe quasi paura di perdersi in quello sguardo -scusa, vado a prendere altra acqua torno tra un paio di minuti-. Rashja uscì di corsa dal covo aveva le guance in fiamme, così come le orecchie -calmati Rashja, ricordati: “niente ragazzi significa niente figli>/i>”- si ripeté come un mantra, eppure quel ragazzo era davvero bello. "Che succede piccola preda? Non ti piace quel ragazzo?" La voce di Sekhmet arrivò puntualissima avvertendo il turbinio di sentimenti -lasciami in pace!- urlò "andiamo, sembra così succulento... credo che lo divorerò" tornò alla carica -ti ho detto di chiudere la bocca bastarda!- La ragazza sentì morirsi dentro: aveva appena conosciuto la libertà e ora le veniva negata, perché non poteva avere una vita normale? Non l'aveva chiesto lei di subire tutto quello, più di una volta aveva pensato di partorire una bambina e liberarsi di Sekhmet, ma non sarebbe mai stata così egoista specie con sua figlia. Sospirò avvilita e tornò nella caverna. -con chi parlavi? Sembravi piuttosto arrabbiata- l'accolse il ragazzo -io non ho parlato con nessuno, hai la febbre alta te lo sarai immaginato- sorrise. La scusa sembrò accontentare il paziente che corrugò la fronte -non ti ho detto il mio nome, mi chiamo Ahmed, grazie per avermi soccorso-. -figurati, sei uno schiavo in fuga Ahmed? Ho visto i segni sulla schiena- si giustificò il ragazzo la guardò leggermente innervosito -sono una persona! No, sono un pescatore del delta... o meglio lo ero- sospirò amaro -scusa, non volevo io ecco sono stata schiava per quattro anni e i-io non volevo offenderti- si allontanò preparando nuovi impacchi di erbe -potrei sapere il tuo nome?- la ragazza non rispose subito -dovresti riposare basta con le domande- lo rimproverò "se lo tengo a distanza forse si dimenticherà di me" -dimmi solo il nome, poi dormirò quanto vuoi- la implorò. -sei capriccioso come un bambino... Rashja, ora dormi hai la febbre alta-.

    Qualche giorno dopo Ahmed si rimise -Rashja, non è che hai trovato un altro ragazzo nel deserto?- la ragazza non ci mise molto a negare Ahmed sembrò dispiaciuto -dunque signor pescatore del delta, chi stai cercando?- lo canzonò per distrarlo -mio fratello minore- raccontò quindi dell'attacco della manticora, della morte della madre e la fuga del fratello. -M-mi spiace!- agì d'istinto e abbracciò il ragazzo, il suo cuore accelerò mentre Ahmed ricambiava quel tenero gesto. Le piaceva la sensazione di stare tra le sue braccia era caldo e si sentiva stranamente al sicuro tra le braccia di Ahmed "ti stai divertendo Rashja? Sarà divertente strappartelo, e se lo facessi adesso?<i>". La ragazza rabbrividì e si allontanò -scusa, mi sono lasciata trasportare... Conosco una persona che potrebbe sapere dov'è tuo fratello, solo che non lo vedo da tempo-. Tentò di risollevargli il morale. Fu la volta di Ahmed di abbracciare l'amica che divenne paonazza -sei arrossita o sbaglio?- ridacchiò il ragazzo -nient'affatto, tu sei noi... no, assolutamente no-. Nell'arco di una settimana raggiunsero la città di Ermopoli8, il delta era sparito molti giorni prima, la città sorgeva affacciata sul Nilo. Erano trascorsi otto anni dall'ultima volta che era stata lì. Una grande città piena zeppa di statue del dio della conoscenza, il patrono della città, dopo giorni di solitudine la folla fu particolarmente fastidiosa da digerire. -dove troviamo il tuo amico?- Ahmed era chiaramente impaziente e Rashja dal canto suo non vedeva l'ora di togliersi dai piedi tutte quelle persone. Lo condusse al palazzo di Thoth e bussò insistentemente all'enorme portone -andiamo aprimi sono io, Rashja... - urlò a pieni polmoni, nessuno rispose -non potrai ignorarmi in eterno! Andiamo apri!- continuò aa sbraitare. Fu Ahmed a trascinarla via -adiamocene, non c'è nessuno, apprezzo l'interessamento... Ma nessuno mi può aiutare-. Se ne stava andando per la sua strada, era quello che in cuor suo aveva sempre sperato eppure adesso che Ahmed se ne stava andando avverti una sorta di macigno nello stomaco, lo conosceva appena eppure sapeva di amarlo, ma non lo avrebbe mai ammesso soprattutto a sé stessa. -Aspetta! Hai dove andare? Cibo acqua?!- Ahmed si fermò ed il cuore della ragazza si librò leggero nel suo petto -no, non ho scorte- -sarai mio ospite, troveremo tuo fratello- Propose nella speranza che accettasse. -e dimmi, come tiriamo avanti?- ridacchiò -io ho un metodo tutto mio, perfettamente funzionante... ma se vivremo insieme ci saranno alcune regole: niente abbracci o baci o qualsiasi altra cosa- iniziò -contaci, sei carina ma non sei l'unica- mormorò -come prego?- -ehm niente- la ragazza continuò l'elenco -cucinerò io e O mangi quello che preparo... altrimenti sei libero di digiunare, la cosa non mi importa, ed ora le cose importanti: non dovrai MAI vedere la mia schiena, e può succedere che certe notti me ne vada per delle ore, niente domande, queste due regole sono le più importanti-. -accetto, perché dovrei guardarti la schiena?- chiese confuso -appunto, perché farlo? Quindi non lo fare!- lo liquidò con poche parole.

    Quella sera a cena Rashja avvertì per la prima volta una sensazione fin troppo familiare, la presenza di un dio, il problema è che veniva da Ahmed. Stava rimestando la zuppa di erbe selvatiche quando avvertì quella presenza. Strinse i pugni fino a che le ossa non scricchiolarono, lasciò la zuppa a sé stessa e si rivolse al ragazzo stizzita -Allora è così?!- si piazzò di fronte all'altro che la guardò come se fosse pazza -cosa? Non capisco- rispose sbigottito -sono cresciuta sai? Sono stanca di giocare a nascondino, è vero questa volta mi hai ingannato! Hai superato te stesso, ma alla fine ti sei tradito, ho sentito la tua presenza!-. Inveì contro il ragazzo che continuava a non capire -vuoi calmarti e spiegare anche a me?!- la cosa cominciava a preoccuparlo -senti, non provarci...- qualcosa la costrinse a fermarsi, l'essenza del dio era diversa da quella di Thoth: più misteriosa ed oscura, aveva un odore di mirra e bende. Si concentrò di più e ne trovò la fonte -scusa, dev'essere stata un'allucinazione, bella collana- Ahmed si tolse la collana -oh ecco, per te a me non piace- si tolse la collana, era fatta di metallo di colore nero, ritraeva Anubi -molto bello, ma...- avvertì chiaramente l'anima del dio all'interno, soggiogarla sarebbe stato facile ma non volle farlo si limito a salutare il frammento con un "<i>ciao, sono Rashja piacere di conoscerla
    " -tu non sai cos'è vero?- Ahmed ormai non la seguiva più -d'accordo... dove hai trovato questa collana?- chiese quasi superficialmente -me l'ha data mio padre- rispose vago -dunque è tua, non l'hai rubata. questa non è una collana, è un sigillo degli dei, un amuleto- Ahmed la guardò con un cipiglio -non ho capito, e comunque la zuppa sta bruciando- l'avvertì -cos... oh dei!- corse a spegnere il fuoco -dentro quella collana c'è un frammento dell'anima di Anubi- spiegò -ti prego non mi chiedere come lo so, ma è un'arma molto potente- continuò. L'amico non reagì come aveva immaginò, sembrò schifato e arrabbiato -fantastico, ho quel botolo rognoso al collo!- si lagnò. -senti può servirti un sigillo degli dei, può incanalare la tua energia e manifestare i poteri di Anubi. Può servirti per difenderti- spiegò -sembri piuttosto informata, puoi insegnarmi?- Rashja guardò stranamente interessata il suo disastro culinario –tu piuttosto dovresti insegnarmi a cucinare…. oggi niente cena- Sentenziò ridendo tentando invano di cambiare argomento -ti prego!- l'afferrò per le spalle e la guardò dritta negli occhi -con questa riuscirei a proteggere qualcuno?- chiese elettrizzato, l'altra abbassò lo sguardo -lasciami andare-. Si liberò con una spallata e scappò fuori dalla grotta. Una volta fuori si guardò la mano, era decisamente la zampa di una leonessa ">i>la piccola Rashja ha paura?!
    " La schernì la folle voce della dea "FOTTITI!" Tentò di respirare ma sentiva il panico serrargli la gola -che mi prende?- si disse tentò di calmarsi -ho paura di ferirlo, allenandolo-. Doveva ritrovare la calma, non era sicura di riuscire a controllare Sekhmet, non quella sera, era troppo spaventata. La mattina dopo tornò al rifugio con una coppia di anatre. -scusa ti ho esasperato ieri notte- si scusò -non importa, hai ragione tu, iniziamo-. Così prima di colazione Rashja volle conoscere i limiti di forza di volontà del suo allievo. Prese la collana e la seppellì nel deserto quindi bendò Ahmed e gli fece perdere l'orientamento -forza trova la collana- gli ordinò -ma come faccio?- Rashja prese le mani dell'amico -ora calmati, respira e concentrati non sul suono della mia voce ma sul mio calore- lo istruì avvertì la presa del ragazzo farsi più vellutata -bene, così... apri la tua mente tenta di espandere i tuoi sensi- continuò -no, ti stai distraendo- lo ammonì. Il tuo anello, è freddo- la voce di Ahmed era sotto sforzo -basta così, è colpa mia, ti ho chiesto troppo- tolse la benda ad Ahmed e recuperò il sigillo -non è facile- si lamentò -non ho mai detto che lo sarebbe stato- concesse al suo allievo un sorriso. Quindi si diressero nella città più vicina a rubacchiare qualcosa. La sera si dedicarono ancora all'addestramento -cerca di toccare l'anima di Anubi, senza concentrazione tanto vale non possedere un sigillo- dopo una mezz'ora Ahmed si arrese -non ci riesco, non sono portato- gettò la collana a terra e si gettò una coperta addosso. Per la prima volta in vita sua Rashja si accorse di quanto era forte, la preghiera di Amira era stata ascoltata questi, allenamenti erano durati circa un'ora con lei, Thoth continuava a dirle che con i sigilli aveva un talento naturale, un genio, ma non ci aveva mai creduto aveva sempre pensato che lo dicesse per incentivarla, ora aveva scoperto che non era così. -è colpa mia, non posso allenarti come hanno fatto con me- porse al ragazzo la collana -ho un'idea- lo abbracciò -avevi detto niente abbracci- sbottò -Non è un abbraccio è un allenamento, ascolta il mio cuore, concentrati solo sul battito e cerca di afferrare il suono con le mani, quando ci sarai riuscito, i tuoi sensi saranno abbastanza acuti da avvertire il tuo sigillo-. Terminò, rimasero abbracciati per un tempo indefinito, ma il suo battito non ne fu influenzato, e non arrossì per nulla -sento qualcosa... è un calore piacevole, odora d'incenso e...- Ahmed riaprì gli occhi -non mi rederai mai, ma ho sentito qualcosa... non ho avvertito chiaramente qualcosa era più un istinto, ho avuto paura di te Rashja- non aveva terminato di parlare che un taglio gli sfregiò la guancia. La ragazza non si era mossa eppure il colpo veniva dalla sua direzione -DEI TI PREGO PERDONAMI!- fuggì fuori -Sekhmet! Forse non l'hai capito ma se lo tocchi di nuovo ti ucciderò- "Fatti avanti, avrò il piacere di vederti fallire".

    Per quella sera gli allenamenti si conclusero lì, nei giorni successivi Ahmed fece passi da gigante, riuscì a richiamare la collana anche se erano a distanza, questo aprì nuove vie di truffa, vendevano la collana ad un mercante, per poi recuperarla qualche ora dopo e rivenderla, a detta della ragazza era meno disonesto che rubare ogni singolo oggetto. Finalmente le cose sembravano essere tornate alla normalità: Ahmed era migliorato parecchio, dopo l'episodio del graffio Sekhmet si ritirò in un religioso silenzio, e lei, lei era tornata alla sua onesta vita di furti, la vita non poteva andarle meglio. -Ahmed- Era particolarmente allegra quella mattina, aveva preparato una colazione degna di un re: focacce al miele, formaggio, marmellata e un sacco di frutta fresca, nei calici brillava il vino rosso come il sangue -che succede, che significa, senti che odorino- Ahmed si sedette alla lastra di roccia che usavano come tavolo -oggi è il mio compleanno, ben diciassette inverni- sorrise -oh, mi sono versata del vino, ma è meglio per tutti se non bevo, e poi ho avuto un piccolo battibecco con il dio del vino- rise -è il tuo compleanno, e non ho nemmeno un regalo per te, scusami-. Sembrava davvero dispiaciuto, ma la ragazza gli diede uno schiaffo -è il mio compleanno, per cui niente musi lunghi e poi mi sono svegliata all'alba per preparare tutta questa roba, il minimo che puoi fare è mangiare- si ingozzò di focacce alla marmellata -ma...- protestò il ragazzo -MA... tu non sapevi nemmeno quando sarebbe stato il mio compleanno- lo zitti passandogli un grappolo d'uva e qualche focaccina. -senti perché non ti riposi, ti rilassi e lasci che sia io ad occuparmi del lavoro oggi?- Ahmed tentò l'ultima carta per comprarle un regalo. -sei sicuro di riuscirci da solo?- domandò apprensiva -certo, e poi sono più grande di te, sarei io quello che dovrebbe preoccuparsi- sorrise il giovane -va bene, ma stai attento, non esagerare, ricordati il codice d'onore, e aspetta un'ora prima di recuperare la collana- si raccomandò come una madre con il suo bambino -lo sai, saresti una madre incredibile- la salutò l'amico uscendo. Il commento le mise un po' di tristezza era vero? Sarebbe stata sul serio una buona madre? Si domandò dopo la partenza del ragazzo. Anche se fosse stato vero, non l'avrebbe mai sperimentato, non aveva mai desiderato essere madre però da un po' di tempo si chiedeva come sarebbe stato crescere un bambino insieme a... Ahmed -è proprio vero, le cose che non puoi avere sono quelle che più desideri-. Sospirò, decise di annegare quei pensieri con un bel bagno, riempì una tinozza d'acqua che posizionò sulle braci vi versò dentro oli profumato e si mise a mollo. Il tempo passò lento, non si accorse che Ahmed era rincasato fu solo la sua esclamazione a farla sobbalzare. -oh dei, la tua...- non terminò nemmeno la frase che una leonessa lo aveva sbattuto a terra -la regola era semplice!- lo rimproverò, sentì la rabbia scorrerle nelle vene al posto del sangue -la fine di un compleanno perfetto- riuscì a gracchiare mentre si piegava in due come se le avessero dato un pugno sullo stomaco -vattene Ahmed, TI PREGO!- lo supplicò la ragazza con un filo di voce mentre il suo corpo si riempiva di pelo beige -Vuoi ANDARTENE IDIOTA!- la leonessa che fino a pochi secondi prima lo bloccava si scanso, ma il figlio di Anubi rimase pietrificato per un misto di paura e preoccupazione -che succede?- riuscì a biascicare -Te lo spiego il marmocchio semidivino- la voce era gelida, decisamente non quella di Rashja così misurata e rispettosa -si, so tutto di te il rampollo di Anubi, il primo il fratellino sta bene?- lo schernì quindi rise -tu non sai nemmeno il sacrificio costante a cui hai sottoposto il mio sacco di carne-. Ormai la ragazza non esisteva più, stava fissando una leonessa con le fattezze umane. -Tu cosa sei?! È chiaro che non sei Rashja- esclamò, la paura si era evoluta in rabbia e quindi in coraggio, come era già capitato con la Manticora. -Non sono tenuta a risponderti, e poi a cosa servirebbe? Non l'hai capito? Sei morto-. Un branco di leonesse circondarono la loro regina sfoderando gli artigli e avvicinandosi minacciosi al loro pasto. -Indietro!- squittì dalla paura, era disarmato contro una dozzina di leonesse-Rashja mi spiace, io... ti amo- confessò avvertendo la fine -ti ho comprato un regalo, spero ti piaccia- le leonesse balzarono su di lui, fu in quel momento che una lancia con due lame a ventaglio nere come la pece, poste alle due estremità di una barra di metallo dello stesso colore, gli comparì in mano. Istintivamente l'alzò per difendersi, la lama sfiorò appena la testa di uno dei felini che si disintegrò lasciando al suo posto una manciata di cenere. Il resto del branco tentennò, arretrando di un passo -ma bene, vuoi lottare? Chissà come ridurrai la tua preziosa Rashja se la toccassi con quella- La ragazza leonessa sembrava sicura della sua forza, mentre Ahmed cominciasse ad avvertire uno spiacevole senso di debolezza -oh, già stanco figlio di Anubi? Pensavo che sarebbe stato più divertente... quindi se non ti dispiace...- la creatura cadde in ginocchio -si, mi dispiace! È il mio compleanno e hai rovinato tutto come al solito!- la voce di Rashja le uscì dalle labbra -vattene maledetta!- in un lampo di luce rossa tutto era tornato normale, se non per il fatto che ora la ragazza era sprofondata priva di sensi.

    -Sono felice, non ti stanchi mai di salvarmi la vita- l'accolse Ahmed quando ore più tardi riaprì gli occhi -di cosa stai parlando? Non ricordo nulla, soltanto tu che trasgredivi alla primissima regola del nostro contratto- era ancora debole ma riuscì a mettersi seduta -senti, sarebbe facile per me far finta di nulla, ma ho...- non sapeva come completare la frase, cos'aveva visto effettivamente -Hai visto Sekhmet non è così?- la voce così seria della ragazza non lo aiutò a superare il trauma di poco poche ore prima -io non so cos'ho visto, so solo che è stato terrificante non eri in te- tentò di spiegare -hai semplicemente conosciuto Sekhmet, la dea dei raggi solari, della guerra e della medicina- -no, non è possibile, Ra l'aveva trasformata in una capra dea dell'amore o così ci raccontava mia madre-. La ragazza scosse la testa -vorrei che fosse così ha solo diviso sua figlia in due Hator, la dea mucca... e non capra e Sekhmet, poi quel piccione troppo cresciuto sigillò la parte malvagia in una sacerdotessa di nome Amira...-. Fece una pausa, era la prima volta che si apriva così con qualcuno, forse aveva sbagliato tutto, forse rivelando la storia ad Ahmed avrebbe evitato quella situazione -sai un bel po'di cose su questo mito- tentò di alleggerire la situazione, ma lo folgorò con lo sguardo -Amira scelse ella stessa di portare il demone dell'Egitto dentro di sé, aveva una disciplina mentale così ferrea che riuscì a sottomettere la dea, partì quindi per portare Sekhmet il più lontano possibile dall'Egitto, giunse in una terra chiamata Kashmir, qui lavorando come cameriera a palazzo conobbe e si innamorò del principe Mhavir, si sposarono ed ebbero una figlia di nome Rashja, Amira non poteva sapere che la debolezza del parto aveva permesso a Sekhmet di possedere la bambina al suo posto. Lo scoprì troppo tardi, avevo quattro anni quando uccisi i miei genitori, mangiai il cuore di mio padre e divorai completamente mia madre, non risparmiando nemmeno le ossa. Ora lo sai, sai perché non posso stare con te... io ti amo, e proprio per questo non voglio starti vicino-. Ahmed non si mosse, non se ne andò ne urlò o altro, prese una cavigliera d'argento con un grazioso campanellino -sono andato a Iunu, da quel mercante simpatico che ci regala sempre qualcosa e mi sono ricordato che spesso ti fermavi a guardare questa cavigliera...- ancora prima che finisse di parlare Rashja gettò le braccia al collo all'amico e fece la più grande follia della sua vita: lo baciò sulle labbra -ti amo- gli sussurrò all'orecchio -l'hai comprata hai detto?- -si, ho speso tutta la mia parte dei furti, non volevo che il mio regalo fosse rubato-. Rashja se ne andò senza dire nulla, era felicissima per il regalo e questo rendeva ancora più grande la sua colpa. "Voglio tornare a casa, lì non posso fare del male a nessuno!". La sabbia si aprì ad un passo di lei, come un imbuto, l'idea di entrarci non la convinceva, ma a quanto pare Ahmed aveva deciso di seguirla, la giovane si gettò nel tunnel senza esitare-. Quando il mondo smise di vorticare in un caleidoscopio di colori si ritrovò nella sua stanzetta nella casa di Thoth. Rashja sprofondò in un angolino della stanza cingendosi le ginocchia con le braccia era così angosciata che non riuscì nemmeno a piangere. Rimase ferma in quella posizione per tre giorni, la sera del terzo giorno il padrone di casa si affacciò sulla soglia -hey bellissima, non ti abbiamo vista ai pasti, non hai fame?- le chiese entrando -Rashja? Come mai sei tornata?- La giovane rimase in silenzio -E come mai sei nuda? Hai freddo?- -vorrei restare sola- non alzò gli occhi dal pavimento ma diede segno di star bene -vuoi stare sola? È il tuo compleanno!- tentò di scuoterla -non m'importa nulla- Thoth non si arrese si sedette accanto alla ragazza e le accarezzò i capelli -allora, vuoi dirmi cos'è successo? Hai ucciso qualcuno?- chiese comprensivo -a parte i miei genitori?- mugugnò -sto parlando a Rashja, e Rashja non ha ucciso i suoi genitori, sono stati uccisi da Sekhmet- -si come no- mormorò la ragazza. -Vuoi dirmi cos'hai o devo entrarti nella testa e scoprirlo da solo?- la ragazza non rispose -vuoi forse morire di fame?- azzardò -acuto, quella dannata, guarisce ogni ferita che mi sono inflitta, ho tentato di rendermi sterile ma non ha funzionato, questa volta non potrà fare nulla!- Thoth la squadrò disgustato -quasi un anno fa per poco non sfondavi il portone per parlarmi e ora che sono qui quasi non mi parli- la giovane rimase muta ancora una volta -Hai conosciuto qualcuno in questo tuo viaggio re dei ladri?- -dov'eri quando pregavo per la tua guida?- replicò mogia. Dopo questo il dio tirò un ceffone alla sua pupilla -non sei che l'ombra della Rashja che conosco... hai paura di ferire chi ti sta vicino? Allora devi semplicemente...- finalmente la ragazza si voltò a guardarlo -Gli dei dovrebbero ispirare la gente, guidarla, qualunque cosa riguardi il mostro dentro di me non è ne semplice, fino ad ora io ho tentato di essere come mia madre, ma NESSUNO si è preoccupato di me, io non posso vivere così, ho paura, anzi sono terrorizzata da lei, eppure mi costringo a tenerla incatenata dentro la mia mente, per cosa? La gente non sa nemmeno che esisto, non sarò mai una madre, non potrò mai innamorarmi, Ahmed è stato ferito per colpa mia, non di Sekhmet, io non sono riuscita a dominare le mie emozioni, non lei!- Thoth ascoltò in silenzio -ti chiedo scusa, non sei l'ombra di Rashja, ero abituato a vedere i tuoi progressi di come riuscivi a imbrigliare una dea, che mi sono dimenticato che rimani pur sempre una ragazza che ha diritto alla sua vita e Ra ti ha negato quello per cui vale la pena vivere- -Thoth, se davvero per te io significo qualcosa, concedimi un favore-. Il dio della conoscenza la guardò con un misto d'amore e devozione -ti considero mia figlia, è per questo che gli dei mi hanno proibito di vederti, chiedi quello che vuoi piccola mia- -uccidimi, ti prego- lo pregò bagnandoli i piedi con le lacrime -no, non voglio farlo, sei ancora giovane hai una vita da vivere- -la mia non è vita, non lo è mai stata!- pianse come una bambina -Dimmi, cosa provi quando sei vicina ad Ahmed?- domandò a bruciapelo. La ragazza fu scossa da un brivido -i...io lo amo, ma non posso amarlo, però sento il cuore battere così forte quando mi sorride, mi sento serena anche quando mi arrabbio e poi... nessuno è mai stato così dolce con me... a parte te ovviamente papà- -Papà?! Come, non ero noioso?!- le sorrise spettinandole i capelli -non montarti la testa, lo sei ancora!- L'ibis si fermò a guardarla, le sorrise e quindi le disse -lo sai, tu sei un cristallo, sei bellissima e illumini chiunque ti stia vicino, così che tutti dimenticano quanto sia fragile e preziosa-. Il dio schioccò le dita e un peplo color verde acqua le comparve addosso. -si, ti sta benissimo, anche perché sei così carina che anche con addosso un sacco saresti bellissima-. La ragazza arrossì e regalò al dio un sorriso -senti, non mi hai più detto perché sei scappata- la ragazza ci pensò, adesso a mente fredda le sembrava un motivo futile -mi ha visto la schiena, e mi sono arrabbiata, non voglio che sappiano di quell'altra- Thoth rimase schioccato -aspetta, non ti ha violentato o picchiato?- la ragazza scosse la testa arrossendo -avrei capito se ti avesse visto il seno, ma...- Rashja lo frenò -ho capito, sono stata stupida va bene?! Fatto sta che mi sono arrabbiata e Sekhmet ha pensato bene di graffiarlo, non so come ho recuperato il controllo e il resto lo sai-. Thoth e diede un buffetto -la mia pulcina, si è sentita così in imbarazzo- -Ahmed non vorrà più vedermi- piagnucolò. Il dio se ne andò, si fermò sulla soglia -molto bene, domani sveglia all'alba.- notando lo sguardo interrogativo della giovane aggiunse -l'addestramento continua-.

    La mattina successiva la ragazza si diresse in biblioteca, l'enorme stanza era completamente immersa nel buio se non fosse stato per delle candele che fluttuavano per la stanza illuminandola debolmente. -Anche oggi non hai mangiato nulla- fu la prima frase che il dio le rivolse quel giorno -devi smetterla, la fame ti renderà debole, e la debolezza...- lasciò la frase in sospeso sapendo che la sua pupilla avrebbe afferrato -quindi devo arrendermi a lei? È questo che vuoi?!- il dio non rispose subito, con un cenno di mano le candele si disposero attorno a loro due formando un circolo, prese fiato -dimmi Rashja, lo sai perché ti ho evitato per questi ultimi anni?- -Non lo so, visto il bel complimento di ieri escluderei che fosse perché non ti sto a cuore, avrai avuto degli impegni immagino- il dio scosse la testa -Ra, mi ha flagellato per tutto questo tempo per averti addestrato, lui ha paura di te, come aveva paura di sua figlia. Amira aveva giurato di servirlo... ma tu sei pericolosa a suo dire-. Rashja rimase in silenzio -i...io non lo sapevo! Ti prego di perdonarmi... non volevo che tu pagassi per colpa mia- corse ad abbracciarlo e baciarlo -dimmi Rashja, come ti senti?- -in pena per te brutto stupido!- il dio della magia ci rimase un po' male -avrei detto arrabbiata, questo complica le cose-. Le appoggiò una mano sulla fronte, all'improvviso si ritrovò a guardare l'interno di una delle tante grotte che le facevano da nascondiglio, era tutto normale tranne una cosa: Ahmed! Il ragazzo era steso sulla sabbia che formava il pavimento era abbracciato ad una ragazza dai capelli rosso fiammante, dopo l'abbraccio si passò ai baci. Sentì la gelosia comprimergli lo stomaco -BRUTTO STRONZO!- fece una cosa che non avrebbe mai creduto possibile: gli mollò un pugno in piena faccia -si può sapere chi è quella sgualdrina eh?!- il ragazzo perse icore, anche dopo un pugno che aveva rotto il suo bel naso il giovane si comportò come se lei non esistesse, continuando a ricoprire di baci il suo ragazzo. Avvertì la morsa di Sekhmet farsi più forte mentre le unghie e i denti cambiavano in zanne e artigli -finalmente!- la voce di Thoth la riportò nella biblioteca -che significa, aiutami ti prego!- annaspò come se stesse affogando -mi hai detto che avevi ripreso controllo, il tuo addestramento si baserà su questo: controllare il tuo demone anche se sei sotto stress o incollerita-. -Andiamo, so che ci puoi riuscire! Ho fiducia in te, calma il tuo battito rallenta il respiro chiudi gli occhi e respira- la istruì -n... non ci riesco!- Rashja si accasciò a terra. -Ma guarda, il piccione intelligentone- -Sekhmet, da quanto tempo, mi sono opposto quel giorno di vent'anni fa e non ti lascerò di certo la figlia di Amira- il suo tono pacato delineava una certa sicurezza –oh, come siamo agguerriti piumino!- la leonessa fece un passo verso Thoth ma si bloccò come punta da una vespa -FUORI DALLA MIA MENTE!- Rashja riuscì addirittura a sorridere al suo mentore prima di perdere conoscenza.-mh?... ho la testa in fiamme!- si lamentò guardandosi attorno disorientata. Era nella sua stanzetta -tu hai la testa in fiamme?! Mi hai come minimo spaccato becco!- Thoth era appoggiato alla parete -chi ti ha insegnato a lottare?!- Rashja dovette rifletterci su, i ricordi sembravano una brodaglia vorticante, il solo tentativo di scrutarci dentro le procurò la nausea -Azhar, si chiamava così se non sbaglio, non l'ho più visto-. L'ibis annuì -ora si spiega, volevo solo dirti che ho creato quella visione, Ahmed non se la spassa con una rossa tutta curve- -meno male, quello che ho fatto a te sarebbe niente in confronto a quello che farei a lui, e ancora meno di quello che farei a lei- Thoth rise -che ho detto di tanto buffo- -oh, niente... É solo che almeno un difetto lo hai, cara la mia gelosona- Rashja arrossì violentemente -non sono gelosa!- -e anche permalosetta eh?!- ridacchiò -si vede che un pugno non ti è bastato vero?- risero insieme, Ahmed... se solo ci fosse stato anche lui sarebbe stato il più bel ricordo della sua vita, lei Ahmed e Thoth che ridevano a crepa pelle, chissà se sarebbe mai accaduto. I giorni divennero ben presto settimane, ogni giorno che passava Rashja scopriva quanto le parole di Thoth fossero vere: voleva il suo amico tutto per sé ogni volta che Thoth creava una visione del ragazzo in dolce compagnia non poteva far a meno di infuriarsi, un giorno arrivò al punto di evocare una leonessa perché si occupasse della compagna del suo ragazzo -wow, fai paura, che gli dei abbiano pietà di quel giovanotto- replicò allibito il dio ibis. L'allenamento dava i suoi frutti, anche se si arrabbiava o provava un forte odio per qualcuno riusciva a tenere quasi sempre la leonessa a freno. Erano passati due mesi dal giorno della lite con Ahmed e sembrava che il suo addestramento era finito, la sera prima Thoth le aveva promesso che quel giorno avrebbe avuto un'ospite particolare. Dopo l'abbondante colazione la ragazza andò in biblioteca, era come al solito immersa nell'oscurità -dovresti stare attenta rashja se mangi tutta quella frutta c'è il serio rischio che tu possa mettere su un grammo, guardati: sei più magra di una scheggia!- la prese in giro bonariamente quella mattina aveva deciso di indossare anche la cavigliera di Ahmed come porta fortuna, così ogni suo passo era annunciato dal limpido suono del campanellino d'argento. -correrò il rischio- sorrise -allora dov'è l'ospite a sorpresa?!- domandò impaziente -siamo curiose eh?! Calmati sarà qui a breve- la ragazza si calmò e si sedette, prese il vecchio papiro della madre su cui aveva molte volte studiato, lo conosceva a memoria, ma lo rilesse ancora. Smise di leggere e si guardò intorno, Thoth era immobile al centro della stanza stava scrivendo su di un papiro - che fai?- l'ibis sobbalzò -Rashja sto tentando di creare nuovi concetti è un'operazione complicata -oh, ma mi annoio, la tua ospite si è persa?- commentò del tutto disinteressata -ti ho già detto che arriverà a breve quindi fai la brava e lasciami concentrare su- il rimprovero la fece sorridere -fai la brava?! Ho diciassette anni non sono più una bambina!- cominciò a misurare la stanza a grandi passi, ma ben presto si annoiò pure di quello Thoth stava ancora scarabocchiando sul suo rotolo quando una leonessa lo scaraventò a terra, tra i denti aveva però una mela - ma che brava miciona!- si congratulò per la presa -già, proprio brava- borbottò il dio rimettendosi in piedi -qui, dammi la mela da brava- il felino trotterellò felice al fianco della sua padrona e lasciò il frutto, che Rashja lanciò di nuovo, la mela era ancora in aria quando la leonessa partì all'inseguimento, l'avrebbe presa al volo se non si fosse scontrata con una donna apparsa dal nulla. La ragazza corse ad aiutarla a rimettersi in piedi -oh grazie cara- la testa dell'ospite di thoth era quella di una mucca, dal pelo marroncino, indossava un grazioso abito di lino con svariati veli trasparenti di cui si vedevano solo i ricami -guarda cos’hai fatto: hai fatto cadere la mucchina... cattiva micia!- la leonessa appiattì le orecchie e strascicò la coda mortificata. Rashja si prostrò ai piedi della dea -divina Hathor- -Rashja finalmente ci conosciamo il tuo amico mi ha parlato molto di te- -spero di non deluderla allora- La mucca la squadrò con lo sguardo -no, sei anche più carina do quello che va dicendo quel vecchio uccellaccio-. La giovane avrebbe voluto ringraziarla ma prima che riuscisse a dire anche solo una parola la dea dell'amore la zittì educatamente con un cenno della mano -piuttosto sono io che ti ho delusa, tieni la metà più distruttiva di me dentro il tuo corpo è davvero umiliante- Rashja non riusi a trovare parole per distrarre la dea quindi decise di cambiare argomento -Divina Hathor, a cosa devo la sua visita?- la dea dell'amore sorrise -il tuo sigillo, non è completo, secondo Thoth solo l'amore può completarlo- Rashja sentì l'improvviso bisogno di scappare -sono onorata della sua visita, ma non ho con me il pugnale di mio padre- chiuse gli occhi e rimase in attesa della sfuriata imminente, ma non arrivò -mi sono presa il disturbo di recuperarli per te- la dea le porse le sue armi. -Grazie- balbettò in qualche modo. La frase di poco prima le rimbalzava ancora in testa -mi scusi, ma non penso sia corretto, se deve farlo l'amore vorrei provare con una persona-. -Rashja, sappi che se avrai bisogno di me io ci sarò- le disse la dea prima di sparire con un suono si sistro che si andava via via affievolendo. -ti ringrazio, Ahmed mi aspetta!- diede un bacio al suo dio -oh e grazie del vestito!- -Sappi che sarò qui ad aspettarti pulcina mia, mi raccomando sii buona non litigate più- sorrise il dio -ti mancherò?- -vuoi scherzare? Avrò finalmente la pace che mi occorre- rise l'altro. La ragazza si concentrò su Ahmed, e quando il tunnel di sabbia si aprì vi saltò dentro. Qualche istante dopo si ritrovò ad un'oasi, di Ahmed non c'era nessuna traccia, solo una grande pozza d'acqua. La giovane chiamò più e più volte l'amico, ma nessuno rispose -fantastico, sono persa chissà dove e soprattutto chissà perché- sospirò tentò più volte di raggiungere Ahmed, ma ogni volta il sigillo la portava in quell'oasi. Abbandonate le speranze di arrivare al ragazzo così facilmente si mise in cammino verso una direzione a caso, il panorama era uguale per qualsiasi direzione: sabbia rovente. Passò così giorni, settimane, mesi era una settimana dopo il suo compleanno quando le venne un'idea: la festa del dio Ra! Non era il suo dio preferito da quando aveva sigillato un'assassina a sangue freddo dentro sua madre, ma era la festa più importante d'Egitto, se Ahmed come lei viveva di furti Tebe sarebbe stata la città dove si sarebbero ritrovati!. Non era poi così lontana dalla capitale, quindi la raggiunse a piedi, la città era gremita di gente e di mercanti che vendevano merci ovunque trovassero abbastanza spazio. Stava camminando circondata dalla folla quando avvertì una sensazione sgradevole, e soprattutto avvertì la presenza di un sigillo conosciuto non molto distante da lei. Guardandosi attorno lo intravide: Hotep, il gran sacerdote di Ra, stava ancora ripensando al suo ultimo incontro con il prelato, quando fu urtata da una donna, portava un lungo mantello con cappuccio, quindi non riuscì a vederne il volto. -Sekhmet! Sarai dei nostri al calar del sole?- le domandò per poi scomparire tra la folla. Se già Hotep era un brutto segno, la donna in mantello rosso la mise in allarme, doveva trovare Ahmed e andarsene da quel posto. Il problema era che il ragazzo non si trovava da nessuna parte e il tempo a disposizione era quasi finito, a mezzo giorno iniziava la cerimonia, e le ombre si allungavano paurosamente. Anche se non aveva trovato l'amico rimase per la cerimonia, e quasi svenne quando vide Azhar in piedi accanto al trono dove sedeva il fratello, accanto a lui altri due troni, uno per quella che doveva essere la moglie e la figlia, era anche più piccola di Yuki, provò tenerezza per quella piccola. Stava andando tutto a meraviglia il discorso del faraone e tutto il resto. "Per una volta mi sarò sbagliata" sospirò sollevata, le cose peggiorarono di colpo quasi per il gusto di darle torto, Azhar era morto per colpa di uno scorpione mentre la donna che poco prima l'aveva chiamata: "Sekhmet" si rivelò essere la dea scorpione, fu facile ora capirne le trame: il vecchio sacerdote si era alleato con la dea e quando lo incontrò voleva costringerla a schierarsi dalla loro. La piccolina era riuscita a scappare, ma non avrebbe fatto molta strada con il perfido nonnino alle calcagna. -tenetelo occupato- un trio di leonesse sbarrò la strada al vecchio che indietreggiò tremante, a quanto pare doveva essere stato un trauma per lui, le leonesse lo accerchiarono. -molto bene!- si mescolò ai pochi rimasti e riuscì ad andarsene. Si mise sulle tracce della principessina, da sola così piccola non sarebbe durata molto. La seguì a distanza per non spaventarla. Qualche settimana dopo cambiò inaspettatamente direzione, si diresse verso il Siani. Era nel bel mezzo del deserto quando la piccola svenne inspiegabilmente. -Ma deve andare sempre così?- corse a prenderla e la portò in braccio fino alla grotta rifugio che aveva in quel deserto. L'adagiò sulle coperte e ricominciò quello che aveva già fatto anni prima per il suo ragazzo. Cosa che non sembrava affatto funzionare per la piccolina -che ti sei fatta?- urlò esasperata non riuscendo ad abbassare la febbre. Corse fuori e ripercorse i passi della ragazzina, l'unica cosa che vide fu un piccolo scorpione dorato -TU!- sibilò -Serket! Non così in fretta!- la piccola creaturina non si fermò -molto bene...- lanciò il Kriss nero che trapassò l'esoscheletro dell'insetto come il burro. -Ti avevo avvertita- lo scorpione zampetto scomposto quindi assunse le sembianze della dea -come sapevi che ero io?- il braccio destro della dea era perforato da parte a parte dal coltello dalla lama serpeggiante. -TU! CHE GLI DEI TI MALEDICANO!- Rashja rise di gusto -credo lo abbiano già fatto sai?- sguainò il pugnale di suo padre -il veleno, che antidoto uso?- la dea non rispose -puoi dirmelo tu, oppure posso prendere l'icore dal tuo cadavere, per quanto potente quel veleno credo di avere tutto il tempo per sgozzarti come un maiale!- il lavoretto con il braccio ebbe davvero un ruolo fondamentale nelle trattative. -tempo scaduto cara!- Serket scattò di lato ma non riuscì ad evitare la lama che squarciò la veste d'orata della donna aprendo allo stesso tempo un taglio zigzagante che partiva dall’ ombelico fino al petto. -Non sono stata sufficientemente chiara? L'antidoto in cambio della tua vita, mi pare uno scambio equo- la dea del veleno ringhiò e urlò dal dolore. -come desideri, l'antidoto- lanciò a Rashja il guscio di uno scarabeo di color turchese -grazie, visto? Non era difficile... il pugnale carina, lo rivoglio- la dea non poté far altro che accontentarla. Dopo averle somministrato il guscio dell'insetto benchè la febbre fosse ancora molto alta il respiro della bambina si fece più regolare. Dopo tutto quello che era successo Rashja riuscì a tirare un sospiro di sollievo, guardando l'anello le venne l'idea più semplice e geniale che le fosse mai venuta. Richiamò una leonessa e le fece annusare la campanella "se funziona per i cani perché non per i leoni?" Si disse -Trova Ahmed, portalo qui devo parlarci- grattò la gattona dietro le orecchie e si mise a fare le fusa, la ragazza fu costretta a coccolarla un altro po', prima che il felino decidesse di entrare nel tipico tunnel di sabbia. Una volta rimasta sola con la sua giovane paziente si mise a preparare la cena. Era notte fonda quando la principessa riaprì gli occhi -ben tornata al mondo- la salutò -cos... dove sono?- -in un luogo sicuro, nel deserto del Sinai-. La ragazza fece per alzarsi ma l'altra la fermò -frena i cavalli, sei ancora debole- la rimise sdraiata e la imboccò a forza di brodo di pollo la ragazzina riuscì a bisbigliare un -grazie- prima di perdere di perdere nuovamente conoscenza. Istintivamente le rimboccò la coperta e le accarezzò la fronte -mh...- all'improvviso avvertì una presenza molto simile a Sekhmet, ma era meno selvaggia, come la furia di un fiume sedata da una diga -salute e pace, sono Rashja- sussurrò "Rashja? Tu sai che sono qui?!" Una voce maschile si insinuò nella sua mente "così pare, con chi ho il piacere di parlare?" La voce tacque "vorrei sapere fino a dove posso spingermi con un sigillo non mio" riprese la ragazza "Non dovresti giocare con il fuoco" l'ammonì la voce "ma se vuoi provare..." la ragazza si concentrò e riuscì ad evocare un Kopesh, appena lo strinse però avvertì il mondo vorticare attorno a lei sempre più veloce. "Hai una mente e un corpo forte, sono Horus." "Lo avevo già capito, ma era scortese non lasciale il tempo di presentarsi mio signore". La conversazione fu interrotta da un rumore di passi all'esterno -Ahmed!- la ragazza gli saltò al collo -Rashja, immaginavo che la leonessa fosse tua- la cinse con le braccia e la baciò sulle labbra. Il cuore della ragazza minacciò di esplodere -ti chiedo scusa, mi sono arrabbiata per nulla- le vibrò la voce una sfumatura vermiglia prendeva il sopravvento sulla pelle caramello della ragazza-no, mi avevi avvertito, in realtà ero solo curioso- la fermò -non avrei dovuto scappare, ma avevo- -bisogno di tempo per riflettere?- domandò, Rashja annuì e appoggiò la testa al petto del ragazzo come se volesse ascoltarne il battito -ho riflettuto, e... ti amo Ahmed, non voglio starti lontana mai più- il ragazzo arrossì e le accarezzò i capelli -bene, allora riprendiamo il viaggio?- Rashja scosse la testa -adesso non posso- -hai compagnia? Dio o mortale? - -una mortale, molto molto spaventata e salva per miracolo- spiegò -sei sempre così buona con tutti, perché?- Ahmed le diede un buffetto sulla guancia -perché pochi lo furono con me- stettero abbracciati ancora un po' nel freddo della notte. -È la principessa Elly- confidò in fine -dammi qualche mese, poi ti contatterò io-. Ahmed la baciò di nuovo -hai un cuore molto grande, molto bene, perché mi hai chiamato?- -Dovrai fare una cosa per me appena ti ricontatterò-. Man mano che il tempo passava l'affetto di Rashja per quella bambina cresceva, così come quello della principessa per lei, ben presto si chiamarono sorelle. In appena quattro mesi Elly riuscì a padroneggiare il sigillo, dimostrando un talento innato, forse superiore anche ad Ahmed. -non ho più. Nulla da insegnarti, ma se vuoi affinare le tue abilità, dovresti andare al tempio degli dei- le confidò -e tu? Verrai?- Le domandò -certo, però devo prima trovare un amico... o meglio il fratello di un amico-puntualizzò -e poi... guardati, sei un disastro, ricordati che sei una principessa- le sistemò la veste e le pulì il viso. -allora ci vediamo... sorellona- -a prestissimo sorellina- la salutò.
     
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    Capitolo Extra 3: La maledizione del sole – Parte II

    Per i successivi due anni rimase con Ahmed alla ricerca di Amir, fino all'incidente nel deserto di Giza. Quella mattina Ahmed fu più spericolato del solito, e dovettero fuggire dalle guardie cittadine. In più Rashja litigò con l'amico per... ora che ci ripensava non le veniva in mente il motivo. Il punto era che ora si ritrovavano a camminare separati -mi ha fatto mentire a Elly, cosa le potrò dire quando ci rivedremo?- borbottò affrontando le dune del deserto. Era tutto fin troppo tranquillo quando notò un movimento a pochi passi da lei, non ne era certa però le era parso uno scorpione delle dimensioni di un cavallo però. -Fantastico- rise amara preparò i pugnali e si diresse verso la creatura. L'insetto attaccò ma lei fu più lesta e con una raffica di affondi riuscì in poco tempo a sopraffare la creatura. Questo però non migliorò il suo stato d'animo, Ahmed era sparito per qualche giorno, e quando era tornato non ricordava nulla di Sekhmet, né di Elly si comportava in modo strano anche nei suoi confronti, farneticava su di un sogno che lei avrebbe fatto. Non aveva avvertito nulla, la presenza di un dio o altro, in un primo momento si era convinta che fosse uno scherzo, ma da qual giorno era più assente parlava da solo e spesso le chiedeva come mai si trovasse dietro di lui se pochi istanti prima si trovasse in un'altra posizione. In pratica ricordava eventi che non erano successi o aveva ricordi distorti. Immersa in quei pensieri non si accorse di un secondo scorpione appena sbucato da sotto la sabbia, l'avrebbe uccisa se Ahmed non fosse arrivato in quell'istante urlandole di gettarsi a terra, sfortunatamente lo scorpione furioso per l'assalto andato a vuoto si preparò per un nuovo attacco, colpì con la coda il ragazzo che non fu sufficientemente svelto per schivare il attacco. La coda del mostro perforò la parte sinistra del volto di Ahmed che crollò privo di vita. Senza nemmeno accorgersene si unì a Sekhmet e ridusse a una manciata di carne putrescente il gigantesco insetto. Sventrando in due metà perfette. -AHMED! Andiamo, non puoi morire! Resta con me... io ho bisogno di te!- urlò -lo sai, è un po' difficile, che ne dici di un'aiutino?- ridacchiò il ragazzo con le sue ultime forze. -AHMED, IO TI AMO! NON PUOI MORIRE ORA!- pulì inutilmente la ferita e lo baciò, cominciò a piangere lacrime amare consapevole che nulla lo avrebbe riportato indietro. -Saresti disposta a cedere la tua vita per lui?- Non era più sola, accanto a lei china sul corpo esanime di Ahmed c'era un uomo con una tunica bianca con un lungo clamide rosso, aveva lunghi ricci biondi e gli occhi di un verde intenso ma, il particolare che più attirò l'attenzione di Rashja fu un lungo bastone da pellegrino sul quale erano attorcigliati due serpenti di un verde intenso. -Se potesse ridargli la vita getterei la mia tra le fauci di Ammit -rispose singhiozzando -Rashja, tu sai chi sono?- In quel momento di disperazione l'ultima cosa che aveva in mente era avvertire la presenza divina accanto a lei quindi scosse la testa -sono Esculapio, dio greco della medicina e della guarigione- le spiegò con garbo -ti visto come ben due volte hai accudito i malati, sei esattamente quello che cerco in una persona...- Rashja continuò a piangere, se in un altro momento quel commento le avrebbe fatto toccare il cielo con un dito, in quel momento però non erano altro che un brusio senza senso. -Ti voglio mettere alla prova, ti consegnerò il potere di riportarlo indietro dal dominio di Osiride... tuttavia ti costerà la vita-. Le consegnò una moneta con. Inciso il caduceo. -devo fare una cosa prima- mormorò. La ragazza chiuse gli occhi e si concentrò, quando gli riaprì si ritrovò nella familiare biblioteca di Thoth, di fronte a lei era ancora incatenata la figlia di Ra -quanto tempo, sei venuta a darmi il tuo corpo?- la salutò senza rivolgerle la parola la giovane stese la mano e le catene che imprigionavano la dea sparirono. -che significa?- domandò sorpresa -mi avevi promesso che ci saremmo sfidate per il controllo del mio corpo quando avrei voluto io giusto? Voglio farlo ora- rispose granitica, la dea la fissò per un po' senza dire nulla -quello sguardo pieno di rabbia, e frustrazione... è una gioia da vedere- si leccò i baffi pregustando lo spuntino -si nota a occhio che sei migliorata dall'ultima volta... fammi divertire figlia di Amira!- senza preavviso scattò contro la ragazza che si limitò a schivare la carica, Sekhmet tornò all'attacco servendosi del suo animale sacro, che Rashja mandò facilmente al tappeto con un singolo affondo al ventre -sei davvero migliorata, sarà davvero divertente!- Dopo quella serie di attacchi La dea della guerra rimase ferma a studiare l'avversaria -avanti mostrami cos'hai imparato- Rashja rimase immobile, non alzò nemmeno la guardia -No? Va bene, allora difenditi!- in meno di un istante Sekhmet partì nuovamente all'attacco con una serie di unghiate, Rashja riuscì ad evitarle tutte meno l'ultima che riuscì a lacerarle il fianco. Senza curarsene avendo la dea a portata la colpì con un diretto allo stomaco -Dannata, volevo dartelo in faccia-. Sekhmet indietreggiò massaggiandosi lo stomaco -oh non così in fretta- La ragazza le fu addossò i pugnali sguainati e prima che l'altra potesse contrattaccare le puntò le lame alla gola -si, sei migliorata, ma sei ancora troppo buona- piazzò una ginocchiata sullo sterno all a giovane -carini, hai degli artigli anche tu vedo-l. Rashja anche se senza fiato si rimise in piedi, aveva la vista annebbiata ma non avrebbe ceduto il suo corpo così. -Che ti prende, il gatto ti ha mangiato la lingua figlia di Amira?!-La ragazza non le rispose ma, scagliò il pugnale della madre che si conficcò nel petto della dea, mentre quello di Mahvir le attraversò la gola. -Se fossi un'umana, la cosa mi avrebbe davvero seccato- gorgogliò in un rantolo quasi privo di voce le ferite infatti si cicatrizzarono nel giro di pochi secondi. -La benedizione di Hathor... davvero utile.- imprecò tra i denti -Arrenditi, hai combattuto bene, ma non abbastanza- -VUOI CHIUDERE LA BOCCA OGNI TANTO?!- se doveva sparire avrebbe venduto cara la pelle, graffiò il muso di Sekhmet e si tolse la voglia: colpì con tutte le sue forze il volto di Sekhmet -QUESTO È PER MIA MADRE!- urlò -E QUESTO È PER MIO PADRE!- continuò estrasse il Kriss ancora conficcato nel petto della dea e con un fendente la decapitò. Rimase boccheggiante dall'ira guardando i resti della sua nemica. -Ritiro quello che ho detto, in realtà tu sei un demonio quanto me- la dea era di nuovo difronte a lei ancora integra -sei davvero molto meglio di Amira, lei non mi divertiva per nulla!- nove leonesse l'attaccarono ma furono respinte da altrettanti felini -non avrei potuto avere corpo migliore- rise la dea, tentò una zampata ma non riuscì a toccare la ragazza, le braccia presero fuoco -Hathor!- le fiamme non intimorirono la dea che riuscì comunque a graffiare le braccia dell’avversaria che si accovacciò a terra urlando dal dolore, gli stessi graffi si riflessero su di Sekhmet -Arrenditi, non vinceresti mai senza sparire a tua volta- l'ammonì la giovane -basta, non ho interesse nel continuare un duello che ho già vinto. ora l'accordo- si prese una pausa per riprendere fiato -non tenterai mai più di rubarmi il corpo, non attenterai mai più alla vita di chi mi sta attorno e soprattutto mi cederai la tua forza quando ne avrò bisogno- rinfoderò le armi e tese la mano alla dea -non sia mai che non rispetti la parola data- stinse la mano all'altezza del polso così che anche Rashja le stringesse il polso. -Tale madre... tale figlia- le sorrise in un modo che non le piacque per nulla, ma non approfondì. Rashja riaprì gli occhi, il dio della medicina era ancora seduto pazientemente accanto al cadavere di Ahmed. Le ci volle qualche istante per mettere a fuoco e abituarsi al mondo reale. -Il tempo a disposizione per portarlo indietro è poco Rashja- La ragazza afferrò la mano di Ahmed e strinse il nuovo sigillo -Salute e pace, sono Rashja... Esculapio ho bisogno del suo aiuto, la prego divino guaritore- bisbigliò concentrandosi sulla fonte del potere della dracma, la moneta baluginò di una rilassante luce verde "ti concedo la mia benedizione, rilassati e lascia defluire la tua energia giovane guaritrice" la voce di Esculapio era molto più educata e cordiale di una dea della medicina di sua conoscenza, la voce era simile a quella di Thoth eppure tremendamente diversa. Fece come le diceva lasciò che ogni fibra del suo corpo si inviasse la propria energia alla moneta, le ferite di Ahmed comunicarono a rimarginarsi e le ossa a rinsaldarsi "straordinaria, ma non abbastanza per riportarlo in vita, ho già detto che dovrai sacrificare te stessa per questo". -Ti sorprenderò allora- fu la prima ed unica volta che fu felice di fondersi con Sekhmet -osserva!- una nuova e rinvigorita dose di energia accese la moneta come una lanterna. Poco a poco il colore tornò in Ahmed così come il calore della sua pelle, Rashja attinse all'energia della dea oltre che alla sua e finalmente il cranio si saldò senza nemmeno una cicatrice, il sangue si sollevò da terra e tornò una volta purificato dalla sabbia nelle vene del ragazzo. Tutte le cicatrici di Ahmed scomparvero lasciando la pelle liscia e perfetta, il veleno dello scorpione evaporò, in un paio di ore il corpo di Ahmed era di nuovo intonso, ad eccezione dell'occhio sinistro era riuscita a rigenerarlo, ma la pupilla era sparita sostituito da un simbolo che aveva già visto ovviamente nei rotoli di Thoth: una crocia con una specie di linea gobba simile ad una falce alla base. Il colore rosso intenso del simbolo non le piaceva per nulla e l'essenza antica e potente che percepiva guardandolo non le piaceva affatto, era qualcosa di oscuro più antico degli dei e molto più pericoloso. A guardarlo sembrava un tatuaggio, ne aveva letto di questo tipo di sigilli durante l'ultimo soggiorno dal suo mentore ma, era troppo stanca per ricordare qualsiasi particolare. -Rashja?!- la voce del ragazzo era molto debole, ma era vivo -Grazie agli dei!-. Rashja lo stritolò in un abbraccio -no, grazie a te! Ti ho sentita chiaramente, e non piangere sto bene... Rashja, io voglio creare un nuovo mondo- la ragazza non disse nulla -l'uomo ha ridoto questo mondo un inferno, deve ricominciare sotto la guida degli dei, quindi devo distruggere questo mondo e creare uno nuovo-. La ragazza fu un po' spaventata ma, non riusciva a dar torto al ragazzo, visto che lei stessa aveva provato la bassezza dell'essere umano. -Il tuo occhio sinistro... m-mi dispiace, io- -È il prezzo per un mondo migliore, non solo per me, ma per noi! Rashja, ho bisogno di te- la pregò -Ahmed... Qual è il primo passo?- il giovane le rivolse un sorriso radioso -ho bisogno di un esercito, una legione, e poi... troverò Amir e lo ucciderò per aver ucciso mia madre... Si, una legione della morte-. Rashja tentò di nuovo di identificare l'entità nell'occhio del ragazzo -Chi sei? Cos'hai fatto al mio ragazzo?!- sussurrò "non vedo perché risponderti>/i>" una voce fredda, misurata e in quale modo crudele investì la sua mente, al confronto Sekhmet sembrava una gattina randagia. "perché non te l'ho chiesto, te l'ho ordinato!" la presenza tacque "diciamo che sono più antico del tempo" ridacchiò. -ho anche bisogno di qualcuno che spii il tempio degli dei, non voglio ostacoli- Ahmed la colse impreparata -Tu sai del tempio?!- il ragazzo la fisso -diciamo solo che un amico mi ha accennato di questo tempio, sai come raggiungerlo?- l'altra annuì -questo però... significa che staremo separati- si meravigliò anche lei del tono dispiaciuto -È inevitabile, ti cercherò io, non ti dirò dove andrò, tu scala la gerarchia del tempio, per te sarà uno scherzo-. L'abbracciò e la baciò a lungo. Se Ahmed era cambiato, il suo cuore non era mutato. "Vuole solo un mondo in pace, e anche io lo voglio, la medicina per questo mondo sarà amara ma necessaria. Il nuovo mondo unirà tutti gli uomini" si disse -Allora a presto, abbi cura di te-. -Lo stesso vale per te-. I due si separarono e presero due vie diverse. Il tempio degli dei era esattamente come lo immaginava: una colossale costruzione in marmo bianco ed oro, con una dozzina di colonne corinzie formava uno straordinario portico, bassorilievi di dei adornavano le lastre che formavano i capitelli, dei bracieri erano sospesi al soffitto, il pavimento a mosaico, gli immensi battenti intagliati. Varco la soglia e si ritrovò in un immenso atrio che dava in una stanza più illuminata, invasa dalle statue degli dei, tre in particolare attirarono la sua attenzione: la statua di Sekhmet, la dea leonessa sembrava quasi mansueta con un'espressione severa il lungo abito che le arrivava ai piedi scalzi -non ti rende giustizia, guarda le braccia, sono due fuscelli- "per la prima volta da vent'anni sono pianamente d'accordo". Lasciò perdere la statua della dea dei raggi solari e guardò un'altra statua Thoth, il dio della conoscenza era lì a fissarla con i suoi occhietti di pietra con quell'espressione compiaciuta che assumeva quando superava una giornata di allenamenti -ciao papà, sappi che anche la tua statua è noiosa- sorrise, le mancava il suo maestro, ma non voleva deludere Ahmed. Guardò l'ultima statua che aveva catturato il suo interesse: una statua in pietra nera come le precedenti, rappresentava un uomo dalla testa di falco che sorreggeva un disco solare sopra il capo, le braccia incrociate sul petto nudo stringevano i simboli del potere: il bastone pastorale e il flagello. Un gonnellino stretto in vita da una cinta le copriva le gambe lasciando le caviglie ed i piedi scoperti -Ra! Ti odio maledetto! Ti odio anche di più di Sekhmet, i miei genitori... gli ha uccisi la TUA maledizione!- provò un travolgente desiderio di distruggere quella scultura. -Complimenti, non sono in molti a trovare il tempio senza una guida, solitamente è un maestro a condurre qui gli adepti-. "Questa sensazione... Voglio ucciderlo!" "Che novità! Non lo farai, non siamo qui per questo" il ragazzo si avvicinò quando fu abbastanza vicino da vedere il volto della nuova arrivata arricciò le labbra in una smorfia irritata che scomparve subito, rimpiazzata da un falso sorriso. -mi chiamo Nathan, sono uno degli auguri, benvenuta nel tempio degli dei...- il del ragazzo sui corrugò quasi impercettibilmente -Non ti hanno insegnato, che leggere la mente delle persone è maleducato Nathan?- "piantala di giocare, sta ingannando i tuoi sensi, lui è Ra." -ciao, mi chiamo Rashja- riprese la ragazza ignorando l'avvertimento di Sekhmet -Anche dire le bugie è maleducazione, Amira- la corresse -sei più stupido di quello che pensassi Dio del sole, Amira aveva la mia età vent'anni fa. sono sua figlia-. Nathan la studiò con attenzione -Se mia figlia è dentro di te non l'avverto, cosa sei venuta a fare qui?- La ragazza cominciava ad odiare quel ragazzino fin troppo sorridente -sono venuta perché voglio proteggere la gente- rispose prontamente. -molto bene, allora, sarai una nuova adepta, e io il tuo...- -Maestro? Non credo che ne avrò bisogno, voglio diventare un augure, e voglio la piccola Elly come allieva-. -Sei molto più irrispettosa di tua madre, vieni voglio farti conoscere i tuoi limiti...non dire mai a nessuno chi sono chiaro?- -cristallino, andiamo, voglio farti capire quanto sono potente-. Percorsero molte stanze compreso il refettorio fino ad una lunga scalinata che conduceva ad una stanzina nascosta da un drappo rosso. -Parlami di Sekhmet, è ancora sigillata?- Ra era molto più impiccione di quanto si aspettasse -no, è morta insieme a mia madre, ho ereditato l'anello da lei, niente di più- -capisco, una pedina preziosa è andata persa-sospirò. Scostò la tenda per far passare la ragazza. La stanza era molto piccola, cinque cuscini erano disposti in circolo attorno al falò di Estia. Non c'era nient'altro se non quattro persone che stavano scrutando all'interno delle fiamme. Due ragazzi e due ragazze. -avvicinati- disse una delle due ragazze i capelli tagliati corti, sembrava che avesse un ciuffo di paglia i suoi occhi castani erano molto lucidi, sembrava simpatica e il peplo di color crema era davvero bello, quasi si sentì in imbarazzo a presentarsi con gli abiti imbrattati di sangue -chiamami pure Leona, diventeremo grandi amiche, me lo sento!- Rashja si senti in imbarazzo per la grande spontaneità dell'augure -Lo spero, mi chiamo Rashja, ed il tuo peplo è molto carino-. Tentò -ti piace? Ne ho uno color porpora che ti starebbe benissimo, oppure un altro di color avorio che...- la ragazza aveva più o meno la sua età, e mostrava una spensieratezza a dir poco contagiosa. -dimmi un po' Rashja sei venta per chiacchierare o hai bisogno di qualcosa?- -lasciala respirare Leona!- un uomo da una lunga barba bruna legata in treccine adornate da piccoli anelli d'oro, era un gigante, era un miracolosamente non sfondava il soffitto, indossava una corazza a scaglie, una tunica grezza e un mantello di lana - io sono Borik, ti senti davvero pronta per quello che stai per fare?- -si signore- qualcosa in quel uomo la metteva a disagio forse la stazza o i muscoli taurini. -non sarà un compito facile, ma vuoi comunque tentare, hai coraggio-. A parlare fu un ragazzino molto giovane ma la sua espressione era molto più saggia di quanto lei non sarebbe mai diventata, era calvo, la pelle scura era piena zeppa di geroglifici dipinti con un inchiostro azzurro -mi chiamo Baniti, mi aspetto grandi cose quindi- per ultima una bambina una bambina era avvolta da un chitone color confetto -Salute e pace Rashja- era terribilmente a disagio eppure era un augure, Rashja fisso meglio la bimba, lunghi capelli neri erano intrecciati con fiori, la pelle rosa, un nasino appena visibile e due occhi di un verde luminoso, sembravano così grandi eppure così tremendamente spaventati -Salute e pace a te, non voglio spaventarti- le rivolse un sorriso incoraggiante -il mio nome è Xenia, non mi hai spaventata è solo che sono tutti più grandi di me e mi sento fuori luogo, la giovane annuì -sai Xenia, se sei seduta qui devi essere straordinaria, anzi, penso che forse sei più forte di me-. Inutile, adorava i bambini, sopratutto le bambine avrebbe voluto stringerla in un abbraccio e rassicurarla, ma non era esattamente la situazione adatta. -Fantastico se abbiamo finito... mettiamo alla prova questa ragazza presuntuosa e andiamo a dormire- Nathan si sedette sul cuscino lasciato libero -coraggio Rashja mostra a tutti noi cosa sai fare- la spronò. Rashja si concentrò su Leona, non avvertiva la presenza di un dio vicino a lei, ma avvertì invece una fastidiosa sensazione di zampettare sul suo tutto il corpo. Trasse un respiro profondo e riuscì a identificarne la fonte: una piccola zanna legata alla caviglia della ragazza -Leona, i tuoi abiti, gli tessi da te giusto? Il tuo sigillo è qualcosa di non divino che ha a che fare con i ragni giusto?- domandò -Rashja non so come tu faccia, ma sei dannatamente brava!-. Rashja riaprì gli occhi, sorrise all'augure -e non è ancora finita, apri la mano- l'altra eseguì: un piccolo sforzo ragno zampettò fino al centro del palmo e qui fece una goffa capriola prima di svanire nel nulla. -che gli dei mi folgorino se sapessi come hai fatto!- applaudì contenta come una bambina. -augure tutta la vita!- esclamò eccitata -dobbiamo essere tutti concordi Leona- la frenò -sappi che non mi hai impressionato- puntualizzò -Borik, il tuo sigillo è complicato, il dio si è presentato come Odino o qualcosa del genere, mi ha chiamato in modo sconcio perché sono donna, Borik, mi spiace ma ho dovuto piegarlo con la forza- continuò -quello che ho capito è che puoi manipolare le forze della natura semplicemente nominandole, un potere davvero interessante- -Del tutto corretto, sei l'unica al mondo che possa usare dei sigilli non suoi, il fatto che ci riesci senza nemmeno toccarli è fuori dal comune augure Rashja- il guerriero tacque, l'intera stanza ormai la fissava colma di stupore, erano completamente assuefatti, tutti meno che Nathan. -coraggio Rashja, voglio vedere se riesci a capire cosa so fare- Baniti non la stava sfidando, voleva davvero conoscere i limiti della sua forza di volontà -lieta di accontentarti- si concentrò e dopo il suo solito saluto Rashja sussultò dalla risposta "Ciao pulcina mia, so chi sei, ma se vuoi ti dico chi sono: una persona di mia conoscenza ritiene, senza alcuna prova per giunta che io sia tedioso". "THOTH!" "Brava, ti vedo più serena dell'ultima volta... Ahmed sta bene?" "No, aspetta... Hotep aveva il tuo sigillo! Comunque Ahmed? Si, credo che stia bene" "Ti ho mai detto di avere un solo sigillo? Quella era una moneta, questo è l'amuleto pulcina mia" lo avvertì assumere quell'irritante aria da saccente che aveva ogni volta che la correggeva "pa.. Thoth, riesco ad usare i sigilli altrui, certo è più faticoso ma ci riesco, è possibile?" Thoth non le rispose subito lo vedeva camminare avanti e indietro accarezzandosi il becco pensoso "No, non è normale, nessuno può farlo, è per questo che ti adoro, con te l'impossibile diventa possibile coraggio allora, fammi vedere". -sono pronta il tuo sigillo è l'amuleto di Thoth, in quanto al potere.... non mi ha voluto dire nulla, mi ha detto fammi vedere- quindi riaprì gli occhi un rotolo di papiro immacolato le apparve sulle ginocchia con un'ampolla di pittura -ti prego no!- sibilò. Per quanto belli fossero i glifi che scriveva Thoth la correggeva di continuo -dunque di primo acchito direi che quello che si scrive su sul papiro si materializzi- prese la cannuccia e la intinse nel colore e scrisse una sola parola "loto" il fiore le si materializzò in mano. -stupefacente, non ho mai visto nulla del genere-. Rashja guardò teneramente Xenia -tutto bene?- la bambina annuì poco convinta -Hey, scommetto che tu sia molto più forte di tutti gli altri, vuoi che provi a vedere cosa possono fare i tuoi sigilli?- la bambina scosse il capo -no? Non ti farò male, lo giuro- la bambina non la guardava nemmeno -no, il mio sigillo è cattivo, e anche l'altro non è buono-. Rashja non lasciò che quell'anticipazione la spaventasse -bhe, gli dei di solito mi ascoltano se vuoi dico a quei due di essere più buoni e trattarti bene, cosa ne pensi, vuoi?- la bimba non disse nulla, era sul punto di scoppiare in lacrime ma, annuì quasi impercettibilmente. -Molto bene, lascia quei prepotenti a me- le ci volle poco per raggiungere i sigilli di Xenia, quello che le aveva detto però era vero, i sigilli della bambina erano malvagi, avvertiva una sensazione di inquietudine. Tentando di raggiungere il primo dio era straziante, aveva la sensazione di affondare nell'oscurità "ehy tu chiunque tu sia, devo parlarti" "vattene da qui, prima che sia tardi" "va bene, dovrai fare di meglio per spaventarmi" l'oscurità plasmò un uomo dai folti ricci neri, gli occhi del medesimo colore la pelle pallida e un Himation9 nero da cui fuoriuscivano due grandi ali piumate del colore della pece. "Tu pensi di poter dar ordini a Thanatos, il dio della morte?" Rashja guardò il dio, era una sua impressione o il volto di quel dio era simile a quello di Ahmed? "Bhe, la cosa è molto semplice: smetti di spaventare Xenia". Il dio la fisso come se fosse fuori di testa "io non la spavento, la morte è naturale lei è forte, ma la spaventa l'idea di uccidere" "una bimba così piccola spaventata dall'idea di uccidere? Che cosa inammissibile! Per essere il dio della morte non sei per nulla delicato, perché dovresti ascoltarmi? Perché non sei il dio più pericoloso che abbia visto e io non ho ceto paura di uccidere... Chiaro? Fallo più dolcemente cerca di rincuorarla, rassicurala insomma coccolala" "perché dovrei?" Rashja si era stancata di guardare il dio e ora girava per l'oscurità canticchiando "l'hai scelta tu, proteggi il tuo investimento... e poi l'amore e la morte non sono la stessa cosa chiamati con nomi diversi?" Senza alcun preavviso il dio tentò di afferrarle la gola, ma la mano del dio fu tagliata dal Kriss nero della ragazza. "Non s'imbroglia caro, ora giura che tratterai bene Xenia!" "Giuro sullo Stige" ululò mentre l'arto smetteva di sanguinare e una nuova mano si creava dal nulla per rimpiazzare la perdita. "Grazie, e perdonami, non volevo ferirla divino Thanatos". Una era fatta, l'altro sigillo però non lo avvertiva, doveva essere simile a quello di Leona. -Thanatos ti tratterà bene d'ora in poi, l'altro ora ci pensiamo va bene?- con uno schiocco di dita della ragazza una creatura simile ad un'aquila, dalle piume nere come la notte, dalle zampe di leone comparve dal nulla con un urlo stridulo. -Xenia, devi dimostrarti forte, così gli animali ti rispetteranno... ma non sembra abbia intenzioni cattive, vieni, proviamo ad accarezzarlo, se prova a farti m a le ci sono ben altre cinque persone che sanno combattere, ti giuro che non ti succederà nulla-. La bambina si fece avanti, il grifone della stazza di un lupo la guardò incuriosito -ho paura- sussurrò -no, non devi, tu sei più forte e poi se pensi che lui sia cattivo, lo sarà di certo, devi avere fiducia-. Rashja accarezzò le piume dell'animale -visto? ora fallo tu-. Xenia stese la mano e fu il grifone a cercare il contatto, in un primo momento la bambina lo accarezzò titubante ma, quasi subito acquistò fiducia in sé stessa -credi in te stessa Xenia, credi e nulla ti sarà impossibile-. La bambina smise di coccolare il rapace e abbracciò la ragazza. -questo, mi ha sorpreso, benvenuta Augure Rashja- pronunciò solenne Nathan. Come aveva annunciato prese Elly come allieva, e conobbe anche Amir, l'allievo di Nathan. Erano passati un paio di mesi quando Ahmed si fece vivo, la collana di Anubi apparve al suo collo una notte, insieme ad un messaggio: "Valle del Reno domani". -oh, un messaggio? È il tuo ragazzo?- divideva una cella con Elly, non era cambiata di una virgola, anzi finalmente era tornata a sorridere -il mio ragazzo? Non dovresti pensare al tuo di ragazzo?... ho visto come guardi Amir sorellina- -oooh certo, Amir, non guardavo lui ma i suoi cani, ho sempre voluto un cucciolo- la smentì -e poi, Amir è sempre un po' triste, sai ha perso il fratello e quando dico perso, dico Perso... anche se non sembra è figlio di Anubi, credo capisca queste cose- Rashja che aveva iniziato a spazzolare i capelli della sorella si fermò con la spazzola a mezz'aria -aspetta Amir è figlio di Anubi?!- Elly annuì -lo so, ho guardato la statua di Anubi e poi ho guardato lui, non si somigliano per nulla- sospirò -Sembri dispiaciuta- continuò a spazzolarle i lunghi capelli -certo, avrebbe potuto avere un musetto da cagnolino e invece no! Ha dovuto rovinare tutto!- -povera Elly, il suo ragazzo non è un cane... vedrai che prima o poi avrai un cucciolo tutto tuo!- rise dandole un buffetto -non è il mio ragazzo! È solo un amico... ma dimmi, com'è il tuo ragazzo?- Rashja alzò lo sguardo, non aveva mai descritto Ahmed a nessuno e non aveva mai pensato a come farlo -bhe, è dolce da morire, intelligente e simpatico... più o meno, ed è carino da morire!-. -lo vorrei conoscere- -Ultimamente si è chiuso parecchio, aspettiamo tempi migliori-. La ragazza posò la spazzola -guardati, sei bellissima- le disse con un sorriso -senti sorellona, non che mi interessi, ma Amir pensi che sia interessato a me?- -certo, sarebbe un'idiota a farsi scappare una ragazza bella e preziosa come te-. Continuarono con le loro chiacchiere per tutta la notte, dopo due anni ne avevano di cose da raccontarsi. L'indomani dopo colazione Rashja si avvalse di uno dei più importanti privilegi degli auguri: la libera uscita, gli adepti potevano uscire dal tempio solo accompagnati dai maestri, i quali dovevano ricevere un incarico dagli auguri oppure un permesso. Quindi quel pomeriggio si diresse nella valle del Reno, ne approfittò per farsi un bel bagno rinfrescante, era una giornata calda e un bagno le avrebbe fatto bene senz'altro. -Rashja- Ahmed comparve mentre la ragazza stava nuotando senza una preoccupazione al mondo. -Dobbiamo toglierti questo vizio di spiarmi mentre faccio il bagno- rise risalendo la riva e rivestendosi -grazie per essere venuta, cos'hai scoperto?- domandò secco -mh, per ora ho scalato la gerarchia, sto completando l'addestramento di Elly... ah già, ho ritrovato tuo fratello- Ahmed sembrò vacillare insicuro su cosa chiedere -Ha talento?- chiese dopo che un silenzio imbarazzate fu sceso tra di loro -non è al tuo livello, e ovviamente non al mio, Elly credo farebbe fatica a combattere contro di lui, diciamo che è ancora acerbo- concluse -ti ordino di addestrarlo- -come scusa? TU DAI ORDINI A ME?! Forse devo ricordarti chi ti ha insegnato a usare quella collanina che chiami sigillo figlio di Anubi, ho scoperto anche questo- Ringhiò mentre l'anello cominciò a emanare una luce scarlatta -Mi stai sfidando?!- ruggì la lancia doppia comparve in pugno al ragazzo -vedo che afferri alla svelta!-. Un branco di leonesse si schierò accanto alla ragazza. Ahmed fece il primo attacco, avrebbe tranciato di netto il braccio della ragazza se una leonessa non fosse balzata per intercettarlo. -Coraggio Ahmed, ti do tre tentativi per colpirmi dopodiché chiuderò questa nostra storia- lo invitò quindi a riprovare -la tua eccessiva fiducia ti ucciderà- tentò un attacco alle spalle, la lama perforò il corpo di Rashja o almeno fino a cinque secondi prima era sicuro che ci fosse la ragazza in piedi difronte a lui, ora c'era un altro felino che si incenerì. Il ragazzo avvertì chiaramente il lieve peso della ragazza contro la schiena -sai quanto sarebbe facile ucciderti ora?- sospirò delusa -sono due attacchi falliti, ti rimane un solo tentativo-. Senza voltarsi Ahmed fece scivolare all'indietro la lancia, Rashja bloccò la lama a ventaglio con entrambi i kriss. -Fine... non ti ucciderò, in fin dei conti sei pur sempre il mio passato amore- senza nemmeno sfiorarlo le braccia di Ahmed scricchiolarono paurosamente fino a spezzarsi assumendo angolazioni inumane mentre una luce verde illuminava un borsellino in pelle. -Addio Ahmed, non cercarmi mai più, non mi tratterrò più contro di te-. Per quanto il ragazzo ci provasse le parole non riusciva ad emettere un suono paralizzato dal dolore si accasciò a terra. Quel giorno Rashja salvò un ragazzo di nome Xavier da un gigantesco drago. -Com'era il mio ragazzo? Un idiota, un bastardo un... perfetto stronzo! Lo salvi, lo addestri e lui pretende di darti ordini!- si sfogò con Elly, la principessina rimase accucciata in un angolino della stanza, impaurita più dalla sorella che non dalla coppia di leonesse che aveva evocato e ora stava accarezzando. Dal giorno successivo i messaggi di Ahmed si susseguirono come pioggia incessante -Quell'idiota! Pensa che un semplice "sono stato un idiota, avevi ragione su tutto" mi faccia cambiare idea?- ridusse in coriandoli l'ennesimo messaggio e si rivolse ad Elly -TU PERCHÈ NON TI ALLENI?!- le urlò fumante di rabbia -È notte fonda sorellona- squittì. Una leonessa apparve accanto a lei, Trova quell'idiota e fallo soffrire come non ha mai fatto, uccidilo se vuoi!- Ordinò -ti ho preparato un bel bagno di latte d'asina, ringiovanisce la pelle- -oh, grazie sorellina, tu sì che sei un tesoro non come quell'altro!-. Le rivolse un gran sorriso e si gettò in vasca non le importava nulla della cicatrice sulla schiena, né di Sekhmet, la senti chiaramente ironizzare "e poi dicono che io ero il terrore incarnato" "Apri di nuovo la bocca, coraggio, ho sempre voluto una pelliccia di dea malvagia!" Sfortunatamente la dea non fiato più. Qualche settimana dopo quell'avvenimento Rashja aveva recuperato il suo equilibrio per fortuna della piccola Elly, la quale poté finalmente riprendere fiato dagli estenuanti allenamenti delle scorse settimane. -come ogni inizio mese, terremo gli esami per la qualifica di maestro- Nathan annunciò a tutti gli adepti -i maestri quindi presentino i candidati per questo mese. Io presento agli auguri e ai maestri il mio allievo: Amir!- il ragazzo fece un passo avanti- Io, l'augure Rashja, presento Agli auguri e ai maestri la mia allieva: Elly!- disse con molta calma, la principessa fece un passo avanti, tremava come una foglia ma rivolse un mezzo sorriso agli altri. Xavier si fece avanti -non ho un maestro, sono autodidatta, ma mi candido come maestro-. la mattina le due sorelle la trascorsero nella loro stanza -pensi davvero che sia pronta?- -certo, e poi l'importante è che tu stenda Amir, non sopporterei l'idea di perdere contro Nathan- sbottò -Come sono gli auguri?- domandò all'improvviso -Leona e Xenia sono molto simpatiche, Xenia è dolcissima... e Leona... bhe lei è semplicemente Leona- sorrise -Borik sembra un guerriero molto abile, certamente sa il fatto suo, e Baniti è molto più saggio di me, dubito ci sia qualcosa che non conosca, non vorrei averlo come avversario-. Concluse -Hai dimenticato maestro Nathan- le fece notare -tu sei molto più potente di maestro Nathan, e chissà magari anche di me-le diede un bacio sulla fronte -Sono fiera di essere tua sorella ed averti fatto da maestra ma ora devi spiccare il volo e librarti più alta del sole-. Quello stesso pomeriggio si ebbe un evento senza precedenti: Tre maestri in un solo esame, solitamente infatti un solo contendente otteneva la carica ma, Xavier, Elly ed Amir si dimostrarono a ben altro livello rispetto agli altri adepti presentati, tanto che l'esame fu concluso con una lotta totale interrotta in parità da Borik e Baniti che terminarono l'incontro prima che qualcuno si facesse male sul serio. Elly rimase a festeggiare la promozione, mentre Rashja decise di tornare in camera per riposare un po', non si sentiva molto in vena di festeggiamenti, avrebbe avuto Elly tutta per lei più tardi. Rientrò in camera e chiuse la lorta dietro di se e sobbalzò nel trovarci Ahmed all'interno -Rashja aspetta, ti prego... quel giorno al nord ero fuori di me, non ero io!- Rashja rimase stoica appoggiata alla porta fissandolo truce senza dire nulla -Rashja, ascolta, ti prego! Io mi sento morire senza di te, non riesco a pensare, è da quando mi hai steso che non riesco a vivere- Confessò -oh poverino, non sai quanto mi dispiace!- lo derise sarcastica -Rashja, non sto scherzando, io.. io... Ti amo! Ti prego, perdonami- la ragazza rimase piuttosto colpita, non ricordava che Ahmed le avesse mai detto esattamente, “ti amo" -che tenero, mi ama, eppure non ha esitato a darmi ordini e attaccarmi! Eh sì, sono proprio una ragazza fortunata ad avere un ragazzo come te!- ringhiò -gli uomini sono tutti uguali, ti trattano come un loro oggetto, Aziz e il suo amico non erano poi così diversi da te! Ma non sono più una bambina spaventata- urlò lasciando che l'ira scorresse come un fiume straripante. Ahmed fece un passo indietro -Sono venuto anche per un altro motivo, Auguri Rashja- lasciò un foulard di lino azzurro sul suo letto- -Tre secondi, poi succederà quel che succederà!- -non rinuncerò a te Rashja, vuoi uccidermi? Ne sei perfettamente in grado- sospirò il giovane -uno...- -sono stato insensibile, e non merito il tuo perdono, hai sempre sofferto per colpa di uomini come me- -due...- -sono felice che ad uccidermi sia tu, muoio felice- chiuse gli occhi preparandosi all'inevitabile -Tre!- “<i>se questa è la morte, la mia memoria fa davvero cilecca” il ragazzo era stretto in un caldo abbraccio, il profumo della ragazza rievocò i tempi in cui sopravvivevano assieme, non avrebbe saputo quale fosse il suo corpo o la sua mente in quell’istante sembra che fossero uno il prolungamento dell’altra. In fine le loro labbra si unirono in un dolcissimo ma allo stesso tempo umido bacio. Riaprì gli occhi e vide chiaramente le lacrime che scivolavano dai suoi occhi ancora chiusi e scivolavano silenziose fino alle guance per poi posarsi sulle labbra. -Scusa, non voglio che tu soffra così per colpa mia, sai che ti amavo... ma in certi momenti sembri un altro, mi spaventi Ahmed, so che non mi avresti mai trattata così! Sono preoccupata per te brutto idiota-. Lasciò un biglietto ad Elly spiegando che aveva ricucito il rapporto con "l'idiota del mio ragazzo" e che per un po' sarebbe stata con lui, di non preoccuparsi.

    Il monte Otri era la copia in ossidiana del Tempio degli dei il marmo bianco del tempio era stato sostituito dalla pietra nera e liscia. Era spoglio -bruttino- constatò la ragazza, scusa l'ho ricostruito come meglio ho potuto- sbottò l'altro. Insieme raggiunsero la sala delle udienze: un’enorme sala con un alto podi sopra al quale si trovavano due alti scanni. -Vorrei che esaminassi le nostre forze, se ne hai voglia chiaramente- Rashja soffocò una risata, era così divertente vedere l'atteggiamento più servile di Ahmed -mh... visto che ci tieni molto, non vedo perché no- rispose molto superficialmente. Si sedette sullo scalino più basso del podio mentre Ahmed occupò uno dei due troni -Rashja l'altro è per te- spiegò -no, grazie sto bene dove sto non sono la regina di nulla... se escludiamo il Kashmir- rise. ad un battito di mani di Ahmed una decina di figure in mantello nero apparvero sull'attenti -aspetta- Rashja si alzò e si fermò davanti a una di loro -ciao Leona- bisbigliò -ciao, ti piacciono i mantelli?- non rispose -Ti fidi di me vedo?!- urlò -nessuno sospettava nulla eppure non mi hai lasciata da sola vero?!- Rashja prese a salire gli scalini che lo separavano da Ahmed che la guardava come se fosse pazza -ma che stai dicendo?- domandò agitandosi non poco sul trono -Lui non lo sa- si intromise Leona -io non so cosa?!- Ahmed ora era totalmente in confusione -Io sono, anzi no, ero un augure del tempio degli dei, ma ora il mio cuore è della legione- si inginocchiò -Alzati Leona, non devi inginocchiarti, la ragazza la rialzò. Ahmed trasse un sospiro di sollievo -bene, almeno vi conoscete già-. Dopo aver esaminato i sigilli delle reclute lasciò che si ritirassero -cosa ne pensi?- Rashja non rispose -cosa intendeva Leona con il mio cuore appartiene alla legione?- domandò invece -lo scoprirai presto-balbettò. Lo scoprì qualche giorno dopo due nuove reclute giunsero a palazzo con le loro forze -ciao, come vi chiamate?- Domandò Rashja con un caldo sorriso accogliente -io sono Lilyth, e lui è Alister- rispose la ragazza senza un minimo di timore -Bene, Lilyth vorrei farti qualche domanda, e dovrai rispondere onestamente, sei pronta?- domandò Ahmed dal suo trono. Liliyth strinse le spalle -fantastico, chiedi quello che vuoi-. A queste parole una bilancia enorme apparve al centro della stanza, il cuore dl Lilyth uscì dalla sua sede e volò su di un piatto, sull'altro si posò una piuma dei colori dell'arcobaleno e trovarono l'equilibrio perfetto. -Sei disposta a mettere la tua vita al servizio della legione della morte?- domandò -si- il respiro della ragazza era affannoso, non stava per niente bene, la piuma e il cuore rimasero immobili -uccideresti anche il tuo miglior amico per la legione?- continuò Ahmed l'altra annuì e la bilancia confermò la risposta l'ultima domanda -sarai chiamata demonio e gli dei potrebbero maledirti, rimarrai fedele alla nostra causa se dovesse accadere? -certo- gorgogliò Lilyth a corto di forze. Il cuore le tornò nel petto e la bilancia scomparve -Ahmed dobbiamo parlare- Lo ammonì Rashja. I due si ritirarono -che modi sono? Strappi il cuore alle persone?! Ti ho insegnato questo?! Sei una delusione- lo rimproverò amaramente -è il mio spirito guerriero, mi assicuro solamente che sappiano a cosa vanno in contro- si giustificò -TU! Io non so chi tu sia, sicuramente non sei Ahmed! Portai anche assomigli, ma non sei lui!- se ne andò -questa è bella! Prima mi insegni ad usarlo e come, poi mi disconosci?!- le urlò di rimando -io non ho mai visto quella bilancia in vita mia e, spero di non rivederla mai più. Non sono stata io ad insegarti ad evocarla- era successo di nuovo? Ahmed aveva ricordi alterati -questa è la regola Rashja, non voglio rischiare che ci siano delle spie- -dimmi Ahmed, oggi è andata bene, ma cosa succede ai bugiardi?- -il loro cuore viene inghiottito dalle tenebre, credo sia lo stomaco di Ammit-. Rashja borbottò qualcosa e se ne andò, ma prima si voltò -Alister, non ha un sigillo tu prova ad ucciderlo e io uccido te chiaro?!-. Trascorsero circa tre mesi dall'arrivo di Liliyth e dopo un periodo dido calma finalmente tre nuove reclute si presentarono al tempio, tre ragazze, di età assortita, ma tutte intorno alla ventina -come vi chiamate?- iniziò Ahmed -Zira, Flegiate e Yuki- Rispose Rashja da un angolo della stanza. Anche se erano passati diversi anni le aveva riconosciute -Tu prova a fare quella cosa con il cuore e IO spezzerò il tuo nel vero senso della parola- lo avvertì, corse ad abbracciare le ragazze che dopo un iniziale incertezza la riconobbero -Rashja!- Yuki sembrava la più contenta delle tre, era ancora più bassa di lei, ma aveva acquisito una bellezza senza pari, Flegiate sembrava diventata solo un po' più alta mentre Zira, era davvero sbocciata Rashja ebbe qualche problema a ricondurla al viso che aveva visto da ragazza. -Ahmed, queste tre ragazze, dipenderanno esclusivamente da me, fanno parte della legione? Non proprio deciderò io se e quando parteciperanno alle missioni- il tono autoritario con cui parlò eliminò completamente ogni possibile replica -a me sta bene- la ragazza tornò a guardare le amiche -Flegiate, Eolo... non male come potere- si spostò per vedere meglio Yuki, il capelli scurissimi in completo contrasto con la pelle candida, il contrasto era esasperato dalla lunga veste bianca delle maniche estremamente lunghe, decorato con disegni azzurri che formavano un quadro davvero complesso a cui mancavano solo i colori, una grande fascia di colore blu cobalto teneva chiuso il vestito ragazza a cui era legata una spada -bel vestito- si complimentò -mi sei mancata Rashja!- l'abbracciò era ancora più bassa di lei, ma fece a meno di farlo notare -mi siete mancate anche voi, sono contenta che stiate bene, solo... Yuki, avverto qualcosa in quella spada- -Questo vestito ti piace davvero tanto? Si chiama Furisode 10, nel mio paese lo indossano le giovani ragazze che non sono sposate- tentò di evadere alla domanda -mi piacerebbe indossarne uno, ma ho un altro vestito che ora riuscirei ad indossare, tornando alla spada, credo di non essermi sbagliata percepisco qualcosa-. L'altra si intristì leggermente -i tuoi sensi sono incredibili- sguainò la spada, molto più lunga di quelle che si vedevano in Egitto o, in Grecia, sopratutto per il color smeraldo della lama. -nel mio paese la chiamiamo Katana, e in questa un mio antenato ha sigillato dentro la spada un mostro che devastò il mio villaggio per anni- spiegò - Rashja schioccò le dita -certo un mostro, e io che cercavo un dio ecco perché era indistinta- trasse un respiro profondo -è qualcosa che ha a che fare con il vento, ma stranamente ho visto uno scoiattolo- rise -è una donnola- sbottò. La ragazza si scusò e si spostò fino a fronteggiare Zira -grazie per averle protette- le disse subito dopo averla abbracciata -mia signora, sono felice di averti ritrovato- si prostrò l'altra -mi sembra di averti già detto che non sono la signora di nulla- la rialzò e fece un salto indietro -oh dei, non Dioniso! Abbiamo avuto una piccola incomprensione qualche anno fa- si concentrò ancora -Morfeo? Una coppia piuttosto fine, attaccare la mente, interessante- si riportò al centro della stanza -molto bene, sarete stanche dopo il viaggio, riposatevi-. Rashja si trovava nelle sue stanze dopo un giorno di addestramento dei legionari quando bussarono alla sua porta -vieni avanti è aperto- si stava spazzolando i capelli davanti ad uno specchio -Sono Flegiate, posso parlarle?- La ragazza appoggiò la spazzola e sorrise all'amica -no, se non mi dai del tu no- Flegiate non rise anzi non ebbe alcuna reazione -va tutto bene?- la ragazza la baciò sulle labbra, non era affatto il bacio di un'amica, c'era qualcosa di più. La giovane passò dalle labbra al collo quindi al seno, intanto iniziò ad accarezzarle il ventre, era davvero piacevole, Rashja si maledisse per non averci pensato subito, se non voleva rimanere incinta un rapporto saffico era la risposta che le era sfuggita per anni, ormai era troppo tardi, teneva troppo ad Ahmed -Flegiate- la scostò con dolcezza -mi dispiace, non volevo offenderti, ma... ecco io ti amo! Ti ho amato dal giorno in cui ci hai liberate, ma non posso competere con Yuki e Zira!- si disperò -certo che puoi, sei bella, e hai un cuore grande e puro... anzi, sono io a doverti chiedere perdono per non contraccambiare il tuo amore, ma il mio cuore è di un altro- la fece piangere sulla sua spalla accarezzandole i capelli -maschio o femmina Flegiate, vorrei che trovassi la felicità, se vuoi ti presento un'amica, è un po' eccentrica, ma è simpatica- le propose, era davvero strano dare consigli ad una ragazza della sua età, ma la proposta sembrò soddisfarla le diede un ultimo bacio d'addio e si diresse verso la porta -Flegiate, siamo amiche vero?- domandò -fino alla morte e anche più in là- rispose la giovane uscendo. Tornò a spazzolarsi quando un'altra persona entrò -Non si usa più bussare Ahmed?- domandò senza voltarsi -era aperto, sono entrato... tutto qui, ti sei esposta troppo, lo sai che se dovessero tradirmi sarai tu ad essere punita?- domandò retorico Rashja non rispose -si può sapere che ti è successo Ahmed?- domandò -io non sono cambiato, tu lo sei, mi preoccupo per te amore mio, non voglio ti succeda nulla di male-le massaggiò la schiena -capisco, certe volte mi sembri un estraneo, sono preoccupata per te, non vorrei che smarrissi te stesso- Ahmed la fissò gli occhi gialli della ragazza erano davvero preoccupati tanto che anche lui ne sembrò angosciato -ti dà tanto pensiero questa cosa?- l'altra annuì -non capisci? Avevamo litigato qualche anno fa, e siamo stati separati per anni, ma tu non ricordi nulla di tutto questo, mi hai detto che io ti ho insegnato ad usare lo spirito guerriero, ma io non l'ho mai fatto- spiegò -e con questo? Ho imparato, e credo che sia stata tu ad insegnarmi, non è grandioso- il ragazzo si sforzò di sorridere -senti Ahmed, ti ricordi della mia schiena?- il ragazzo si sforzò di ricordare -non l'ho mai vista nuda, ma dev'esser calda e morbida al tatto- sorrise l'altra non sembrava per niente di buon umore -è ancora peggio di quanto pensassi, amore scusa ma devo parlare con una persona... riusciremo a rimettere ordine nei tuoi ricordi- Rashja aprì un tunnel di sabbia e scomparve. Istanti dopo si ritrovò nell'ormai familiare biblioteca -Thoth, devo parlarti per favore rispondimi- urlò a pieni polmoni -pulcina mia, non possiamo fare domani? È davvero molto tardi- il dio della magia arrivò sbadigliando dalla stanza accanto -scusa, ma è davvero molto importante si tratta di Ahmed...- spiegò e raccontò tutto al dio che assunse un'aria cruciata -hai fatto bene a venire, iniziamo da una prova semplice, tenterò di controllare la tua memoria, non possiamo escludere che il problema sia tu-. L' ibis accese delle bacchette d'incenso che appoggiò su di un piatto di terracotta, si accomodarono l'uno difronte all'altra, separati dal piatto. -Hai problemi a ricordare o mal di testa?- domandò, la ragazza scosse il capo -Sekhmet ti ha più dato problemi?- -ultimamente andiamo piuttosto d'accordo se così si può dire- "già, aspetto il momento giusto" confermò la dea solare -capisco, in questo caso... svuota la mente e concentrati sull'incenso il suo profumo e le spirali di fumo-. Entrambi chiusero gli occhi -abbassa la guardia, non ti farò male, e Sekhmet non può farmi male- la voce di Thoth era calma, rassicurante e il profumo d'incenso inebriante si sentiva rilassata come qualche ora prima quando Flegiate aveva iniziato ad accarezzarla e sicura come tra le braccia del suo ragazzo -brava... molto brava, hai una mente davvero molto disciplinata, non ci sono segni di un'intrusione esterna- le confermò -i tuoi ricordi sono autentici- le disse spegnendo l'incenso -ma, Rashja sicura che il male sia negli uomini? La legione ha davvero la soluzione?- -Io confido di si, senza umani malvagi non sarebbe servito l'intervento di Sekhmet, avrei una famiglia e...- -e non avresti incontrato me, è un punto di vista interessante un umano che dà la colpa agli umani e non agli dei- -gli dei agiscono nel giusto, per correggere noi mortali, questo non significa che accetti ogni castigo imposto, Ra o come si fa chiamare ora Nathan, non aveva alcun diritto di maledire mia madre anche se ha agito nel bene o nella paura- Spiegò -non pensavo fossi così arguta, pregherò perché tu non diventi quello che vuoi distruggere... un mondo del genere potrebbe funzionare- replicò il dio accarezzandosi il mento -sappi che io sarò sempre orgoglioso di te anche se diventassi un'assassina, perché sarai sempre la mia pulcina-. Rashja arrossì -dovrò diveltarlo, il tempio non capirà, Ho letto del Ragnarok, l'inizio di un mondo solo di giusti, purtroppo alcuni dei dovranno perire... farò in modo che le vittime siano minime- -tu hai questo piano, ma Ahmed cosa ne dice?- In realtà non ne aveva parlato con lui, era sicura che il nuovo Ahmed avrebbe reagito in modo sbagliato -io... voglio essere sicura che in lui nulla sia cambiato ecco tutto- -capisco, penetra nel suo subconscio, nei suoi sogni sarà indifeso e potrai capire subito se ha qualcosa di strano- il tono pratico di Thoth la irritò -non sono una dea, come faccio ad entrare nei suoi sogni?!- sbottò -Non sono una dea... ma ho un'amica che fa al caso mio!- esclamò entusiasta baciandolo -lo sai, il tuo becco è molto più carino dal vivo, la statua del tempio t'ingrassa- quasi lo strozzò abbracciandolo stretto -ah, ora non sono noioso?- -certo che lo sei, ma non mi sembrava il caso di ripetertelo- rise. La notte seguente con l'aiuto di Zira le due entrarono nei sogni del ragazzo. La mente di Ahmed era fin troppo buia, un miasma soffocante aleggiava in quello spazio sconfinato, la mente di Ahmed era a riposo eppure Rashja si stupì di udire la sua voce che bisbigliava le parole che lei stessa aveva urlato a quel ragazzo morente molti anni prima quando si era presa cura di lui. -che idiota, era svenuto eppure mi ha sentita, e mi ha mentito fino ad ora!- -Maestra, qualcosa non va, non è normale tutta questa oscurità!- la voce rocca della ragazza la fece preoccupare, non riusciva a respirare ma stava facendo del suo meglio per resistere, non si sarebbe aspettata di meno da Zira, aveva una tenacia fuori dal comune, la chiamava maestra, ma dubitava di poterle insegnare alcunché, era simile a Xavier da un certo punto di vista: un leone che per natura ed istinto è considerato il re degli animali, per lui solo il tempo e l'esperienza avrebbero permesso di migliorare, Yuki invece poteva tranquillamente essere accomunata ad Elly: una gemma grezza in attesa del suo artigiano Flegiate era molto simile ad Amir, un pulcino d'aquila in crescita, aveva bisogno di una guida e Leona sarebbe stata perfetta per lei. -Avanti, fatti vedere so che ci sei! Hai alterato la memoria di Ahmed! Voglio sapere chi sei!- le tenebre se possibile si fecero se possibile ancora più fosche, fino a plasmarsi in una sua esatta copia. Erano due gocce d'acqua tranne per un piccolo particolare: la sua copia indossava l'abito di sua madre, e la cosa frustrante era il fatto che le stava da dea. La folgorò con lo sguardo -Zira! Più tardi mi farai il piacere di aiutarmi a cambiarmi d'abito- non aveva nulla contro il meraviglioso vestito di seta azzurra, lungo fino alle ginocchia con uno splendido scialle color panna creato su misura per lei da Leona, ma come il suo patrigno le aveva detto anni fa era molto gelosa -lo sai, non m'importa più sapere chi sei, ora voglio solo insegnarti cosa succede a chi ruba i MIEI vestiti!- le urlò scattando avanti contro se stessa e, piazzandole un pugno in pieno stomaco "Ehy Sekhmet, hai sempre desiderato uccidermi ora possiamo farlo insieme" la dea non sembrò particolarmente interessata, ci mise una vita a rispondere "stavo dormendo... non sapevo avessi una gemella... no, non puoi avere una gemella visto quello che ho fatto ai tuoi genitori" ghignò "finalmente si fa qualcosa di divertente!" Esclamò esaltata. Il braccio della ragazza fu subito stretto da innumerevoli filamenti d'oscurità -Zira! Stai indietro, lei è mia-. Si tagliò di netto il braccio per poi rigenerarlo grazie alla moneta -ti ho sottovalutata, ma ora sei nel terreno ideale per me!- dal sangue perso una copia di Sekhmet si materi a lizzò ruggendo, il verso creò delle leonesse composte solamente di aria. Il suo clone non si lasciò intimorite, fece un passo avanti, il braccio della creatura si allungò come se fosse fatto di gomma e piegandosi per evitare la guardia avversaria atterrò l'aspetto con un colpo alla schiena. -interessante, ma non ci trovo più gusto a combattere contro la mia copia mostruosa- con una rapidità felina le fu difronte e le posò una mano sul collo, con un suono sordo l'osso cervicale si spezzò come fosse un ramoscello secco -chiedo scusa a me stessa-. La creatura si mosse ricadde all'indietro, non respirava, ma a pensarci bene, la ragazza non l'aveva mai vista respirare -Maestra, attenta!- le urlò Zira. Alle sue spalle il mostro dalle sue sembianze stava per artigliarle la schiena -La pancia se proprio devi ma non la schiena!- le urlò ruotando su se stessa e piantandole un calcio nel costato destro. "Sekhmet, dobbiamo impegnarci!" Tentò d'incentivare la dea la leonessa, sputò un grumo di icore tentando di riprendersi dal colpo. "<i>Già, qualche idea?" Rashja ci pensò su "nessuna, o forse una, ma è pura follia, ho bisogno di tutto il tuo potere o, quello che riesci a darmi" stava facendo squadra con la dea che aveva ucciso i suoi genitori? E stranamente andavano anche d'accordo "Hey, Sekhmet, sbaglio o stiamo facendo squadra?" Ridacchiò "non montarti la testa ragazzina, sto solo cercando di non morire assieme a te!" Le rispose impettita. Rashja rise ">i>allora il mio piano non ti piacerà
    ". Rashja colpì la schiena del mostro, come aveva immaginato il suo braccio cominciò ad essere inglobato nella schiena della finta Rashja "sei sicura di questo piano?" Le chiese la dea "diciamo che sono più sicura del fatto che noi due diventeremo amiche" rise, non voleva andarsene all'altro mondo senza il sorriso, era rimasta intrappolata come si aspettava -maestra!- Zira corse in suo aiuto, era circa tre passi da lei quando la fermò -Zira, stai ferma dove sei, penso di aver capito qualcosa su questo essere- furono le ultime parole che riuscì a dire all'amica prima che il mostro l'assorbisse. Era buio, era un'oscurità opprimente, non provava dolore, solo un costante senso d'angoscia, come se sapesse che qualcosa di orribile doveva succedere e lei non potesse evitarlo. "Siamo dentro". Tentò di fare un passo, era complicato come tentare di restare in equilibro in mare aperto, solo rimanere in quella posizione le costava molta fatica "molto bene, come ci muoviamo adesso?- Rashja rimase in silenzio "Sekhmet, Esculapio, datemi tutta l'energia che avete!". In pochi minuti la ragazza riuscì a raggiungere l'unione con la dea, stese la mano davanti a se e una dozzina di leonesse si disposero ai suoi ordini -tutte insieme ragazze!- mai come in quell'occasione Rashja pregò di avere ragione si concentro con tutta se stessa su quello che la moneta avrebbe dovuto fare: lacerare -ORA! Insieme!- le leonesse artigliarono o morsero la parete di solida oscurità. L'oscurità esplose come una bolla di sapone, si ritrovò all'esterno. Decisamente più accogliente, uno spazio ben illuminato da una serie di candelabri, sembrava uno dei rifugi che avevano condiviso solo decisamente più grande -Aphopis, rigenerati ora!- guardò i resti della misera creatura -ci sei andata vicina marionetta di Sekhmet- la voce non era affatto la sua, e dubitava fosse quella del serpente della notte. Il cadavere scomparve prima di ogni possibile domanda "sei stata grande! Nemiche come prima?" Propose alla dea solare "Ingegnoso, era immune alle ferite esterne, ma non quelle interne... comunque si, nemiche come prima>/i>". Rashja riprese le sue consuete sembianze. -Zira, non dire a nessuno, solo a Yuki e Flegiate quello che abbiamo fatto, ma ometti la mia trasformazione- -ha la mia parola maestra- la più anziana chinò il capo, mi chiamerai mai Rashja?- rise la ragazza, era provata per quello che aveva appena fatto però, era contenta. Quando uscirono dalla mente di Ahmed il ragazzo stava ancora dormendo sereno. -lasciaci, grazie di tutto Zira, va a riposarti-. Rimasta sola si infilò nel letto di Ahmed e lo strinse in un dolce abbraccio -Rashja?- mugugnò -si?- -ho fatto un sogno assurdo, tu lottavi contro te stessa per me- -non è quello che faccio sempre? Mi daresti un bacio?- chiese, si sentì nuovamente una ragazzina indifesa, sentì il cuore a mille mentre il. Ragazzo appoggiava le labbra sulle, chiuse gli occhi in quel momento magico, quello era il suo Ahmed. Il ragazzo si spinse più in là, cominciò ad accarezzarle, il collo quindi passò al seno e al ventre, continuava a baciarla mentre le accarezzava tutto il corpo. -No, Ahmed ti prego- riuscì a implorare nell'ebrezza di quel rapporto -va tutto bene...- -No, non va tutto bene Ahmed!- la ragazza si divincolò -volevo semplicemente un po' di tenerezza, e tu più di tutti dovresti sapere che è pericoloso possedermi!- si sistemò la tunica scostata dal ragazzo -Rashja, saresti una madre perfetta, hai così tanto amore da dare e...- tentò il ragazzo -e non lo sarò mai. Oppure tu provi a parlare con la miciona assassina e io sto qui a tentare di sedurti- lo zittì -ecco, è sempre così con te! Prima sei una bella gattina che fa le fuse, ti provo ad accarezzare e mi graffi-. I nervi della ragazza erano alla tensione massima, avrebbe voluto prendere a pugni quell'idiota e abbracciarlo per piangere sulla sua spalla allo stesso tempo, aveva rischiato la pelle, si era mutilata e aveva ricreato il suo stesso braccio per lui ed eccoli lì a litigare di nuovo, non era cambiato nulla. La ragazza urlò frustrata ed uscì come una furia da quella stanza "<i>era così vicino, sentivo la libertà" ringhiò la dea nella sua mente "tappati la bocca!".

    Passarono i giorni, i dialoghi con Ahmed divennero sempre più radi, passò le giornate ad addestrare le reclute della legione, erano di tutta altra pasta rispetto ai suoi precedenti allievi, anche con l'aiuto della sua squadra non vedeva alcun talento ad eccezione di Lilyth, Eric un altro ragazzo aveva potenziale ma nulla di più sembrava non riuscisse a metterlo a frutto. Dopo molte settimane un nuovo guerriero giunse al tempio, il suo nome era Euriale, la sua espressione beffarda non le piacque per nulla, come da rituale uscì dalla stanza mentre il cuore del ragazzo veniva pesato. Quel giorno non aveva nessuna voglia di tornare, si perse nel groviglio di stanze e corridoi fino a trovarne una, entrando le mancò il fiato: Maat era accasciata a terra, pesanti ceppi le stingevano la gola e le ali, una catena le teneva legata la caviglia al pavimento -PER LE PIUME DI THOTH!, urlò le catene si spezzarono come fili di seta quando gli artigliò unendosi a Sekhmet, le tolse la pezza logora che le impediva di parlare -Maat- si prostrò ai suoi piedi -Amira?- la dea parlava con un filo di voce era debolissima era un miracolo se era ancora in vita -no, Rashja... sono sua figlia, è stato Ahmed ad imprigionarla qui?- la dea annuì -voleva una mia piuma, mi promise che mi avrebbe lasciato libera subito dopo- -ma non lo fece immagino- ringhiò la dea la fissò i capelli nerissimi a caschetto non avevano alcun ornamento, il volto gentile e duro al tempo stesso, e le sue ali iridescenti, era davvero bellissima, l'abito attillato era macchiato di icore -no, non proprio, lui mi lasciò davvero libera, mi disse che non voleva far del male agli dei, voleva ricreare il mondo privo di umani malvagi, guerre e tutto il resto... un tipo in un lungo mantello nero però mi catturò e mi lasciò qui- -aspetti qui mia signora, le porterò qualcosa da mangiare e bere- tornò dopo qualche minuto piena di pietanze ed otri. -Rashja... la pupilla di Thoth! Ti ringrazio- la dea sparì. La sera stessa si confidò con Ahmed -Ho trovato Maat, l'ho liberata... scommetto che eri tu quel tipo con il mantello!- il silenzio di Ahmed fu più che sufficiente -non ricordo, ti giuro Rashja, io non voglio toccare gli dei, a parte quel cane rognoso di mio padre, gli dei ispirano le genti, danno un esempio di vita loro guidano i nostri passi, è l'esatto contrario di ciò che voglio ho ottenuto la sua piuma, ho rischiato di prendere fuoco, il mio senso di giustizia doveva essere uguale al suo altrimenti avrei preso fuoco- -come posso crederti? Io ti amo, e ti voglio credere, perché non avresti motivo di rapire una dea- sospirò -volevo dirti che torno al tempio, non riesco...- -a starmi vicino? ho notato come tu sia cambiata, sappi che ti amo, niente potrà cambiare questo- completò lui al posto della ragazza -stare distanti mi aiuterà, studierò un modo per potermi concedere a te.. anch'io ti desidero, ma sono terrorizzata- uscì dalla stanza e si trovò davanti al nuovo arrivato, un sedicenne qualunque, i capelli rossicci e gli occhi castani nulla di significativo -Rashja, prima nella mente di Ahmed e ora liberi Maat, mi stai davvero seccando- le sussurrò -chi sei?- le domandò -ci sei andata molto vicino chiamandomi Apophis- Rashja indietreggiò -tranquilla, non voglio attaccarti, non sono ancora sveglia- sorrise il ragazzo gelido -salutami mamma e papà!- rise sparendo nel corridoio-Zira, Yuki, Flegiate!-chiamò le tre accorsero subito -devo andare, starò via per un po', voglio che teniate sott'occhio Ahmed e Euriale, non voglio che i due si parlino chiaro!- ordinò -SI- risposero all'unisono.

    Il giorno dopo partì per il tempio con Leona, e sotto le pressanti richieste di Ahmed si portarono dietro anche Lilly. Elly fu felicissima di riavere la sua sorellona con lei -come sta il tuo ragazzo?- la domanda la mandò leggermente in panico, non riusciva a stabilirlo -oh ehm, sta bene, ho bisogno di riflettere su di noi- rispose dopo una lunghissima pausa -e fra te e Amir?- la ragazzina arrossì violentemente -ho paura di sbagliare, di dichiararmi- confessò -ti preoccupi troppo sorellina- le erano mancate le chiacchierate frivole con Elly, la loro cella e il manto rosso da augure. Dopo i saluti si diresse verso alla stanza degli auguri -salve, a tutti- Rashja salutò i colleghi quindi si fermò davanti a Xenia -abbraccione?- aprì le braccia e la bambina non se lo fece ripetere -si, sei tornata... lo abbiamo capito, anche Leona è tornata ma non ha fatto...- -come?! Ho baciato e abbracciato tutti e non ho fatto un polverone?!- protestò la ragazza -come vuoi, maestro Nathan, ci sono incarichi?- Nathan la guardò dall'alto in basso con estremo disprezzo -alcuni contadini hanno visto delle figure in mantello nero, per ora non hanno ancora fatto nulla, attacchi di mostri... ordinaria amministrazione- rispose tra i denti -io ho addestrato Alex- protestò Xenia -bravissima! Scommetto che è un maestro con i fiocchi- si congratulò. Nelle giornate successive Rashja alternò studio ossessionato come promesso ad Ahmed e caccia ai mosti. Il suo ventiduesimo compleanno era passato ormai da qualche mese quando le giunse notizia di uno stormo di uccelli dalle ali e artigli di bronzo che stava seminando il panico in Grecia. Seguendo le indicazioni ricevute dai paesani riuscì a sapere dove si stavano dirigendo gli uccelli: in Arcadia. Sfortunatamente quando arrivò era già troppo tardi, un villaggio era stato completamente distrutto, le uniche due persone che trovo furono un giovane contadino svenuto, l'altra persona invece le fece saltare il cuore in petto -siete stati voi?- domandò. La figura si voltò, e le andò in contro -No, ero andato a cercare viveri qui vicino... erano selvatici- spiegò -hai visto chi è riuscito a fermarli Ahmed?- il ragazzo scosse la testa -no, sono corso qui ma era già tutto finito- . Rashja lo esaminò come una chioccia con il suo pulcino -sei ferito, ti stai tenendo il braccio- constatò -non è niente di serio- tentò di tranquillizzarla -certo come no- sbottò afferrandogli il braccio ferito: un taglio molto profondo lo segnava per quasi tutta la lunghezza, la ragazza gli scoccò un’occhiata che bastò ad ammutolirlo -non è grave? E quando lo sarebbe diventato? Quando avresti perso il braccio?!- lo rimproverò acida -andiamo amore, l'ho peggiorata io quella ferita... vedi, uno di quali uccelli ha sparato una piuma che si è conficcata nella mia spalla, ed io ho provato a toglierla... ma, era conficcata per bene e quindi prima che riuscissi a toglierla mi ero aperto quel graffio- ridacchi nervoso -e dimmi, se non mi avessi trovato cos'avresti fatto idiota?- il graffio svanì. Insieme cercarono eventuali superstiti ne trovarono una, una ragazza che per miracolo sembrava sopravvissuta, era priva di conoscenza ma stava bene, tranne per le vistose bruciature che Rashja guarì in un attimo. -la porto al palazzo, sarà sempre meglio di lasciarla qui. Non essendoci altri sopravvissuti Rashja recuperò il contadino svenuto -una moneta... Demetra?! Non servirebbe alla legione-. Lo condusse al tempio. Il giorno seguente tornò di nuovo in quel villaggio, era impossibile che non ci fosse nessun'altro. -ti sta molto bene,- Ahmed le chiese la vita con un braccio -l'hai notato?- Rashja arrossì, indossava il vestito che Thoth le aveva regalato in India, era la prima volta che lo provava, era molto comodo, anche se era fin troppo succinto, in pratica il seno era l'unica parte davvero coperta. La baciò -sei bellissima- e senza che se ne accorgesse si ritrovarono sdraiati, abbracciati in mezzo alle spighe di grano. Ahmed prese ad accarezzarla, e lei lo lasciò fare, non si oppose nemmeno quando le tolse il vestito, la baciò. -allora hai trovato una soluzione?- sussurrò -una, molto rischiosa e noi non avremo voce in capitolo- rispose. -che Hathor ci benedica-. In quel campo consumarono il loro amore. Rimasero abbracciati in quel campo di grano, coperti dai due mantelli neri della legione. -se gli dei ci regalassero un figlio preferiresti un maschio o una femmina?- Rashja sorrise e accarezzò i capelli al suo amore -non ti facevo tipo da famiglia... adoro i bambini e lo sai, specie le bambine, ma per ovvi motivi sceglierei un maschietto- lo baciò con tenerezza -e sentiamo, tu cosa preferiresti?- -non ho dubbi: una femmina, so che sei più forte di Sekhmet tesoro-. Rimasero distesi a coccolarsi ancora un po' -se è una femmina mi piacerebbe Aysha- Ahmed ci pensò un attimo -e se è un maschio Nadir-. Fu straziante per i due spezzare quel momento, ma si convinsero a farlo dopo un ultimo bacio i due si separarono. Erano passate circa due settimane da quando si erano incontrati, la ragazza si svegliò presto quella mattina, e dovette correre alla latrina per vomitare -Rashja tutto bene?- l'augure annuì piano -tranquilla, vai ad allenarti- non diede peso alla cosa fino a quando non si ripeté per le cinque mattine successive -credo di essermi ammalata cucciola va tutto bene- sorrise alla ragazza che ormai era decisamente preoccupata, tentò con la moneta ma non avvertì alcun cambiamento. La settimana passò quindi tra le nausee e i rigurgiti. Fino a quando durante una delle sue meditazioni non avverti il ritmico battito di un cuoricino minuscolo, istintivamente si accarezzò il ventre -se continui a farmi vomitare tutte le mattine ucciderai la mamma piccolo- sorrise -Thoth, signore della conoscenza, invoco la tua guida- pregò prostrata a terra neanche un secondo dopo il dio era davanti a lei -avrebbe voluto abbracciarlo, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu vomitare -grazie del caloroso benvenuto- sorrise -fammi indovinare sei ammalata?- la ragazza scosse il capo senza dire nulla per paura di quello che avrebbe potuto succedere continuando ad accarezzarsi la pancia -No! Diventerò quanto più vicino ad un nonno?- Il mezzo sorriso della sua pupilla fu più che sufficiente -ti spiacerebbe dirmi se sarà maschio o femmina?- Il dio la fissò preoccupato -e se fosse femmina?- domandò quasi volesse confermare un dubbio -esecrerò Sekhmet da questo mondo, sto addestrando la persona adatta... sarà pronta per quando nascerà- Thoth la guardò sorpresa -Ahmed? Pensi possa farlo?- Rashja scosse il capo -no, non è lui quello in cui depongo la mia fiducia, Ahmed è potente, ma non farebbe mai qualcosa che potrebbe ferirmi... no, mi affiderò alla mia pupilla: Elly la figlia di Horus-Akehn e Zaira e nipote di Azhar- -è viva?! Come? pensavo che Hotep... e Serket- Rashja fece una mezza smorfia a metà tra un sorriso e la nausea -l'ho salvata e addestrata, manca solo un ultimo passo e sarà pronta- bisbigliò. Thoth sembrò finalmente soddisfatto appoggiò una mano sul ventre della giovane -dimmi tu cosa vorresti?- domandò -un maschio, Ahmed preferirebbe una femmina, io adoro le bambine ma...- il dio si concentrò -Ahmed sarà contento, mi hai chiesto di rivelarti il futuro Rashja- -lo so, e mi di piac...- dovette smettere di parlare paralizzata dalla nausea -è per un buon motivo papà, non essere noioso- lo implorò -ti ho forse detto di essere arrabbiato?- la guardò gonfio d'orgoglio -la mia pulcina diventa grande, guardati, faccio fatica a riconoscerti... un'ultima cosa, ti consiglio di mangiare più carne, lo so, per te la carne è tabù visto quello che hai passato... ma non puoi vivere di frutta e verdura ora e per le nausee prova succo di zenzero o camomilla- -io la carne la mangio... certo l'ultima volta che ne ho mangiata è stato circa tre anni fa ma mi piace- -Rashja non dimenticare che ora usare i sigilli sarà più pericoloso, e mangia pesce, da molto nutrimento e basta unirsi a Sekhmet o se proprio devi concentrazione assoluta- l'ammonì il dio ibis -ma sentiti, sei così noioso papà- sorrise. -hai sentito quanto è noioso Nonno Thoth? Non preoccuparti, per farti dormire ti farò ascoltare i suoi monologhi -rise accarezzandosi la pancia. -Starete bene, non ne dubito!- il dio la baciò sulla fronte e sparì. Qualche giorno dopo Rashja avvisò Ahmed che i tempi erano maturi, dovevano assolutamente distruggere il tempio. La risposta non tardò ad arrivare ed organizzò la trappola perfetta per allontanare i migliori, la Chimera a Tirinto e l'imboscata in Egitto. L'unico membro degli auguri che s i premonì di far allontanare fu Xenia, le disse che le arpie stavano volando verso Cnosso, già minacciata dalle amazzoni. Questo l'avrebbe tenuta impegnata e le avrebbe salvato la vita. Dopo la battaglia in Egitto si trasferì al palazzo dei titani. Fece completare il sigillo ad Ahmed, che le impedì comunque di Sekhmet di partecipare ad altre missioni. -spero nasca un maschio- le confidò una notte -hai rinunciato alla femmina?-ridacchiò -no, ma non voglio immaginare la reazione di Leona, l'hai sentita no? Se è femmina deve chiamarsi come lei- i due risero, era da molto che non ridevano insieme, fu come tornare indietro nel tempo -ti sei unita volontariamente a Sekhmet in Egitto vero?- -Certo, era l'ultimo passo nell'allenamento di Elly, doveva vedere la differenza tra me e lei, la rabbia la spingerà a superarmi.... fidati la conosco, mi odierà per il resto della vita- Ahmed sembrò molto meno entusiasta della sua ragazza -lo hai detto anche a Zira e le altre?- -certo, sono mie amiche, non ho segreti con loro... circa, sono entusiaste... tranne Flegiate, lei è gelosissima di te, sai è safica- -e a te va bene? Insomma... lei...- -lei ci ha provato con me, certo e ancora adesso ogni tanto mi… bhe mi tocca ma, ha una relazione stabile con Leona quindi va benone no?- Ahmed non la pensava come lei vista l'espressione tagliente che aveva assunto -sappi, che sono andato da una famosa guaritrice oggi, e mi ha detto che devi rimanere a riposo niente sigilli e Flegiate non mi importa se è tua amica ma...- -ma la vuoi uccidere perché mi fa dei massaggi con olio profumato di tanto in tanto?- -massaggi?! Hai detto che ti "toccava!"- Rashja non riuscì aa non ridere -lo so, volevo solo farti ingelosire un po'-. Sfortunatamente Ahmed mantenne la parola data, non permettendo che partecipasse alle operazioni. Molto spesso rimaneva da sola a palazzo con Yuki o con Zira. E quando il feto fu abbastanza grande da agitarsi e scalciare scoprì che il campanellino. Che portava alla caviglia era l'unico modo per calmarla "mi hai resa la dea più felice del mondo! È una femmina!" La risata di Sekhmet pugnalò la sua mente "Felice che finalmente te ne sia accorta, Thoth mi ha già detto già tutto" rispose indifferente. "Tale madre tale figlia, mi hai costretta ad accettare il tuo patto, ma non hai menzionato le cose dentro di te! LEI E’ MIA!" La risata sguaiata della dea le risuonò ancora nelle orecchie quando riaprì gli occhi. –Lo vedremo- sussurrò la giovane accarezzandosi il ventre.

    Fece mente locale era morta, mano nella mano con il suo Ahmed, insieme avevano attraversato il sentiero dei morti: il percorso che un'anima doveva compiere per giungere al tribunale di Osiride. Aveva chiuso gli occhi appena Ahmed le aveva fatto indossare a forza i suoi amuleti che servivano per sfuggire ai demoni del mondo dei morti, in quel lungo tragitto trovò conforto nel rivivere la sua vita. Quando riaprì gli occhi Ahmed le sorrise -hai tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo? Avrei potuto perdermi- la baciò -no, saresti stato con me, non saresti stato perduto- il figlio di Anubi era ricoperto di icore da testa ai piedi, era incredibile, aveva sconfitto gli innumerevoli demoni sul loro cammino a mani nude, Rashja avrebbe voluto dire qualcosa a quel ragazzo così stupido, ma non le veni in mente nulla se non -quanto sei idiota! Non avevo bisogno di tutti qui dannati amuleti-. Erano però arrivati a destinazione: il tribunale di Osiride, era molto simile ad un tempio egizio costruito in alabastro e marmo nero, al contrario del palazzo dei titani sull'Otri il tribunale era pacifico, la ragazza aveva sempre percepito qualcosa di malevolo in quelle pietre, cosa che non ritrovava in quella costruzione il lungo vestibolo sorretto da una doppia fila di colonne che conduceva ad un'unica porta. La sala del giudizio era straordinariamente simile a come l'aveva sempre immaginata: un'enorme sala dal soffitto talmente alto da essere invisibile, al centro della stanza era posizionata lo strumento che più temeva: la bilancia della verità, la piuma di Maat era già stata posizionata e la dea ora stava in piedi accanto ad Ammit il divoratore di cuori, incatenato alla bilancia, vedere quella creatura dal vivo la terrorizzò, aveva letto molte volte di quel mostro dal volto di coccodrillo metà corpo di leonessa come le zampe anteriori e la metà inferiore di ippopotamo, leggendo i rotoli di Thoth l'aveva sempre trovato buffo, ma di persona era tutto fuorché buffo i suoi occhietti rossi la scrutavano in attesa di mangiarle il cuore ed annullare la su s intera esistenza, era malvagio ed era certa che si sarebbe rivoltato contro Osiride se solo la catena che lo teneva prigioniero si fosse spezzata. Dal lato opposto della porta e della bilancia un alto podio conduceva al trono di Osiride ancora vuoto e dei quarantadue, anch’essi vuoti, evidentemente erano arrivati in anticipo. Dal lato del cuore c'era lui, Thoth seduto a gambe incrociate, stava finendo di scribacchiare sul suo rotolo di papiro. -Thoth!- Rashja si gettò ai suoi piedi -Rashja?!- il dio sembrò sinceramente sorpreso -non avrei mai voluto vederti qui- la salutò. La voce del patrigno fu troppo per lei, già provata dalla vista di Ammit, Rasshja si sciolse in lacrime -Ho paura! E poi... sono stata solo un peso, una delusione dietro l'altra... avrei dovuto ascoltarti: andare al tempio e...- Thoth la schiaffeggiò -Rashja, non dirlo mai più, sono fiero di te, hai sempre scritto tu il tuo destino, mi avresti deluso se mi avessi assecondato in ogni richiesta, hai paura? Saresti una sciocca se in questo luogo non ne avessi, ma adesso anche Sekhmet ne avrà- l'abbracciò-lei non è più dentro di me, Elly è riuscita dove io e mia madre abbiamo fallito- -allora permettimi di dirti che non sei mai stata inutile come pensi, anzi hai sconfitto una dea, hai messo al mondo una bambina... renditene conto pulcina mia, anzi no, chiamarti pulcina adesso sarebbe uno scherno, sei una splendida ed elegante gru- -papà!- lo baciò sulla guancia dopo che il dio le asciugò le lacrime -ti vorrei presentare una persona!- la ragazza corse da Ahmed che stava ancora osservando il tribunale e trascinò Ahmed da Thoth -Ahmed, ti presento mio padre e il mio maestro: Thoth, il dio della Conoscenza della magia e della scrittura- Ahmed si inginocchiò -Ahmed, il figlio di Anubi... hai davvero rapito il cuore della mia Rashja, il tuo progetto non credo fosse totalmente sbagliato, tuttavia era lo stesso ragionamento di Sekhmet e non saprei dirti se sia corretto- Ahmed non rispose -Rashja non mi ha mai detto di essere una semidea- riuscì a dire -questo perché non lo sono Ti ho raccontato che io stessa uccisi i miei genitori, dopo una brutta esperienza in Egitto Thoth mi trovò e mi addestrò- -Ahmed, non posso garantire che riuscirai ad accedere alla vita eterna, ma ti faccio i miei migliori auguri, per la felicità di Rashja spero tu abbia...- In quel momento Anubi e Fos apparvero nella stanza accanto a loro -salute a voi- gli salutò il ragazzo -spero non sia una cosa tanto lunga ho un impegno con una ragazza, roba di poco conto- -Rashja gli stampò un bacio sulla guancia -grazie, mille volte grazie! Hai salvato Aysha, ti sarò per sempre grata- -oh, ecco, anon proposito... credo di averle fatto parecchio male due giorni fa- si scusò il dio del crepuscolo. -Divino Thoth, vorrei il suo consenso per sposare sua figlia! Non so se potrò farlo dopo- urlò lasciando tutti di stucco -se lei acconsente...- -la ragazza scattò in piedi e abbracciò il ragazzo -io acconsento- si scambiarono un lungo bacio sulla bocca -scusa se ti ho ignorato Fos, ma volevo risolvere la cosa...il tuo braccio è così, è una colpa che non mi perdonerò mai- -ed è qui che ti sbagli, ho recuperato la mano destra, il braccio è comunque andato, ma almeno ho la mano- non aveva ancora finito di parlare che ricevette un pugno in piena faccia da Elly, arrivata in quel momento insieme ad Amir e Anubi -Tu brutto idiota! Aysha non dorme quasi più per colpa tua! Che ti è saltato in mente, la sua cicatrice a stella ustionava come lava, non ha mangiato quasi nulla e Bast è quasi impazzita cercando di calmarla!- strillò continuando a colpirlo -Elly, ti prego lasci a lo stare Orthos è riuscito a calmarla semplicemente leccandola dopo tutto- -aspettate tutti, avete lasciato nostra figlia con Bastest e il cane a due teste?!- urlarono all'unisono i due novelli sposi -certo che no, c'è anche Hathor, ha parlato di un debito da ripagare e ora allatta la piccola con quello che sarebbe il tuo latte- spiegò Elly come se fosse una cosa fin troppo logica. Ad interrompere ogni possibile critica ci pensò Anubi che annunciò l'inizio del processo -vai Rashja e qualunque sia l'esito... sappi che ti sono accanto- la ragazza sbuffo falsamente infastidita -mi sei accanto?! ma tu sei noioso!- Regalò un ultimo Soriso al dio prima di farsi avanti di fronte ai giudici.

    Glossario:

    1Hapi: Dio del Nilo racchiude in sé aspetti maschili e femminili, era infatti rappresentato come un uomo barbuto e il busto femminile, coronato di loto a rappresentare il Nilo dell’alto Egitto (Sud). Spesso rappresentato insieme ad una sua copia in un canneto di papiro simbolo del Nilo del Basso Egitto rappresentante il Nilo del nord.
    2Etr...:Riferimento a Etrusia antico nome delle regioni del centro Italia.
    3Kohl: Cosmetico dell’antico usato per ridefinire gli occhi e colorare le palpebre poteva essere di colore nero o grigio.
    4Nut: Figlia di Shau e di Tefnet. Dea del cielo, era raffigurata come una donna gigantesca il cui corpo blu era il cielo stesso trapuntato di stelle, dalla sua unione con Geb, il dio della terra ebbe Iside, Osiride, Nefti e Set, fu quindi separata dal marito per questa unione da Ra ma le fu consentito vederlo e mai raggiungerlo infatti è spesso rappresentata in posizione ad arco sopra a Geb sorretta da Shu suo padre, il dio dell’aria.
    5Dioniso: Figlio di Semele e di Zeus, sua madre morì prima ancora di partorirlo quindi fu custodito nella coscia del padre fino alla nascita, fu quindi affidato alle ninfe del monte Nisa. Fu accolto tra gli dei grazie alla sua invenzione: il vino divenendo il dio della follia, del delirio dell’ebrezza e dell’euforia.
    6Menadi: termine generico per definire le seguaci di bacco, ninfe che si abbandonavano agli istinti selvaggi e all’ebrezza facendo a pezzi i malcapitati
    7Kriss: Pugnale tipico dell’India, caratterizzato dalla lama a biscia, in grado di causare ferite irregolari e quindi difficilmente rimarginabili. molto lavorata.
    8Ermopoli: Città dell’alto Egitto, dedicata a Thot, dove il suo culto ebbe maggior influenza e dove si trovano i templi più importanti dedicati a questa divinità
    9Himation: capo d’abbigliamento maschile dell’antica Grecia, veniva indossato sopra la spalla e fungeva da tunica e mantello.
    10Furisode:”Kimono dalle lunghe maniche” è un abito molto sfarzoso di seta molto pregiata, caratterizzato appunto dalle lunghe maniche pregiata indossato in occasioni formali caratterizzato da elaborati decori dalle donne non sposate ed in occasione della cerimonia di passaggio e cioè all’età di 20 anni.
     
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